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Home Località Riccione

Oscar Fabbri: ‘Le aziende si guidano con l’umiltà’

Redazione di Redazione
13 Dicembre 2011
in Riccione
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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L’INTERVISTA

– Il riccionese Oscar Fabbri è il direttore generale di una delle aziende che possono considerarsi le “perle” dell’abbigliamento Made in Italy presenti oggi sul mercato. Si tratta della Giada S.p.A. , ha sede in Veneto e produce pantaloni e blue jeans con il prestigioso marchio Jacob Cohen. Capo da 300 euro al paio, che genera un fatturato di 50 milioni di euro, con utili per 6 milioni.
Il marchio recentemente ha fatto molto discutere e  riflettere perché non appone sui suoi capi la semplice dicitura made in Italy ma “Made in Veneto, a small region in the east side of Italy, per sottolineare che non è un capo con quel falso made in Italy, un capo su cui basta cucire un solo bottone per fregiarsi di quelle emozioni della storia e della magia del Rinascimento che l’Italia evoca e di quella preziosa manifattura che ha reso il nostro paese celebre in tutto il mondo. Non a caso il 40 per cento dei suoi jeans vengono esportati: Giappone, Germania, Olanda, Spagna, i mercati più importanti. La campagna di vendita estiva 2012 ha già fatto segnare un sontuoso balzo del 18 per cento. La Giada S.p.A. ha sede in Veneto, ad Adria, Oscar Fabbri ne è il direttore generale dallo scorso aprile.  A chi gli chiede come si fa a vendere una pezza di cotone a queste cifre e con questo successo, racconta: “I nostri pantaloni, sono delle opere d’arte. Sono più belli dentro che fuori. Curiamo ogni minimo particolare. Ad esempio, le cuciture interne sono irrobustite da un filetto di stoffa; il bottone è d’argento e l’etichetta dietro di cavallino. E per raccontare la vita del manufatto ci sono una dozzina di etichette che ne certificano la filiera. C’è anche quella del tessitore giapponese che utilizza il telaio a mano per le pezze. Poi naturalmente, oltre alla qualità che genera il prestigio del marchio, ci vuole anche un pizzico di fortuna”.
Chimico, sposato, due figlie (entrambe negli scout), Oscar Fabbri ha alle spalle come si dice in gergo un curriculum di tutto rispetto. Nei tanti posti in cui ha lavorato vi ha sostato gli anni giusti, 4-5, ovvero il periodo necessario per dare il meglio di sé, fare esperienze e poi via altrove. La sua grande passione comunque resta quella del tessile-abbigliamento che in Italia si coniuga anche con la parola moda.
Il suo percorso potrebbe anche essere un modello per i giovani, un misto di studio, tenacia, lavoro e coraggio nel buttarsi sempre in una nuova sfida. Lui ama dire che viene dalla strada, dalla vendita porta a porta, esperienza che gli ha insegnato molto.
Studente, fa il marinaio di salvataggio a Riccione d’estate, mentre frequenta a Bologna l’Università. Per racimolare qualche soldo vende detersivi, monta antenne tv sui tetti. Dopo gli studi, il primo impiego per alcuni anni è  vendere fondi di investimento pensionistici per la Dival del gruppo Ras Assicurazioni a Rimini. In questo settore conosce un uomo che è un vulcano di idee, il veneto Ennio Doris, il fondatore di Medionalum. Al magnate il nostro riccionese dà del tu. Racconta: “Da lui ho imparato la vita e fin dove ti puoi spingere nei rapporti umani”.
Lascia il settore degli investimenti finanziari nell’81 ed entra a lavorare in una lavanderia industriale di Coriano che lava blue jeans ed effettua finissaggi particolari sui capi di abbigliamento. Poi passa alla Ball di Aldo Ciavatta; in quegli anni una nave del tessile-abbigliamento col vento in poppa. Ci resta fino all’88. Nello stesso anno, entra all’Aprilia come Responsabile del Controllo di Gestione del Gruppo. Dopo i quattro anni veneti, approda alla Saitt, azienda di San Marino, leader europea nella produzione di camicie. Ne producono tre milioni l’anno, sia per i grandi marchi, sia per la grande distribuzione.Tra i marchi di proprietà sono rinomati Mastai Ferretti e Truzzi di Milano (per intenderci i camiciai di Casa Savoia, Truzzi fu anche la famosa camicia di Clark Gable in “Via col vento”).
Nel ’96, lascia il settore del cuore ed entra in Daicom, azienda sammarinese che, con un fatturato di Gruppo di oltre 150 milioni di euro, si occupa di apparecchiature che aiutano a migliorare la qualità della vita a livello domestico e industriale. Si occupano di deumidificazione, geo-termico, fotovoltaico,solare, sterilizzazione, potabilizzazione dell’acqua.
Nel 2002 rientra nell’abbigliamento, come Amministratore Delegato della Iac S.p.A di Chieti proprietaria del marchio Rodrigo, azienda appartenente al Gruppo Saitt, dove resta fino al 2008.
Ma dalla sua esperienza, a chi gli chiede come si fa a far andare bene un’impresa? Risponde: “Non sedersi mai, anche quando le cose vanno benissimo. Tutte le mattine ti devi svegliare e dirti che c’è un modo migliore di produrre, di vendere, di comunicare. Tutto questo per consolidare di più l’impresa e continuare ad investirci. Gli aggiornamenti devono essere continui. Bisogna sempre avere la forza e l’umiltà per partire alle cinque del mattino per un convegno nel tuo settore. Se ti siedi, inizia la morte dell’azienda. Gli imprenditori veri sono coloro i quali sono lontani dalla rendita. Insomma, bisogna sempre pensare che c’è un modo migliore di fare: dal centralino fino ai ruoli di grande responsabilità. E se arriva un camion e manca il magazziniere, ti rimbocchi le maniche e lo scarichi. Direi che ci vuole sempre la fame di sapere e di imparare, altrimenti nelle decisioni si è penalizzati”.
Come affrontare l’oggi? Fabbri: “Molti imprenditori, a torto, pensano ancora di poter guadagnare come 5-6 anni fa. La globalizzazione  farà sì che chi resta nel mercato, è colui che fa ricerca e investimenti. Se non ti aggiorni, la tua azienda la chiudi in sei mesi”.

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