L’INTERVISTA
A cura di Bruno Fabbri
– Allora Mirna, che cosa pensi della Misano del futuro?
“Bisogna pensare in grande, piuttosto che puntare in alto. Scherzi a parte, ma mi pare quantomeno singolare che tu, ex assessore all’Urbanistica per oltre 10 anni, chiedi a me che cosa ne penso della mia città?
Mi pare che sia questo un momento particolarmente importante in quanto si stanno concretizzando scelte talmente grandi e di portata tale che la cambieranno radicalmente.
Pensa solo, da un lato, alla viabilità in corso di realizzazione e in corso di progettazione, a livello provinciale, con le ricadute e le implicazioni che questa comporterà a livello urbano; e dall’altro, alla espansione edilizia e al relativo, continuo, inarrestabile e irrefrenabile consumo di territorio. Anche chi l’urbanistica non la mastica quotidianamente, capisce che i mutamenti saranno di una entità tale da trasformare irreversibilmente i luoghi da noi conosciuti”.
E secondo te questo è un male?
“Le trasformazioni sono necessarie per stare al passo coi tempi: il traffico aumenta sempre di più così come la popolazione e la conseguente domanda abitativa ecc. ecc”.
Guarda, credo che sia proprio questo il nodo, che sta alla base di tutte le questioni.
“Già, lo sviluppo e il progresso. Ma se tutti i vecchi parametri sono saltati, siamo proprio sicuri di sapere di cosa stiamo parlando, e che queste due semplici parole abbiano ancora il significato che gli abbiamo sempre attribuito? Potevano avere lo stesso valore positivo e significante, come veicolo portante e portatore di civiltà fino a dieci anni fa.
La crisi non è solo economica, e tanto meno passeggera, anzi è proprio sistemica, di una civiltà, di un modello di ‘sviluppo’. Chi ancora non ha preso atto che i cambiamenti di portata planetaria arrivano a ripercuotersi anche nella nostra piccola realtà si pone fuori dal tempo”.
Niente è più al suo posto?
“In questo contesto siamo proprio sicuri di sapere quello che vogliamo, dove vogliamo andare, quale sia la mèta? Mi pare si sia un po’ tutti affannati a correre tanto per correre, senza sapere né il perché e, se permetti, senza avere neanche più il piacere di farlo, o la convinzione collettiva e condivisa che sia per un giusto fine. Non è che, per caso, non sappiamo vivere in altro modo? Fare altro?”.
Dai, la stai mettendo giù pesante, però, lo sai che chi si ferma è perduto.
“Forse, ma vedi, io credo ci sia un tempo per le idee, un tempo per le parole e un tempo per l’azione e, come sappiamo, sbagliare i tempi potrebbe rivelarsi storicamente drammatico se non fatale”.
E’ possibile cercare, almeno tentare, di fare in modo che per una volta la Storia non si ripeta? Abbiamo sempre detto che non c’è niente di peggio dell’inerzia.
“Credo, sempre per quello che può valere, che sia il caso di rallentare la corsa e cercare prima di tutto di capire quali siano le urgenze della gente, i bisogni veri, primari. Poi, confrontarsi e dotarsi di nuovi strumenti, compresi quelli urbanistici.
Quelli di cui disponiamo, in particolare a Misano, risultano inevitabilmente datati e assolutamente superati per coordinare, amministrare e gestire la città”.
E’ finita dunque l’epoca dell’urbanistica d’assalto?
“Chi investiva nel ‘mattone’ poteva considerarsi al sicuro. Purtroppo, e sono la prima a dirlo perché le ‘certezze’ facilitano la vita a tutti, ai progettisti in primis.
Ora è tutto più difficile, non dico inaffrontabile, ma diverso e più complesso. I modelli consueti, conosciuti sono saltati, dissolti come neve al sole”.
Una nuova sfida, dunque. Più stimolante?
“Nuove sfide, al plurale, perché molteplici sono i fronti: quello ambientale, quello della più giusta ripartizione delle risorse, quello etico, quello culturale, quello dell’equità economica.
Quello che è certo, è che non se ne può prescindere, pena l’imbarbarimento di tutto e tutti, fino alle estreme conseguenze. Credo sia arrivato il momento di pensare e agire con la testa e il cuore.
Sembra evidente però, che occorrerà farlo con strumenti nuovi, diversi, la maggior parte ancora da definire”.
Di preciso a cosa ti riferisci?
