Luzi, il marignanese comandante dei carabinieri della provincia di Palermo
PERSONE
– Teo Luzi è il più giovane generale dei carabinieri. Promosso lo scorso gennaio (ogni anno l’Arma nomina 8 nuove figure), da 4 anni è il comandante della provincia di Palermo. Coordina un gruppo di circa 3.000 persone. Fare il carabiniere a Palermo è come giocare a tennis a Wimbledon, a calcio a San Siro, o cantare alla Scala. Nella sua stessa barricata, sempre a Palermo, opera anche un altro uomo coraggioso, il cattolichino Piergiorgio Morosini. Da oltre 15 anni fa il Gip (Giudice per le indagini preliminari).
Marignanese doc nato all’ospedalino di Cattolica 52 anni fa, la sua vocazione è figlia del caso. Il babbo è amico di Sabino Battista, comandante della compagnia di Riccione. Ricorda Luzi: “L’uomo mi affascinava; aveva carisma e autorevolezza. Tutte le volte che ci si vedeva, lo tempestavo di domande sul suo lavoro. Mi dice: ‘Perché non provi ad entrare?’. Provo. Entro all’Accademia militare di Modena. Dopo due anni vado per altri due anni di scuola a Roma. Mi reputo molto fortunato; faccio un mestiere che mi piace. Le giornate mi passano veloci e senza noia. Mi sento realizzato e penso di dare in relazione alle mie attitudini”.
Luzi organizza le giornate di circa 2900 uomini, dislocati in 101 stazioni, più gli organi investigativi altamente specializzati che si trovano solo a Palermo per contrastare quell’autolesionismo sociale che è la mafia. Luzi: “Sono orgoglioso di comandare questi ragazzi; abbiamo una struttura investigativa di prim’ordine”.
Andiamola a vedere la prestigiosa carriera che tiene alta la marignanesità. Giovane tenente, comanda un plotone alla scuola di marescialli di Firenze. Roma è la tappa successiva; va a guidare la compagnia di piazza Venezia, dove resta 8 anni. Altra tappa, è la scuola di guerra che gli consente di accedere a funzioni superiori. Tra l’agosto del ’98 e il luglio del ’99, c’è l’esperienza all’estero con la Mus (Multination specialized unit, Unità multinazionale specializzata) in Bosnia-Erzegovina.
C’è il ritorno al comando generale a Roma con vari incarichi. Nel 2001, giunge il primo comando provinciale in Liguria, Savona.
Altro ritorno al comando generale di Roma. Nel 2007 gli viene proposto Palermo. Luzi: “Dal punto di vista professionale Palermo è uno dei comandi più prestigiosi. E’ la nostra prima linea. Sono molto contento della scelta. Scelta preferibile a passare carte in qualche ufficio”.
Palermo significa mafia. Significa pericolo. Significa paura. A chi gli chiede di tali sensazioni, risponde: “Pericolo e paura vanno vissuti con la giusta moderazione. Vanno tenuti sotto controllo. Con la capacità di superare alcune apprensioni. La storia afferma che a Palermo qualcuno paga. C’è tantissimo da lavorare la lotta è dura. La strage Falcone risale al ’92; in quegli anni ci fu una vera e propria guerra nella capitale siciliana. Oggi, Palermo è più sicura di quanto si possa pensare”.
“La mafia – argomenta il generale – è una mentalità distante, che incide sulla normale convivenza. La lotta alla parte armata della mafia ha anche successo. Dire però che è sconfitta, ci vogliono 50 anni. La mafia interagisce con la politica, con l’apparato economico. C’è il voto di scambio. Le tangenti sugli appalti. Il potere mafioso è fortemente insinuato nel potere statale. E non è un caso se spesso si arrestano uomini pubblici. La mafia è come il tumore del sangue: infetta tutto il corpo”.
“Negli ultimi anni – continua il marignanese – la società siciliana sta cambiando. I giovani sono avversi al fenomeno mafioso; sintomo forte di una società che sta cambiando. Anche se un giovane di 18 anni, senza lavoro, può sentire le sirene dell’estorsione e tirare avanti economicamente. Una delle ragioni sociali della mafia è proprio la difficoltà economica. Se le forze di polizia offrono un grosso contributo per tagliare le associazioni malavitose, la pubblica amministrazione, l’economia, le forze sociali possono molto per il cambio di mentalità; molto più complesso e difficile”.
Innamorato della Sicilia e dei siciliani, li racconta così: “La Sicilia potrebbe vivere, benissimo, di solo turismo, però di fatto non è così. Non c’è una fiera; ce n’era una a Palermo ma è fallita. Il siciliano è un bellissimo popolo, genuino e altruista. Sono affettuosi, di indole cordialissima, se li fermi per un’informazione ti dicono di seguirli. Sono loro ad accompagnarti. Secoli di occupazione straniera e la mafia ne hanno condizionato lo sviluppo. Palermo e la Sicilia sono uno scrigno che racchiudono 3000 anni di storia e di cultura al vertice: la civiltà greca, romana, araba, normanna, angioina”.
La mafia è una multinazionale dai tentacoli lunghi, affilati e sordi. Quanta mafia c’è in Romagna? Luzi: “Più di quanto noi pensiamo. Al nord, da almeno 15 anni, c’è quella di tipo economico. Riciclano il danaro, con investimenti nelle regioni più ricche: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Il fenomeno, a torto, è molto sottovalutato. E a differenza che al sud, dove la si combatte da anni, non si è preparati a fronteggiarla.
Sposato con una riccionese, Giusi, una figlia di 18 anni, Eleonora, Teo Luzi, bell’accento romano, dopo gli anni di servizio, farà ritorno a casa.
Fisico da corazziere, da ragazzo suonava il clarinetto nella banda di San Giovanni. Le attività fisiche, la corsa, il teatro e le letture (diritto, saggistica, approfondimenti professionali) sono le grandi passioni nel tempo libero. Spesso va per musica jazz (a Palermo c’è un centro attivo e rinomato).
Gli amici marignanesi di scorribanda giovanili erano: Riccardo Verni, Piero Pellegrini, Giovanni Vicini, Marco Sirri, Claudio Lucchetti, Claudio Gabellini.