LA CULTURA
di Matteo Marini
– Oltre il fascismo ma anche oltre il comunismo. Cioè oltre gli schemi che hanno tenuto divisa l’Italia per decenni dagli anni ’20 in poi. Un percorso attraverso gli ultimi 30 anni della Repubblica per raccontare la storia politica di uno dei personaggi più controversi (all’inizio) e più popolari oggi come presidente della Camera e leader del partito politico che ha contribuito almeno in parte alla caduta del governo Berlusconi.
“Gianfranco Fini: una storia politica” è il saggio dello storico cattolichino Alessandro Roveri, libero docente di Storia contemporanea all’Università di Roma. Un racconto veloce e documentato (con riferimenti bibliografici e soprattutto ad articoli di giornale, dai quali la storiografia contemporanea non può prescindere) che illustra in maniera chiara la metamorfosi politica e culturale del capo dell’ultimo vero partito di ispirazione fascista ad avere una rappresentanza significativa in Parlamento.
Erede di Giorgio Almirante, segretario del Movimento sociale italiano, Fini ha traghettato dagli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90 la sua formazione da movimento fascista a un assorbimento completo nel recinto dei valori costituzionali. Poi il passaggio ad Alleanza nazionale, la confluenza nel Partito della libertà con Berlusconi e infine il divorzio dal centrodestra per spostarsi ancora più al centro, con la fondazione di Futuro e libertà. Una completa trasformazione che ha visto anche il rinnegamento dei più odiosi valori portati avanti dal movimento sociale. Una lunghissima storia politica (dal punto di vista del progresso di coscienza più che temporale), un tragitto articolato e complesso che ha visto, da parte di Gianfranco Fini, l’abbandono delle posizioni estremiste e omofobe (ma anche antisemite) che lentamente, secondo un percorso dalle tappe ben chiare, arriva alla accettazione dei valori laici e profondamente tolleranti dell’accoglienza degli extracomunitari, del riconoscimento delle coppie di fatto e della pari dignità degli omosessuali.
L’analisi del professor Roveri non prescinde, naturalmente, dalle vicende politiche che hanno caratterizzato il passaggio turbolento dalla prima alla seconda Repubblica, nelle quali la metamorfosi dell’allora delfino di Giorgio Alminante ha dato inizio all’avventura del nuovo centrodestra dopo la dissoluzione dei principali partiti, Democrazia cristiana e Partito comunista in primis, e in cui ha preso il via l’alleanza con Forza Italia e Silvio Berlusconi. Parte soprattutto da qui il rinnovamento umano e politico di Fini, con il congresso di Fiuggi del 1995 e il confronto con Pino Rauti sulla collocazione dell’ormai ex Movimento sociale in termini di valori di fondo e posizionamento all’interno dell’arco parlamentare. Un confronto-scontro che porterà, con la nascita di An, alla scissione dei rautiani e alla fondazione della Fiamma tricolore.
Una svolta, quella di Fiuggi, che porta allo sdoganamento dell’ex compagine fascista ma anche all’apparentamento con Forza Italia e Silvio Berlusconi. Un “matrimonio” che durerà 15 anni, felice all’inizio ma che di anno in anno vede le crepe e le divisioni farsi sempre più importanti. Sul piano della visione politica e di partito, sui rapporti con la magistratura e su questioni che ancora tengono banco come il testamento biologico e l’immigrazione.
Gli ultimi scandali che hanno coinvolto Berlusconi, la riforma della giustizia e la diversa concezione di partito dei due leader sono stati il detonatore che ha fatto scoppiare definitivamente la bomba. Con l’uscita di Fini e la nascita di Fli si compie così un percorso di affrancamento dai vecchi schemi di un centrodestra anticomunista (aprendo anzi ampi spazi di confronto con la sinistra per esempio abbracciando l’esperienza della Resistenza) e dal modello di partito che gravita attorno alla figura di un autoritario senza possibilità di una discussione democratica al suo interno. Al contempo gli ex “colonnelli” come Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa e Altero Matteoli hanno cambiato rotta dopo essersi imbarcati sulla nave berlusconiana, restando, come descrive bene l’autore con un’acuta osservazione, inchiodati a vecchie gerarchie, “ancora fascisti, ancora credere, obbedire, combattere”. La metamorfosi mediaticamente più efficace è quella che Roveri chiama “effetto shoah” iniziata nel 2003 con il viaggio di Fini a Gerusalemme ed espressa così bene nel rinnegamento delle posizioni antisemite e antisioniste del 2008, quando pubblicamente sconfessò le opinioni del suo ex padre politico Almirante. Un viaggio lungo e anche tormentato di una visione politica e sociale passata dalla glorificazione del periodo più buio della storia d’Italia al riconoscimento di valori opposti e di condivisione comune, sui quali si basa il nostro vivere civile, ispirati dallo spirito pluralistico e liberale della Costituzione.