Nel corso dell’Assemblea di sono stati eletti come membri della Giunta per il biennio 2012-2014: Bruno Tani, Linda Gemmani, Alessandro Annibali, Bruno Morandi, Paolo Recca, Giovanni Panciroli, Daniele Torcolacci, Biagio Amati, Orfeo Grossi, Paolo Rambaldi, Giorgio Forlani, Riccardo Zannoni, Bruno Vernocchi. Inoltre, è stato riconfermato il Collegio dei revisori contabili e dei probiviri.
Inoltre sono stati premiati gli iscritti all’Associazione: per i 60 anni le imprese: Antoniacci Tino, Galli Geom. Antonio, Mariani Srl, Ravagli Srl. Per i 50 anni: Lucchi Srl. Per i 40: F.lli Anelli Snc e Industrie Valentini Spa. 30 anni: Teresina Impresit Srl.
L’intervento di Maurizio Focchi.
Autorità, Signore e Signori, Colleghe e Colleghi,
prendere la parola alla nostra Assemblea annuale è sempre un’emozione, ma quest’anno ancora di più in considerazione della quantità e dell’intensità degli avvenimenti di questi ultimi dodici mesi. I fatti accaduti e i quattro anni di crisi non hanno avuto rilievo solo dal punto di vista economico, ma hanno intaccato il nostro stesso modo di vivere. Voglio qui anche ricordare gli eventi naturali di quest’anno: le nevicate di febbraio nella alta Val Marecchia che hanno portato gravi danni e i lutti e le distruzioni del terremoto nelle province di Modena, Ferrara e Mantova.
Anche per l’esperienza e il contatto diretto che ho avuto con queste realtà, sono sicuro del coraggio e della determinazione con cui le imprese stanno superando questa gravissima situazione. Voglio anche qui onorare la memoria di tutte le vittime ai cui familiari va il nostro cordoglio.
Prima di proseguire voglio ancora una volta dare il benvenuto ai nostri ospiti: al Presidente Stefano Vitali e al Sindaco di Rimini Andrea Gnassi che hanno portato il loro saluto alla nostra Assemblea e al Presidente della Piccola Industria, Vincenzo Boccia che concluderà con il suo intervento i lavori di questo pomeriggio. Nella mia relazione analizzerò alcuni dati, ma più che guardare all’anno passato vorrei concentrarmi sul nostro futuro.
Per fare questo, mi piace anche ricordare una frase di J. Kennedy. “Il cambiamento è una legge della vita e coloro che si ostinano a guardare sempre solo al passato o si concentrano unicamente sul presente, possono essere sicuri di perdersi il futuro”. Il tema fondamentale per il nostro futuro è quello della crescita. Ma la crescita può avvenire solo con il cambiamento attraverso le riforme. Crescita, cambiamento e riforme sono le tre parole chiave della mia relazione e devono costituire la molla personale e sociale per un futuro di sviluppo per noi e per i nostri figli. Sviluppo su cui dobbiamo puntare dopo un decennio di bassa crescita soprattutto se confrontata con altri paesi. Nel periodo 2000-2010 gli USA hanno segnato una crescita del PIL del 16,7%, la Germania del 9,5% e l’Italia solo uno stentato 3,8%: veramente poco per sostenere il nostro tenore di vita. Infatti, unici tra i paesi citati, il nostro PIL pro capite non è cresciuto, ma è addirittura diminuito del 2,3%.
Questo significa che l’Italia deve superare da sola i propri problemi strutturali che sono iniziati negli anni ’90 e che altrimenti rimarranno tali anche se si risolverà la crisi in Europa. Certamente stiamo attraversando un periodo di cambiamenti epocali nei rapporti di forza economici su cui si era basato il mondo. E nello stesso tempo stiamo vivendo una crisi che ha paragoni solo con quella del ’29. Quella del ’29 fu una crisi generale che investì tutto il mondo, quella attuale ha visto invece una parte consistente delle economie mondiali, specialmente i paesi emergenti, i cosiddetti BRICST, continuare la loro eccezionale crescita.
