C’è anche una previsione che si è rivelata completamente errata e Claudio Bertuccioli, del Servizio tecnico della locale Cia – la Confederazione italiana agricoltori – l’ha giustamente fatto notare nel corso della sua relazione sul “vigneto riminese” alla platea del V Forum della Cia nazionale svoltosi recentemente al Palacongressi di Rimini. Vediamo quale. “La coltivazione della vite in provincia di Rimini ha origini molto antiche” ha detto in apertura Bertuccioli. “La maggior parte dei nostri vigneti si colloca tra i 100 e i 300 metri sul livello del mare. Una tipica viticoltura di collina con alterne vicende. Da coltivazione arborea prevalente negli anni ’70 e ’80 ha visto una progressiva contrazione prima lieve negli anni ’90 incrementata poi velocemente nell’ultimo decennio” ha specificato l’agronomo riminese. La questione più evidente è sicuramente quella legata all’estensione delle aree coltivate. La superficie a vigneto in provincia di Rimini (dati Istat) è passata da 4450 ettari nel 1980 ai 2453 del 2010. Ma c’è stato anche un altro importante cambiamento. “Contemporaneamente alla riduzione delle superfici coltivate il vigneto locale – ha ricordato Bertuccioli – ha subito una modificazione anche nelle sue caratteristiche strutturali. Ai nuovi impianti sono stati introdotti i vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay. Tutti a scapito del Trebbiano e poi sono state modificate sia le forme d’allevamento sia le rese per ceppo. Così con un infittimento dei sesti d’impianto e del numero di ceppi per unità di superficie si è passati dalle 2mila viti per ettaro ai 3.300 4.000 ceppi-ettaro e contestualmente si è ridotta drasticamente la superficie dei vitigni bianchi a vantaggio del Sangiovese e degli altri vitigni a bacca rossa in seguito a una moda che a metà anni ’90 avevano decretato la fine dei bianchi e un futuro radioso dei soli rossi, previsione storicamente rivelatasi errata”. Attualmente, infatti, il Sangiovese in provincia di Rimini rappresenta il 63% della superficie vitata provinciale. Tornando alla questione delle superfici, “la diminuzione della superficie – ha affermato il tecnico – è andata di pari passo con altri due fenomeni. Il primo di tipo socio-demografico il secondo economico. “Il progressivo calo delle aziende, soprattutto di quelle condotte da ultra sessantacinquenni, è stato accompagnato dall’abbandono della coltivazione, tradizionalmente legata agli imprenditori più anziani. Dalla metà degli anni ’90, inoltre, i principali gruppi cooperativi del territorio che intercettavano oltre il 50% della produzione vitivinicola locale, sono entrati in un vortice di criticità finanziaria che ha visto dapprima un progressivo indebolimento della struttura patrimoniale e poi un’inevitabile ripercussione sui prezzi di liquidazione delle uve. Queste crescenti difficoltà hanno interessato una a una tutte le cantine cooperative della provincia di Rimini e poi hanno contagiato anche alcune grandi strutture private che acquistavano ingenti quantitativi di uve sul mercato locale.” A complicare ulteriormente la situazione si è messa di mezzo anche la globalizzazione del commercio che ha portato sui mercati mondiali nuovi e agguerriti competitors. “L’andamento dei prezzi degli ultimi dieci anni rilevati dalla Camera di Commercio di Rimini (definiti da Bertuccioli lacunosi e poco attendibili) e quelli derivanti dai listini di liquidazione di una delle strutture cooperative più rappresentative del territorio collinare riminese mostrano come la pressione sui prezzi (vedi approfondimento) si è fatta man mano insopportabile. Insomma quanto basta per comprendere la ragione per cui ci sia stata una vera e propria corsa all’estirpazione dei vigneti e alla progressiva riduzione della produzione vitivinicola.” Tutto negativo? No. “Accanto a vecchi vigneti nuove imprese hanno visto la luce. Sono nate così interessanti aziende vinicole che si caratterizzano per aver adottato criteri innovativi di coltivazione, più rispettosi dell’ambiente e più attenti alla qualità del prodotto finito, il vino. Negli ultimi anni molte di queste realtà hanno ricevuto riconoscimenti a livello nazionale e internazionale per la qualità delle loro produzioni”.
Approfondimento prezzi.
Un’uva Sangiovese di 11,50 gradi idonea alla produzione di un vino a Denominazione di origine è passata da una quotazione di 47,30 Euro dell’anno 2002 a 25,11 Euro del 2009 ultimo anno completamente liquidato ai soci conferitori. La diminuzione è del 47% ma nel 2008 ha abbondantemente superato il meno 50%. Se si considera una produzione media per ettaro attorno ai 120 q.li (stima ottimistica, nel 2011 nella collina le rese non superano gli 80 q.li/ettaro) si avrebbe una produzione lorda vendibile di circa 3 mila Euro/Ha rispetto ai 5.676 del 2002. La Cia ha limitato la propria indagine all’ultimo periodo ben sapendo che la diminuzione nelle quotazioni è stata anche maggiore se il confronto fosse fatto prendendo a riferimento periodi precedenti. A maggior ragione se a essere presi in considerazione siano i prezzi medi complessivi liquidati facendo la media di tutte le uve conferite (a Denominazione d’Origine e non DO, bianche e rosse). In tal caso i dati sono ancora più deprimenti e la PLV (Produzione lorda vendibile) per ettaro si collocherebbe ampiamente al di sotto dei tremila euro (2522). Fonte: Cia Rimini.
I premi nel 2011.
Alla XVII edizione del concorso “L’olio novello in tavola” sono state cinque aziende riminesi premiate. Azienda agricola “Podere Borgo Palazzo” di Valente Maurizio (Torriana), 2° Cini Gino e Xhelili Jolanda (Montegridolfo), 3° Azienda agricola “Dal Fatourin” di Marchesi Daniela (Santarcangelo di Romagna). I premi sono stati consegnati da Nadia Fraternali sindaco di Montegridolfo e da Juri Magrini, assessore alle Attività produttive della Provincia di Rimini.