– Qualche anno fa ebbe un grande successo una canzone che iniziava così: “La prima cosa bella che ho avuto dalla vita…”.
In questi giorni, mentre pensavo al tema della seconda puntata della “Teologia del Ragioniere”, mi è venuta alla mente questa canzone; ho pensato alle parole iniziali e, mentalmente, mi è venuto di completarle aggiungendovi il sostantivo: la libertà.
Ne è venuta fuori una frase che dice: “La prima cosa bella che ho avuto dalla vita… è la libertà”
Ho riflettuto un po’ e devo dire che, più ci penso, più la frase risulta vera e bella. Dio, infatti, ci ha creati e continua a farci nascere liberi.
Ma, dirà qualcuno: il decalogo (i 10 comandamenti) che ci hanno fatto studiare a catechismo fin da piccoli, non inizia proprio dicendo: “Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio fuori di me” ?
E allora? Caro ragioniere, qui non ci siamo.
E invece è proprio qui che ci siamo. E proprio in queste due frasi, lette con la mentalità del ragioniere (del ragiunat come dicono a Milano, cioè di quello che pensa e ragiona con la sua testa), che è contenuto il principio e il fondamento della nostra libertà.
Libertà da Dio, in quanto è Lui stesso che ci lascia liberi.
Liberi di seguire Lui e i suoi comandamenti o di non seguirlo, liberi di amarlo come Lui vorrebbe ed essere felici come conseguenza di questo nostro amore verso di Lui, ma anche liberi di non amarlo, di combatterlo, di volerne la Sua cancellazione.
Lui ci lascia fare.
Ci lascia liberi veramente, concretamente e questa libertà è, a mio avviso, la prima cosa bella, dopo il dono della vita, che Dio ci concede. Ma non è solo un atto di fiducia di Nostro Signore verso di noi, è qualcosa di più, di molto di più, perché, se ben capito, ci può aiutare a vivere da uomini ( e donne) autenticamente liberi.
Libertà da Dio che diventa anche libertà dagli uomini, accompagnata, però, da una conseguente responsabilità.
Oggi si parla molto di libertà, forse anche troppo.
Spesso, però, si dà a questa parola un significato sbagliato, molto vicino a quello di anarchia: visto che sono libero, faccio quello che mi pare. Relativismo e autoreferenzialità a tutto spiano. Trasformazione del concetto di libertà in: diritto illimitato dell’individuo di fare qualunque cosa, svincolato da qualsiasi responsabilità, senza tenere conto di alcuna norma morale che possa limitare, o anche semplicemente indirizzare, la ricerca del piacere personale e del proprio comodo immediato.
Così però si rischia di non essere né liberi, né veri, ma semplicemente di diventare schiavi: del gusto del potere, del sesso, del denaro, della droga, dell’egoismo (personale o collettivo), della prima ideologia o moda, mago o fattucchiera, che sembri offrire una parvenza di felicità.
Questi comportamenti, invece, non portano né gioia né felicità, come ci dimostra la cronaca quotidiana. Se stiamo attenti, infatti, ci accorgiamo che quasi tutti quelli che hanno problemi personali, li hanno per l’egoismo di pensare solo a se stessi.
Al contrario, accettare e fare proprio il comandamento citato in precedenza: “Non avrai altro Dio fuori di me” significa che nessuno: persona, autorità, sentimento, passione, cosa, circostanza, ecc. può rendermi suddito o schiavo.
Io sono libero! Mi ha creato libero il mio Signore e io non riconosco altri “signori” sopra di me.
Non riconosco altri che possano schiavizzare o anche solo manomettere, condizionare o intaccare la mia dignità, non sono vittima delle passioni o delle mode, sono padrone e gestore di me stesso e della mia volontà.
Riconoscere e accettare il principio che siamo “ tutti figli di Dio”, e di conseguenza “tutti fratelli”, è un atto di umiltà, doveroso verso Dio, ma che, nel contempo, conferisce una piena e assoluta dignità a ciascun uomo, o donna, ed è anche garanzia del pieno e reciproco rispetto tra tutte le persone.
Ho quindi la possibilità di avere una vita piena, responsabile, aperta alla gioia, cosciente di essere amato da Qualcuno e consapevole, che, a mia volta, devo amare quel Qualcuno e il mio prossimo.
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”
(Gv. 15,9,17).
Il modo migliore allora per impiegare questa libertà è quello di pensare anche agli altri, servire i fratelli per amore di Dio; questo è un modo molto efficace perché scompaiano le nostre difficoltà.
La maggior parte delle contrarietà, infatti, ha la propria origine nel fatto che ci dimentichiamo degli altri e ci occupiamo troppo del nostro io.
Darsi un po’ di più al servizio dei fratelli, pensare un po’ anche al bene comune, dimenticando ogni tanto se stessi, è di tale efficacia che Dio lo premia con un’umiltà piena di gioia.
Di una gioia autentica, terrena e immediata, qui… oggi.
Mi pare che anche su questo tema: la libertà, i conti tornino.
(continua)