Vediamo cosa è successo in Italia. Facendo il confronto con le conseguenze della Grande Crisi del 1929, la diminuzione del PIL italiano nel biennio 2007/2009 è stata perfino peggiore rispetto al biennio 1929-1931 (-6,7% nel 1929-1931, contro -6,6% nel 2007-2009). Allora si tornò ai livelli pre-crisi dopo 6 anni cioè nel 1935, mentre ora prevediamo per il 2013 un PIL ancora del 6% inferiore a quello del 2007.
Dopo questa prima analisi vediamo le previsioni per il 2012. A livello di PIL mondiale si hanno segnali di una leggera flessione da un +3,80% del 2011 ad un +3,40% per il 2012. L’area Euro (a 15) passerà da un PIL del +1,6% nel 2011 a +0,20% nel 2012. In Italia dopo una crescita stentata del PIL nel 2011 pari ad un + 0,5% le previsioni per il 2012 del CSC segnano un -1,6%. Per il nostro Paese il 2012 sarà, quindi, un anno di recessione. Dopo un primo tempo di rigore impostato speditamente dal Governo Monti, temiamo ora la scarsa energia e il ritardo della seconda fase. Bisogna affiancare subito alla politica del rigore, la politica dell’efficienza statale, la politica dello sviluppo e dell’occupazione. Apprezziamo il primo passo fatto con il Piano per lo Sviluppo approvato salvo intese dal Consiglio dei Ministri del 15 giugno e auspichiamo che ne seguano rapidamente altri per avviare effettivamente la crescita. Il compito non è facile perché si tratta di vincere le resistenze corporative e sentire veramente per tutto il Paese la necessità di un progetto comune di sviluppo:
noi non ci rassegneremo, dobbiamo cambiare!
La crescita non è ancora ripartita e la situazione diventa ogni giorno più difficile e complicata. Si devono intraprendere subito iniziative di breve termine: diversamente rischiamo che le soluzioni vengano trovate nel lungo termine, quando attorno a noi avremo il deserto, come sosteneva 80 anni fa John Maynard Keynes parlando anche allora della necessità di azioni rapide. Proseguendo con la fotografia della crisi, focalizziamoci ora sulla nostra Provincia. La produzione sarà in crescita per solo il 15% degli imprenditori intervistati mentre per il 33% sarà in calo. Considerazioni analoghe per gli ordini totali con aziende che li vedono in aumento nel 19% dei casi e in diminuzione nel 42%.
L’occupazione, e questo è il dato più preoccupante, è valutata ancora in contrazione. Il “credit crunch” è ora il tema centrale per la sopravvivenza delle Imprese. I nostri associati segnalano una restrizione del credito nell’84% dei casi, come risulta da una rilevazione del marzo 2012. La situazione è confermata dai dati di Banca Italia riferiti alla nostra provincia che mettono in evidenza una diminuzione degli impieghi, che è stata di 200 milioni di euro nel periodo marzo 2011-marzo 2012. Nell’ambito del credito diamo molto valore all’uscita della Carim dal commissariamento. Siamo certi che per le imprese e per tutti i riminesi poter riprendere assieme a Carim un cammino di sviluppo sia un buon punto di forza per risollevarci e puntare al futuro.
Dopo questa analisi generale, torniamo al tema iniziale che riguarda il nostro futuro. Torniamo alle tre parole chiave: Crescita, Cambiamento, Riforme. Parole chiave che dobbiamo applicare agli ambiti dello Stato, del Mercato e delle Imprese. In ciascuna di queste aree strategiche, dobbiamo agire con cambiamenti e riforme per ottenere la crescita.
1. STATO
Partiamo da una delle debolezze più preoccupanti del nostro Paese: l’inefficienza della Pubblica Amministrazione. L’Italia occupa il 137° posto nell’indicatore che misura la necessità di miglioramenti nella Pubblica Amministrazione secondo il World Economic Forum e addirittura il 140° su 142 con riferimento all’onerosità delle regole da applicare che costano ogni anno alle imprese 45 miliardi di euro.Le aree nelle quali lo Stato deve assolutamente riformarsi sono: snellimento della burocrazia e riduzione tasse; giustizia, presidio del territorio; infrastrutture; formazione(Università, Scuole Superiori).
