PERSONE
– Dopo tre mesi di sofferenze ritornò dai genitori e disse di no ad una delle fortune più belle della provincia di Rimini: 12 poderi e due ville sobrie ed eleganti. Quel no a circa 20 milioni di euro se non di più giunse da un bambino di meno di 10 anni. Quel bambino oggi ha 90 anni; compiuti l’11 novembre scorso (11.11.2011, per gli appassionati dei numeri primi forse la cifra reca qualcosa di fatidico). Il novantino Vittorio Morotti ha una mente ed un fisico da ragazzino. Gli si danno almeno 20 anni di meno, portati da dio. In bagno racconta radio-famiglia perde il tempo come un adolescente; guida l’auto, esce per le passeggiate. Ed è ancora metodico, come lo è sempre stato e come lo era il filosofo tedesco Immanuel Kant; al suo passaggio rimettevano gli orologi.
Tre figli (Maria Teresa, Marina e Mirco), sette nipoti, cinque pro-nipoti, Vittorio ha fondato una delle aziende più importanti di Morciano e non solo: la Moca (Morotti-Casadei, iniziali del proprio cognome e di quello del genero Giuseppe, per tutti Fafo, Casadei, potenziale campione di calcio fermato a 22 anni da un brutto infortunio).
Figlio di mezzadri, Vittorio nasce a Sant’Andrea in Casale l’11 novembre del 1921 (all’anagrafe causa il maltempo risulta il 13, come allora capitava), nella casa colonica dietro la villa (oggi centro che accoglie ragazzi meno fortunati) di Giuseppe Del Bianco, il possidente che lo voleva adottare come figlio. E’ il più piccolo di tre fratelli: Enrica e Giovanni. Ricorda la ricchezza mancata senza rimpianti: “Sono stato tre mesi d’estate nella villa che avevano a Misano Mare [ex ristorante il “Messicano”, ndr]. Del Bianco era bravissimo e mi voleva un bene dell’anima; mi comprava i giochi di legno che montavo e smontavo; ma la moglie l’odiavo”.
A 11 anni, il piccolo Vittorio scende a Morciano dalla sorella Enrica che aveva sposato il fornaio Luigi Ghigi (babbo di Gigliana, Tomaso, Amato Gianni e Carlo). Deve imparare a fare il fornaio. Vi resta circa 20 anni. A meno di trent’anni si sposa con Marisa Colombari e compra la casa dove abita ancora oggi angolo via Colombari -Bucci. Lì c’era anche un decadente negozio di alimentari. “Lo facciamo nuovo – racconta Morotti – ed iniziamo l’attività”. Passano pochi anni e nel ’52 lascia l’atttività alla moglie ed inizia la sua ditta individuale. “Avendo fatto il fornaio – continua nei ricordi Vittorio – conosco un sacco di colleghi. Così inizio a vendere il lievito di birra. Piano piano ci abbino gli emulsionanti, i grassi, le margherine, il cioccolato. Tutto quello che serve per il forno e la pasticceria. L’attività cresce. Avevo tre magazzini: in via Mazzini, in via Ronci, in via XXV Luglio. Successivamente compro casa in via Marconi, dove abita mia figlia e vi trasferiamo tutto il magazzino”.
Nei primi anni ’70, la ditta individuale con l’ingresso del genero Fafo Casadei diventa Moca. Nell’84, il magazzino va in zona stadio, nei locali di Gastone Simonazzi. Alla fine degli anni ’80, la Moca si trasferisce nella zona artigianale di Riccione-Coriano, dove ancora oggi si trova. La Moca significa prodotti, ingredienti e macchine per forni, pasticcerie e gelaterie. Occupa una cinquantina di persone.
In pensione dall’84 con un fatturato di 1,3 miliardi di lire, Vittorio Morotti non sa che cos’è la noia. Ha una montagna di passioni: viaggiare, ballare, nuotare (ha fatto acquagym fino allo scorso anno). Ha girato il mondo; con il camper conosce ogni cantone dell’Europa. Una volta, se ne restò a zonzo 44 giorni, raggiungendo la Scozia.
Ma come si fa ad essere così in forma a 90 anni geni a parte? Sempre un frutto prima del pasto di mezzogiorno, a tavola mangia poco di tutto, col vino annaffiato; se strappa, rimedia con una lunga passeggiata. Poi c’è una sigaretta al giorno dopo mangiato; ogni tanto la sera un dito di Glen Grant. Da un quarto di secolo non si perde una Settimana enigmistica. Mentre da un decennio, ogni cinque anni, si prepara un infuso di cultura tibetana a base d’aglio. Inizia con una goccia al giorno, due il secondo… fino ad arrivare al trentesimo giorno con trenta gocce. Poi si fa il viaggio a ritroso, partendo da trenta, fino a raggiungere una goccia. Sempre curato, sempre in ordine, sempre elegante, si considera un maschio romagnolo: niente salamelecchi e smancerie. Ma lo scorso 11 novembre, alla sua festa, mentre la moglie Marisa raccontava che gli anni insieme sono stati bellissimi, le ha preso la mano.
Auguri.