di Massimo Pasquinelli *
Ho imparato che si ha memoria di ciò di cui si è fatto esperienza. Memoria non nel senso di conservazione delle informazioni, ma di ricordo vivido, carico di significato, radicato dentro di sé. Ne trovo conferma nel pensare a Luciano Chicchi, ad un anno dalla scomparsa. Come tanti, riminesi e non, ho potuto sperimentare un rapporto intenso con lui, fatto di condivisione di ideali, di battaglie, di preoccupazioni, di affronto comune di problemi complessi, di amicizia. Anni di collaborazione su tante vicende locali. Una vita. Mi sorprende vedere come dodici mesi dopo Luciano Chicchi sia più che mai presente. Ciò in cui ha creduto, ciò che ha fatto, ciò che ha trasmesso attraverso se stesso continua ad essere vivo, attuale, interessante. Sembra quasi di andare controcorrente, a parlare oggi di cose positive, tanto siamo pervasi da un clima sociale in cui si comunica ormai solo ciò che non va, in cui i discorsi che si fanno e le parole che si spendono sembrano porre l’accento unicamente sull’errore, sul limite, sul lamento. Con Chicchi l’interlocuzione riguardava sempre qualcosa che si poteva costruire, un ponte da gettare tra posizioni opposte, un punto di sintesi da trovare. Non per il gusto di far quadrare i conti – Luciano era ben consapevole della pochezza dei tentativi umani -. Ma per la passione di cooperare al bene comune. E attraverso quel metodo dell’ascolto e del dialogo che due eminenti personalità del nostro tempo – il Pontefice ed il Capo dello Stato – non cessano di richiamare. Molto di ciò che oggi abbiamo – penso all’Università, alla Fondazione, alla Fiera, ma gli esempi sarebbero ancora tanti – ha visto Chicchi come protagonista nel corso degli anni. E gliene siamo grati, poiché senza il suo lavoro tenace oggi saremmo più poveri, quantomeno di infrastrutture intermedie. Tuttavia, il dato che ritengo più significativo e attuale è un altro. Riprendendo un’osservazione fatta da Papa Francesco nella sua intervista a Civiltà Cattolica, direi che Luciano è stato attento ai processi più che agli spazi. Avendo fatto politica, era ben conscio dell’importanza di questi ultimi, ma è indubbio che gran parte dei suoi sforzi siano stati dedicati alla creazione di processi. Ed i processi sono caratterizzati soprattutto da complessità e da capacità relazionali, nel senso di spendita di sé, di messa in gioco di quel che si è e di ciò in cui si crede. È più facile gestire spazi, piuttosto che coltivare processi, i quali richiedono fatica, pazienza, perseveranza e fiducia. Tutte qualità che oggi appaiono sempre più rare. Quante persone ha ‘tirato su’, Luciano, quanto tempo ed energie ha investito per creare collegamenti, dialogo, confronto, sempre guidato dalla sua solida fede cristiana. Pensare a Luciano un anno dopo – ed è questo il senso dell’iniziativa che Fondazione, Diocesi ed Uni.Rimini hanno assunto per sabato 23 novembre – è accogliere e rilanciare non tanto quel che ha fatto, ma l’esperienza ed il metodo che ha vissuto, che sono oggi per noi quanto mai attuali e riproponibili”.
*Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
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