Snellimento della burocrazia e riduzione tasse. Il costo e l’inefficienza dell’apparato dello stato sono tra i fattori che frenano maggiormente la competitività del nostro Paese. La riforma della burocrazia deve avere come obiettivo la sottrazione di leggi, regolamenti o adempimenti.E non come avviene molto spesso oggi, sommare leggi di snellimento alle precedenti, creando solo più confusione. Sulle tasse dobbiamo purtroppo solo ribadire che non è sostenibile in chiave di sviluppo e crescita una pressione fiscale che, depurando il PIL ufficiale dalla quota di nero, supera ormai abbondantemente il 50%. E invece una riduzione della tassazione delle imprese e del lavoro sarebbe una leva forte per la ripresa e darebbe una mano anche ai consumi: perché bassi salari e bassi consumi stanno deprimendo il mercato interno, da cui ancora tante imprese dipendono.
Giustizia, presidio del territorio. Quale attrattività per gli investimenti esteri può avere un Paese che secondo la Banca mondiale richiede 1210 giorni per imporre l’esecuzione di un contratto (158° posto su 183). Il presidio del territorio si intreccia con il tema della legalità e della lotta alla criminalità e alla corruzione. Questioni che ormai non sono più confinate in una sola parte del territorio nazionale, ma stanno diventando di attualità con una distribuzione a macchia di leopardo in tutto il Paese. Il rischio è reale anche nella nostra provincia e si è reso ancora più evidente dopo la recente notizia che la Guardia di Finanza ha confiscato 38 immobili riconducibili ai “Casalesi” e dopo l’impegno del Prefetto per l’avvio della mappatura del nostro territorio per prevenire le infiltrazioni mafiose. Ad entrambe queste iniziative va il nostro plauso e ringraziamento. Ci auguriamo che la nostra Provincia abbia gli anticorpi necessari per eliminare questo rischio.
Infrastrutture. La crescita dell’economia passa attraverso il fondamentale ruolo giocato da infrastrutture estese e ben funzionanti (dalle strade alle telecomunicazioni e alle reti di trasmissione dati). Nella classifica delle infrastrutture, l’Italia si trova al 32° posto su 142, ma ben lontana dalla Germania e Francia 2ª e 4ª e molto distaccata anche da Corea del Sud e Spagna 9ª e 12ª. Gli investimenti in infrastrutture consentirebbero anche di far ripartire il settore dell’edilizia in forte crisi, non solo a livello nazionale, ma anche nella nostra Provincia. Non possiamo assolutamente rimanere fermi. Vogliamo instaurare con le autorità locali un positivo rapporto di collaborazione con obiettivi e tempi chiari per uno sviluppo sostenibile del nostro territorio.
Università e Scuole Superiori. La competitività potrà superare il divario con i paesi più avanzati solo se verrà attivata fino in fondo la leva della “conoscenza”. Parliamo delle scuole superiori con particolare attenzione agli indirizzi tecnici e professionali, che devono essere sempre più incentivati. Anche per l’Università, dobbiamo indirizzare i giovani maggiormente alle materie tecniche e scientifiche.
2. MERCATO
Doing Business, la classifica generale 2012 stilata dalla Banca Mondiale relativa alla facilità di fare impresa nei vari mercati, pone l’Italia all’87° posto su 183 Paesi del mondo. Questa è la premessa da cui dobbiamo partire per chiedere le riforme del mercato che riguardano: liberalizzazioni e mercato dell’energia, mercato del lavoro, mercato finanziario (credito, pagamenti tra privati e tra Pubbliche Amministrazioni).
Liberalizzazioni e mercato dell’energia. In Italia esistono ancora troppi monopoli sia a livello locale che nazionale. Il Governo ha intrapreso recentemente la via dell’apertura in vari settori come quelli dell’energia e delle professioni. Siamo sulla strada giusta, ma c’è ancora molto da fare, per passare da un Paese che premia le corporazioni e i più furbi ad un Paese che fa vincere il mercato, le regole e l’impegno personale. Il gap di competitività più oneroso è quello legato al mercato dell’energia: noi paghiamo l’energia elettrica il 35% in più rispetto alla media europea; mentre l’approvvigionamento del gas è ancora troppo dipendente da fattori geopolitici, che ci creano incertezze sulla sua continuità di erogazione.
