Mare di Libri è cominciato, e accanto alle pagine dei romanzi c’è sempre uno spazio che gli organizzatori riservano alla scena. Quest’anno sono svariati gli appuntamenti a teatro e uno di questi è lo spettacolo di stasera “Dimmi chi era Charles Dickens” alle 23.00 nel cortile della Biblioteca Gambalunga. lapiazzarimini.it ha avvicinato Tommaso Galvani (foto) che di questo spettacolo è attore e regista.
Allora Tommaso, perché uno spettacolo su Dickens?
Mah, se posso fare dell’ironia diciamo che le aspettative di vita di un inglese ottocentesco medio, per lunga tradizione imbottito fin dal mattino di uova e pancetta con occasionali spruzzate di birra, non potevano certo far presagire un futuro troppo longevo per un uomo come Charles Dickens, particolarmente scrupoloso quando si trattava di restare fedele alle proprie tradizioni. Eppure, qui è il punto, lo scorso febbraio ha compiuto duecento anni, e stando alla fortuna della sua opera non se ne andrà prima di essersene fatti altri duecento.
Quindi una scelta dettata da una ricorrenza speciale…
La ricorrenza del duecentenario ha regalato l’intuizione agli organizzatori di Mare di Libri, e ha subito incontrato il mio entusiasmo. L’unica consegna: ci parlerai un po’ di Dickens?
Sul palco sei salito in diverse occasioni. Stasera sarà il tuo debutto come attore e regista di te stesso.Cos’hai pensato questa volta?
Innanzi tutto mi son detto che, se volevo accettare, avrei dovuto leggermelo in blocco! Di Dickens avevo un’immagine confusa, stracci di brani e riduzioni cinematografiche… Conoscevo Oliver Twist e il vecchio Scrooge, avevo sentito parlare di Pip, e David Copperfield lo ricordavo in relazione alla prima pagina del Giovane Holden. Poi, sorpesa. L’incontro con Dickens ha avuto qualcosa di sbalorditivo: la prima impressione è stata quella di aver davanti non tanto uno scrittore, quanto più un attore consumato.
E io che Dickens lo credevo un timidone… Allora mi sbagliavo?
Mi spiego: ci sono libri che esistono a prescindere, che nella loro apparente imparzialità nascondono la loro forza, che sono così e basta, e danno l’impressione di essersi scritti da soli. Non è il nostro caso. Dickens è un autore che acquisisce fisionomia man mano che si svelano i tratti dei suoi personaggi, man mano che ci si appassiona, e più avanti si va più si vorrebbe averci a che fare, lo si vorrebbe avere lì. Ecco il punto, lui è lì.
Vuoi dire che attraverso i suoi libri riusciamo a sentire la sua voce?
Sì, Dickens non esiste senza un pubblico. Come un attore. Non reciterebbe in una sala vuota e per riempire la sala escogita sempre qualche cosa di nuovo, di mirabolante, spesso di improvvisato: il risultato è un registro che non esclude il dramma dei più commossi sentimenti e non scoraggia le gag da torte in faccia. Tutto questo non per il nulla, ma con una visione del mondo ben precisa. Leggerlo è stato terapeutico. Insomma per una serie di motivi l’ho subito amato, e ho subito voluto che anche gli altri lo amassero. In un certo senso, ho cercato di fargli un video e di condividerlo con più pubblico possibile.
Come ti sei preparato alla messa in scena?
E’ seguito un transfert immediato di responsabilità: di colpo mi sono trovato regista, scenografo e autore di me stesso. Non è un caso se l’evento è gratuito (ride accarezzandosi il pizzetto).
Che pubblico vorresti questa sera nel cortile della Gambalunga?
Il pubblico me lo sono immaginato come forse se lo sarebbe immaginato Dickens: adulti ma non troppo. Esiste una fascia scoperta nell’ambito del teatro o più in generale della narrazione, calcolata poco o male: si tratta dei ragazzi delle medie. Adulti in embrione ancora ricchissimi degli spunti creativi dei bambini, dalla risata vera e dalla commozione docile, eppure sembra che il mondo si sia dimenticato di loro. Uno stand-by culturale: mentre il teatro dei bambini è rigoglioso e quello degli adulti assodato, il ragazzo delle medie non viene invitato da nessuna parte, è sempre troppo piccolo o troppo grande. Non ama i burattini e difficilmente si rivedrà delle rivisitazioni intellettualoidi di Shakespeare. Il mio problema è stato ricercare una formula a metà tra la serietà e il gioco, tra la lezione e il racconto, non senza la libertà di farsi due risate, che potesse incontrare le esigenze dei ragazzi e spingerli a fare uno spontaneo saltello in libreria, il giorno dopo.
La difficoltà maggiore?
Riuscire a catturare l’attenzione proprio di questa fetta di pubblico, ecco qual è stato il mio scoglio. Spero di averlo bypassato a dovere!
Ricordiamo l’appuntamento per stasera?
Per chi c’è ci vediamo venerdì 14 alle 23:00 nel cortile della Biblioteca Gambalunga. L’orario è tattico: la durata è contenuta e chi ha bisogno di digerire può farsi una dormita, chi invece vuol seguire se la farà subito dopo… Veniamo incontro a tutte le esigenze!
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