“Ti faccio solo un esempio nel particolare: il nostro Prg (Piano regolatore generale), nonostante la Variante generale del 1997, è sostanzialmente quello dell”85 che, per carità, per quei tempi, per quella situazione socio-economica era un ottimo strumento; ma, ahimè, risulta del tutto inadeguato per governare quella odierna.
Te ne faccio un altro. Il nostro PRG prevede lo spostamento e la costruzione di una nuova stazione ferroviaria. Sarà difficile realizzarla dopo la riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato, con i treni che ormai non si fermano più neanche a Cattolica e Riccione. Ecco quella previsione, solo per dirne una, è forse superata”.
Ma per fare uno strumento urbanistico generale è necessario molto tempo.
“Tieni conto che i vecchi Prg si basavano su una legge regionale, che all’epoca ci copiarono quasi tutte le altre Regioni, che però non esiste più dal 2000.
Per fortuna chi ha fatto la nuova legge urbanistica regionale, che occasionalmente ho avuto l’onore di conoscere, è riuscito a dotare i nostri Comuni, le nostre Province e la nostra Regione di una Legge estremamente moderna.
Bene, il punto base, quello di partenza di ogni nuovo strumento urbanistico, è la formazione del Quadro Conoscitivo contestualmente alla Valutazione di sostenibilità ambientale”.
Cioè, cioè, spiega bene?
“Prima di redigere qualunque Piano occorre esaminare puntualmente lo stato di fatto non solo dell’area interessata, ma anche del suo contesto urbano sotto l’aspetto ambientale e funzionale nel rispetto qualitativo della vita della gente.
Verificare, per esempio, nel caso di costruzione di un nuovo Comparto di espansione se le aree circostanti sono, per motivi loro, già in stato di ‘sofferenza’. Cosa possiamo fare con il nuovo intervento per mitigare quell’effetto sull’esistente e verificare se il nuovo insediamento potrà produrre, a sua volta, altre criticità?
Semplifico. Prima dei soldi viene la vita, la vita degli uomini e delle creature, animali o vegetali che siano. Gli affari, la corsa verso un maggior benessere economico sono subordinati alla qualità della vita, garantendo allo stesso tempo quella dei cittadini di domani e di dopo-domani…”.
Questo è lo spirito della nuova legge urbanistica?
“Ti pare poco?”.
Vuoi dirmi che è stata fatta una legge urbanistica che mette al centro l’uomo? Stai cercando di vendermi farfalle o cos’altro?
”Finalmente, sì. E’ esattamente così, almeno in quest’ambito. Adesso la sfida vera, però, è quella di mettere le gambe in fretta a questa legge”.
Non abbiamo il Psc (Piano strutturale comunale) in corso di redazione ormai da un anno?
“Appunto. Speriamo di vedere, almeno gli studi preliminari, al più presto. Noi abitiamo in una città che vive principalmente di turismo. Forse sarebbe il caso di domandare anche a loro, ai turisti, cosa chiedono alla nostra città. O pensiamo di fare tutto da soli?
Questa estate, per esempio, potrebbe essere predisposto un questionario, affinché la cosa non costi troppo gli estensori del PSC potrebbero utilizzare i ragazzi delle scuole superiori che alla fine dell’anno scolastico vengono a fare lo stage nel nostro Comune. E’ solo un’idea”.
Un’ultima domanda: secondo te, la gente ha interesse per queste cose, è attenta ai problemi della città?
“Scherzi? Ma cosa credi, la gente, per quello che vedo io anche nel mio lavoro, vuole partecipare e non solo per interesse economico, ma semplicemente per il gusto di esserci, per esprimere la propria opinione.
Credo che ci sia un nuovo, grande bisogno di partecipazione. La gente c’è, basta coinvolgerla, invogliarla ad esprimersi.
E’ vero che negli ultimi tempi si è un po’ perso il gusto del confronto. Forse perché lo scontro, del resto inevitabile, è stato spesso ridotto a una sorta di partita di calcio, con tanto di tifoserie, senza produrre alcun effetto. Il che ovviamente, a lungo andare, demotiva e mortifica.
Quando la gente non partecipa, non risponde, significa sempre, sempre solo secondo me, che c’è qualcosa di ‘malato’, qualcosa che non va bene.
L’amministrazione pubblica, in primis, e la società civile (le associazioni ambientaliste, le sociali, le categorie Economiche, ecc.) hanno il compito di attivarsi. La gente c’è. Che poi, chi è questa ‘gente’? Siamo noi e chi ha avuto la pazienza di sopportarci. leggendoci fino a qui, tanto per cominciare”.