Mercato del lavoro. La recente riforma del mercato del lavoro non è quello che le imprese si aspettavano, soprattutto per gli irrigidimenti della flessibilità in entrata senza sufficienti aperture per quelle in uscita. Confidiamo che nell’applicazione pratica di questa riforma si possa trovare nei fatti quanto riteniamo necessario per creare nuovo lavoro, soprattutto per i giovani e attrarre investimenti dall’estero.
Mercato finanziario, credito, pagamenti tra privati e tra P.A. Ormai le imprese muoiono per i crediti e non per i debiti: questo è il paradosso che deriva dalla mole del debito dello Stato, oltre 70 Miliardi, nei confronti delle imprese. I tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione sono di 180 giorni, rispetto ai 47 del UK e ai 35 della Germania. Lo Stato non può pretendere dalle imprese l’alto livello di tasse che richiede e sanzionare severamente ogni piccola irregolarità o ritardo, mentre supera ogni ragionevole limite quando è esso stesso ad essere debitore. Speriamo che i decreti approvati recentemente sulla certificazione dei crediti delle imprese per 30 miliardi diano risultati concreti e rapidi. Comprendiamo le difficoltà delle nostre istituzioni locali, ma chiediamo al Governo se il “Patto di Stabilità” deve essere formulato proprio in questo modo così penalizzante per le imprese e per gli investimenti.
3. IMPRESE
Per riprendere la crescita anche noi imprese dobbiamo puntare sul cambiamento riformandoci dall’interno facendo leva su tre punti fondamentali: Innovazione/formazione Internazionalizzazione/export, Crescita dimensionale/reti d’impresa, Innovazione/formazione. Le imprese italiane come capacità innovativa sono posizionate al 43° posto e dobbiamo confrontarci con le altre economie avanzate: Svezia e Svizzera 1° e 2° posto, Germania 7° e Corea del Sud al 14°. Per le spese in ricerca e sviluppo ci posizioniamo al 26° posto e siamo sempre in ritardo rispetto alle economie più forti. Per superare questo gap l’innovazione deve essere più diffusa. Le relazioni con i centri di ricerche delle Università, le collaborazioni tra aziende e i dottori di ricerca devono diventare abituali.
Internazionalizzazione/export. La propensione delle imprese verso i mercati esteri è sempre stata una strategia vincente, ma lo è soprattutto ora, quando a causa della crisi vi è una diminuzione del mercato interno. Le imprese che hanno da tempo messo in pratica una strategia di internazionalizzazione sono quelle che stanno tenendo meglio il mercato e che stanno compensando i volumi di produzione persi nel mercato interno con quelli conquistati all’estero.
Crescita dimensionale/reti d’imprese. Innovazione e internazionalizzazione si possono ottenere solo raggiungendo delle masse critiche che le nostre piccole imprese non hanno. Per raggiungere questo obiettivo (oltre le tradizionali fusioni e incorporazioni) esiste ora una forma innovativa chiamata “Rete d’Impresa” una modalità che coniuga bene il nostro spirito creativo individuale con l’esigenza di unire le forze per investire in innovazione e internazionalizzazione. Il nostro modello familiare (che tanti pregi ha in termini di tenuta e motivazione) deve fare un “salto culturale” per indirizzarsi alla crescita, raggiungendo dimensioni che consentano di affrontare la sfida epocale della globalizzazione. Abbiamo molti esempi in Italia e in particolare nella nostra regione, peccato siano ancora pochi nella nostra provincia. Confindustria Rimini è a disposizione per avviare gli imprenditori su questa strada.
Abbiamo parlato fin qui di congiuntura economica e del cambiamento che deve concentrarsi nelle aree dello stato, del mercato e delle imprese. La crisi che viviamo non è fatta solo di numeri e grandi decisioni, ma sta intaccando anche la nostra realtà sociale e personale.Mai siamo stati tanto legati alle vicende generali. Le cause della crisi sono molto lontane da noi: sono la finanza fine a se stessa (specialmente negli Stati Uniti) e i debiti degli Stati europei. Ma le conseguenze della crisi le viviamo nelle difficoltà di tutti i giorni. Difficoltà che ci stanno portando a vivere questi anni con preoccupazione, ansia e in alcuni casi vera e propria angoscia con conseguenze sociali e umane, per gli imprenditori e i loro collaboratori, a volte drammatiche. Per fortuna viene a galla in questi momenti la personalità che contraddistingue la maggioranza degli imprenditori, che si identifica pienamente con un progetto d’azienda e dedica ogni sforzo per tornare al profitto e creare nuove opportunità. Questo ottimismo creativo è la risorsa che si sta mobilizzando per far sopravvivere il progetto dell’azienda. E salvare l’azienda significa salvare una storia, un patrimonio di conoscenze di persone, insomma un bene comune.Ecco perché, pur non idealizzando la categoria, sono convinto che gli imprenditori non si stanno tirando indietro rispetto alle loro responsabilità aziendali e sociali.
