Continua il nostro viaggio a cura di Milena Zicchetti per conoscere più da vicino alcuni tra gli chef dei ristoranti più nominati e rinomati del Riminese. Incontri dal vivo, faccia a faccia, come una volta. Per riportare ai nostri lettori chi sono, che cosa amano, cosa cucinano (a casa), e tanto altro ancora. Dopo Piergiorgio Parini (Osteria Povero Diavolo,Torriana), Fabio Rossi (Ristorante Vite di San Patrignano, Coriano) e Silver Succi (Ristorante Quartopiano, Rimini), questa volta siamo andati a trovare Daniele Succi, chef dell’I-Fame di Rimini.
di Milena Zicchetti
Daniele Succi, classe ’77, è nato a Bologna ed è lo chef dell’I-Fame, il ristorante all’interno dell’I-Suite Hotel di Rimini. Un vero creatore di piatti, pronto a soddisfare tutti i sensi con percorsi sensoriali avvolgenti che al gusto uniscono la conoscenza profonda del cibo e della sua provenienza. La passione per la cucina? “Nasce dal piacere di mangiare e ce l’ho sin da piccolo” dice. “Sono sempre stato un gran mangiatore, amo mangiare di tutto ma prediligo in assoluto i cibi più semplici. Ad esempio, tra un astice e un sardoncino, la mia preferenza va assolutamente per il sardoncino: costa cento volte meno ma è molto più buono, più sano e per il mio corpo fa meglio. Sono molto attento a quello che mangio: in fondo noi siamo quello che mangiamo, dobbiamo volerci bene ed è importante una corretta nutrizione. Io poi ho avuto un forte contatto con la natura: sono nato in campagna, dove i nonni e la mia famiglia sono sempre stati coltivatori diretti e sono cresciuto allo stesso tempo in un ristorante, perché i miei genitori ne avevano uno. Quindi il buon cibo salutare e la passione per la cucina vengono da questi due elementi. Già da piccolo poi mi piaceva molto stare in cucina con mia mamma e, al contrario dei miei amichetti che andavano a giocare col pallone, io a 5 anni ho fatto le mie prime tagliatelle a mano!”.
Ha un idolo in particolare?
Pietro Leeman (chef del Joia, primo ristorante vegetariano europeo di alta cucina ad aver ricevuto una Stella Michelin – ndr). In passato ho lavorato a Milano da lui e in quel periodo sono stato anche vegetariano, un po’ per una scelta mia di vita e poi perché mi sono fatto prendere dalla filosofia dello chef. Mi ha dato tanto, dal punto di vista tecnico ma soprattutto umano. Stare a contatto con lui ha maturato la mia visione del lavoro e per questo lo stimo tantissimo. Ha una grandissima capacità tecnica, degustativa, rispetto della materia prima… E’ poi uno chef che quando entra in cucina si mette la giacca e la sporca. Si perché ci sono chef che non si sporcano mai in cucina o perché comandano e non fanno effettivamente da mangiare o perché in cucina addirittura non ci sono mai! Lo chef invece deve essere il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via, tutti i giorni. Poi Massimiliano Alajmo delle Calandre (Tre stelle Michelin – ndr) che, oltre ad essere una persona fantastica, ama tantissimo quello che fa, il suo lavoro, ed ha raggiunto il massimo della valutazione in tutti i riconoscimenti! Lo stimo tanto, ma io non voglio arrivare a quei livelli perché purtroppo, per fare questo, bisogna togliere tanto ad altre cose importanti della vita… che già è corta!
L’I-Fame è un ristorante moderno all’interno di una struttura altrettanto moderna, che tipo di cucina propone ai suoi clienti?
