di SARA VISINTIN *
La pista ciclabile del Lungomare è diventato il tormentone degli ultimi mesi, tra detrattori e sostenitori. Tanti ne parlano, molti di più se la godono. Ma, dimenticandosi almeno per una volta critiche e polemiche, la nuova ciclabile ha avuto indiscutibilmente un merito: riportare l’attenzione sulla necessità di un’educazione alla mobilità lenta, sulle regole che è necessario rispettare per chi usa la bicicletta e per chi, come gli automobilisti, con le biciclette e i pedoni devono convivere. L’argomento è diventato drammaticamente attuale, visti i tanti gravi incidenti che si sono registrati negli ultimi giorni e che spesso sono la conseguenza di comportamenti scorretti e di una scarsa educazione stradale.
Ci sono delle regole e in pochi le rispettano, come è un po’ tradizione dell’italian style. Non è un caso che il nostro paese sia uno di quelli con la maggiore incidentalità d’Europa. Nelle maggiori aree urbane circa i 2/3 delle vittime di incidenti stradali sono costituiti da utenti deboli (pedoni e ciclisti) e da conducenti di motocicli. Analizzando gli incidenti che hanno coinvolto i pedoni, risulta una preponderanza degli anziani tra le vittime. E basta leggere il “bollettino” degli incidenti degli ultimi giorni per capire che Rimini non fa eccezione.
Per questo, se vogliamo potenziare una mobilità sostenibile e rendere le città più a misura di uomo e di bici, dobbiamo iniziare a cambiare mentalità. Una battaglia sul modello di mobilità sostenibile che da un lato punta sulle infrastrutture e sugli investimenti di integrazione tra ciclabili, bike sharing e TPL, ma dall’altro ci impone scelte forti di riorganizzazione della mobilità a partire da nuove regole per invertire la gerarchia dei soggetti che si muovono sulle nostre strade. Prima di tutto pensare a pedoni e ciclisti, alla loro libera circolazione in totale sicurezza e alla trasformazione delle strade urbane introducendo limiti di velocità. È grave che ancora oggi non vengano riconosciuti come incidenti sul lavoro gli incidenti in itinere per chi usa la bicicletta negli spostamenti casa-lavoro. Questo a dimostrazione di come in questo Paese il cambio culturale debba ancora avvenire.
È chiaro che ciascuno – pedoni, ciclisti, automobilisti – deve rispettare regole comportamentali che assicurino a tutti il minor rischio possibile: se questo avvenisse non dovremmo fare i conti con dati come l’elevato numero di macchine per abitante e un pessimo livello della qualità dell’aria che oggi non tocca solo le grandi metropoli, ma anche centri urbani medio piccoli.
Il solco è quello segnato dal progetto regionale presentato sabato mattina dalle associazioni. Una campagna comunicativa che promuove uno slogan per ogni utente della strada legato alle buone pratiche: “fatti notare” per i ciclisti, “scegli le strisce” per i pedoni e “guida morbido” per gli automobilisti. Un’occasione anche per rilanciare il tema delle zone 30 su cui l’amministrazione comunale ha deciso di puntare, non solo sul Lungomare, ma in prospettiva anche in alcune aree del centro storico. La “strategia delle zone 30” è una delle strade per prevenire incidenti gravi causati dall’eccessiva velocità, ridurre l’inquinamento acustico e ambientale e consentire ai cittadini di godere della propria città, convivendo con le auto. Già in diversi parti d’Europa le zone 30 sono una realtà, con risultati concreti in termini di riduzione degli incidenti e di contrasto all’inquinamento ambientale.
Questa è una vera e propria battaglia di civiltà che diviene elemento centrale nella riorganizzazione della mobilità in un’ottica di sostenibilità non solo ambientale, che deve essere assunta da tutti per evitare che ci sia chi si sente autorizzato a sfrecciare sulle nostre strade rischiando di uccidere.
* Assessore all’Ambiente del Comune di Rimini