Nell’ultima parte della mia relazione desidero concentrarmi sul nostro territorio e per fare questo partirò dai dati della ricerca del Prof. Luigi Vergallo. Questi dati ci fanno guardare la realtà da un altro punto di vista. La visione comune (fuori e dentro Rimini) è che la forza economica maggioritaria sia il turismo e che la manifattura abbia una presenza marginale. Questa idea si è consolidata negli anni e viene da molto lontano, ma non corrisponde alla realtà come vediamo nelle slide che seguono che ci indicano il numero di addetti per settore sin dal dopo guerra. L’obiezione potrebbe essere però che una buona parte del commercio sia trainato dal turismo. Proviamo allora l’esperimento di sommare al turismo il numero maggiore di occupati nel commercio rispetto alla media italiana. Anche così si ha conferma che l’industria è il settore che da più occupazione nella zona. La seconda obiezione deriva dal dubbio che i dati sull’occupazione possano variare inserendo l’economia sommersa. Facciamo la valutazione anche tenendo conto del lavoro sommerso. Proseguiamo ora con la slide riguardante il valore delle retribuzioni del 2009 nei vari settori (slide 5) Analizziamo ulteriormente la situazione dal punto di vista del valore aggiunto ripartito tra i settori industria – commercio, riparazioni, trasporti e comunicazioni – alberghi e ristoranti (slide 6). Dall’esame di questi dati emerge che il valore aggiunto del turismo è in media con quello italiano (12%) mentre il valore aggiunto dell’industria (23%) è 6/7 punti percentuali inferiore alla media nazionale.
Da questi ultimi numeri deriva il punto fondamentale con cui voglio concludere questa analisi: sia il turismo che l’industria hanno ampi margini di miglioramento. L’obiettivo comune è che Rimini sia considerata la capitale del turismo europeo e che l’industria cresca per raggiungere i livelli medi nazionali. In tutti questi anni abbiamo avuto nel nostro territorio due potenti motori per lo sviluppo che sono andati su due strade parallele. E avere due pilastri su cui appoggiare è comunque una grande fortuna. Ora l’obiettivo è fare insieme un cammino per scommettere sul futuro. Il nostro territorio ha come vocazione l’accoglienza e può applicarla a favore dei turisti e anche delle imprese. Per fare questo dobbiamo mettere al primo posto l’attenzione ad uno sviluppo sostenibile che abbia come valori l’ambiente, il bello, il benessere dei cittadini, uno stile di vita in sintonia con le risorse naturali. Con questo spirito sono convinto ci possano essere ampi spazi di collaborazione tra mondo del turismo e dell’industria partendo da alcune sinergie concrete. Entrambi abbiamo bisogno di infrastrutture moderne e di una amministrazione attenta alle esigenze di tutti gli imprenditori con una burocrazia amica, certa nei tempi e nelle interpretazioni.
Questi sono solo due esempi, ma tanti altri ce ne possono essere perché, in realtà, abbiamo sempre condiviso una capacità positiva di lavoro che non conosce ostacoli, una flessibilità e una intraprendenza creativa. Dobbiamo partire da un orgoglio comune per tutto ciò che abbiamo fatto. A questo punto non bastano più gli sforzi singoli non è più tempo di separatezze e polemiche, ma di una capacità costruttiva a favore di tutti. E’ questo il cambiamento che chiediamo a noi stessi e agli altri interlocutori del territorio. Da una parte un cambiamento dell’immagine che abbiamo dell’industria, che è da considerare non marginale ma trainante. Dall’altra un salto nella capacità di collaborazione stretta tra turismo, industria e istituzioni: questa può essere la molla fondamentale per il nostro futuro.