“La vicenda dell’aeroporto Fellini sembra, finalmente, poter uscire dal buio che aveva reso lo scenario del fallimento come evento quasi ineluttabile”. Lo dichiara Sergio Pizzolante, deputato del Pdl in un suo intervento (che riceviamo e pubblichiamo). “E’ importante che si sia avviato un confronto con i creditori, a partire dalle banche, – prosegue – che consenta di rilanciare l’aeroporto senza fare gravare interamente i costi sulle imprese che hanno l’unica responsabilità di avere dato fiducia alla società di gestione. Così come è positiva una fuoriuscita dall’azionariato dell’ente pubblico cui non compete davvero gestire direttamente infrastrutture che, in condizioni normali e con un management adeguato, debbono produrre ricavi e non generare debiti che gravano sulla collettività. In questo senso va per molti aspetti aperta una nuova stagione riminese dove ad un pubblico che si è troppo spesso sostituito al privato nel realizzare e gestire infrastrutture strategiche, possa sostituirsi un privato che metta in campo l’intraprendenza necessaria. Paternalismi, pubblico e una certa pigrizia imprenditoriale sono due facce di una medaglia che, oggi, la realtà riminese non può più permettersi”.
“C’è, però, un punto di sostanza che non può essere eluso – sottolinea Pizzolante – pena riprodurre in tempi brevi la situazione drammatica che oggi deve affrontare Aeradria e la compagine societaria che la governa. L’orizzonte breve a cui dobbiamo guardare deve essere caratterizzato da due scelte nette: l’ingresso di un management competente e l’individuazione di un partner industriale che consentano al Fellini di sviluppare in maniera adeguata il proprio oggettivo potenziale. In questo senso le scelte che si debbono compiere in questi giorni non sono ne’ indifferenti ne’ neutrali. Il salvataggio di Aeradria non può essere un “salvataggio comunque”, ma deve contenere i presupposti per costruire un futuro solido e lontano anni luce dalle debolezze dell’oggi. Questo implica trovare un equilibrio soddisfacente tra più esigenze: soddisfare i creditori; mantenere spalancata la porta all’ingresso di un partner privato; garantire la continuità aziendale nella fase di passaggio che richiede verosimilmente l’impiego di risorse; completare gli investimenti necessari. E, del resto, la migliore garanzia che può essere data ai creditori è proprio una gestione con caratteristiche imprenditoriali in grado di conferire valore all’eventuale concambio azionario”.
“Nulla di questo appare però possibile – conclude – senza che la transizione verso la privatizzazione venga ridotta al più breve tempo possibile e se, già da oggi, vengono posti vincoli e soglie di accesso al capitale privato che rendono improbabili scelte di investimento. Intendo dire che la compagine societaria, ampiamente ridisegnata, che deve uscire dal concordato non può caricarsi di un eccesso di debiti e vincoli che, di fatto, verrebbero spostati su un nuovo (e da tutti, a parole, auspicato investitore). Alzare troppo l’asticella della privatizzazione è una scelta che rischia di riportarci in tempi rapidi da dove siamo venuti, senza alcun vantaggio per gli stessi creditori che decidessero di trasformare i crediti in azioni. Un equilibrio migliore e che non penalizzi nessuno è possibile e credo che chi sta lavorando in questi giorni alla soluzione della difficile situazione che si è generata, debba tenerne debitamente conto”.
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