Salutare in primis, visto che questa è la mia filosofia. Facciamo una cucina che abbraccia un po’ tutti gli stili. Spaziamo dal tradizionale, che è d’obbligo: siamo a casa nostra, in Romagna, per cui chi viene qua deve poter assaporare quello che noi mangiamo e che fa parte del nostro dna. Nel contempo, avendo clientela internazionale, facciamo anche piatti che vanno al di là del confine. Di base però c’è in tutti i piatti il lato salutare, l’utilizzo di prodotti naturali e il trattamento che riserviamo ai cibi è estremamente rispettoso nei confronti dei cibi stessi:
La sua è una cucina “sensoriale”: tra i cinque sensi, qual’è il più importante?
Tutti. Tant’è vero che io lavoro molto su questo. Certo, non riguarda i piatti tradizionali, ma in ogni piatto di mia invenzione entrano in funzione tutti i sensi! Mi spiego: un piatto lo vedi con tutte le sue forme, caratteristiche cromatiche, la disposizione del cibo. Poi lo annusi, senti i profumi che caratterizzano il piatto. Arriva poi il tatto, sia nel momento in cui porzioni il cibo per poterlo mangiare che in bocca (croccante, morbido, soffice, evanescente) e di conseguenza l’udito a seconda della consistenza. Poi arriva il gusto… il sapore e l’input che dalla bocca arriva al cervello. Non tutti lo sanno, ma per la Comunità Europea i gusti sono 5 (amaro, dolce, piccante, salato, aspro) in realtà per la comunità mondiale, sono 6: il gusto in più, da noi ancora non riconosciuto, è l’umami, che deriva dalla presenza di glutammato monosodico e che dà sapidità al palato ed è quello che produce l’acquolina in bocca (lo troviamo per esempio nel Parmigiano e nelle vongole).
Cosa preferisce mangiare in assoluto?
Se devo scegliere… Pesce in primis, lo prediligo in assoluto alla carne, a meno che non si parli di frattaglie, di cui sono proprio ghiotto. La carne è buona, ma se proprio devo mangiarla, a casa, allora cucino pollo, tacchino, piccione, che recupero in campagna dai miei. E poi c’è anche un discorso a livello salutare: la carne sta otto-nove ore nel corpo mentre il pesce in un’ora al massimo lo si digerisce. Del pesce mi piace molto il crudo, lo cucino molto anche al ristorante. Solo che col pesce crudo bisogna stare molto attenti: per sfortuna, in pochi conoscono il grandissimo rischio del mangiare il pesce crudo e che quindi bisogna stare molto attenti a dove lo si mangia. Sto parlando dell’anisakis, un batterio presente nel pesce, una specie di tenia del mare. Se è presente nel pesce e questo non viene abbattuto (l’abbattitore è un congelatore specifico che “abbatte” la temperatura del pesce in tempi rapidissimi – ndr) ci possono essere anche gravi conseguenze se non la morte. Quindi approfitto per fare un appello: massima attenzione!!.
Fuori dal ristorante, a casa o in un locale… toglie le vesti da chef oppure viene spontaneo il giudicare un piatto?
Come dicevo, fare da mangiare a me piace e venire qui al ristorante non lo sento come un dovere ma un piacere. Sono fidanzato, ma quando esco di qua e vado a casa, cucino io, sempre! Amo mangiare bene e prodotti cucinati come si deve. Se dobbiamo mangiare fuori… E’ davvero complicato! O scelgo una pizzeria, oppure cerco di andare in ristoranti che conosco e di cui conosco gli chef, dove so che si mangia bene e comunque scelgo sempre piatti molto semplici. Altrimenti, preferisco di gran lunga rimanere a casa!
Un’ultimissima domanda prima di lasciarci: deve andare su un’isola deserta e può portare con se solo tre cose, o persone… cosa o chi porta?
Tre sono poche, è fatica decidere… I denti e le mani! Le persone che amo non le posso portare, sono più di tre e non posso decidere chi portare e chi lasciare, sono tutte equamente importanti, non sarebbe poi giusto nei confronti delle altre che rimangono, quindi… Tutti a casa! Perché i denti e le mani: bhé mi servono per sopravvivere sull’isola e la terza cosa, altrettanto importante, la salute. Se ho con me queste tre cose, ho tutto.
Milena Zicchetti
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