LA RIFLESSIONE
di Iglis Selvagno
– Dalle situazioni di crisi in cui versiamo (non solo noi in Italia; la cosa è generalizzata, planetaria) si esce solo nei tempi lunghi. Si tratta della formazione di una nuova coscienza, di un nuovo tipo d’uomo che ragioni in termini comunitari, universali, globali. Non può stupire più di tanto questa parossistica ricerca identitaria, questa ricerca affannosa delle proprie radici; nemmeno può stupire la messa in discussione di una scienza che apre scenari impensabili sino a ieri, questo provincialismo di ritorno in un’epoca di comunicazione globale, di mercati aperti, di commistione irrefrenabile di etnie e di culture… Non stupisce pertanto l’integralismo in cui si rinchiudono le varie chiese e religioni; integralismo che a volte impazzisce in forme di violenza omicida…
E’ un intero mondo che va in crisi sotto l’azione di spinte antagoniste che tirano indietro e in avanti. Ma una crisi come tante volte nella storia dell’umanità, quantunque in passato più contenute, più circoscritte. Si pensi al passaggio dall’impero romano al primo Medio Evo; si racconta che Agostino, pur così critico verso i costumi di quel mondo, di cui comunque era parte, pianse quando vide il sacco di Roma da parte dei vandali. Quale passaggio epocale è stato senza traumi (e che traumi!)? La rivoluzione francese, da ultimo, spazza via tutto un mondo che sembrava non dovesse mai crollare; per diritto divini i re governavano e come opporsi alla volontà di Dio?
La storia
Ma la Storia ha una sua logica, una sua dinamica che bisogna saper cogliere, interpretare, leggere… Che piaccia o meno essa procede incessantemente verso un novum che rimescola le carte, che rimette in discussione dati che sembravano acquisiti una volta per tutte, confini che sembravano insuperabili… Per la prima volta, nella storia umana, assistiamo ad un rimescolamento totale e globale di identità culturali, religiose, filosofiche, economiche, sociali … Questa contaminazione produce malessere, costringe a rivedere luoghi comuni, mette in crisi modi di essere e di pensare atavici, spinge alla difesa strenua di ciò che non è più difendibile, sollecita alla chiusura, ai respingimenti, all’avversione verso il diverso… Ma mentre è illusorio pensare di fermare o anche rallentare questo processo, non è possibile non accogliere le grandi sfide e le opportunità che questo ci mette davanti. Bisognerà imparare ad accogliersi reciprocamente, imparare a relazionarsi e a riconoscersi come membri della stessa umanità, rimanendo diversi per etnia, per colore della pelle, per cultura ecc.
La scienza
Anche il sapere scientifico è coinvolto in questa crisi, paradossalmente nell’era della tecnologia più sfrenata. Questa non è che l’applicazione pratica della scienza. Eppure in un mondo che vive di questa, che non può fare a meno di questa, montano i rigurgiti di paura per gli scenari apparentemente illimitati e fuori controllo che la scienza apre; si pensi allo sgomento di Pascal (uno scienziato!) di fronte all’improvviso aprirsi degli sconfinati spazi siderali copernicani. Se la scienza costringe a ripensare teologie e dogmi, forme di pensiero che sembravano acquisite per sempre (si veda che cosa comporta la relatività einsteiniana per le nostre obsolete categorie di spazio e tempo), si può sempre negare l’evidenza dell’evoluzione o addossare a dio la responsabilità dei terremoti e degli tsunami. Tutto ciò è molto più rassicurante. La teologia non può rimandare molto più a lungo di fare i conti con le domande radicali che emergono dai dati che la scienza le fornisce. Una domanda tanto per chiarire, fattami da mio nipote di sei anni: noi ci siamo perché ci ha creati Dio o perché i dinosauri si sono estinti? Piuttosto difficile pensare che dio abbia fatto estinguere i dinosauri per lasciar spazio a noi. Con tutto quel che ne consegue e lascio immaginare…
La filosofia
Da parte sua la filosofia ha già cominciato da tempo a misurarsi con la scienza. Del resto non può dimenticare le sue origini; è dall’osservanza della natura che i pensatori greci ponevano le basi del pensare moderno, della logica razionale, reagendo alle rappresentazioni mitologiche del reale.
Se i temi sono di tale portata può insinuarsi in ognuno di noi l’impressione dell’assoluta impossibilità di incidere in questo processo. Che possiamo fare con le esigue forze che abbiamo? Comunque, bisogna innanzitutto decidere da che parte stare; e già questa scelta è qualcosa di fattivo. Non bisogna poi dimenticare che il novum è sempre messo innanzi da minoranze sparute e spesso divise sul da farsi e su come fare. Aver consapevolezza che nessuno ha la prerogativa di questo novum o di come esso sarà. La costruzione di questo novum dipenderà anche da quanto noi siamo capaci di mettere in discussione noi stessi e le nostre convinzioni. E’ tuttavia certo che se aspiriamo ad una società democratica, rispettosa delle diversità (senza aspirare segretamente che le diversità si uniformino), è indispensabile dialogare e moltiplicare le occasioni di dialogo, di confronto, di approfondimento, di lettura non superficiale o giornalistica dei fatti, facendone offerta a tutti.