di ALBERTO BIONDI
Si sa, i cattivi hanno fascino. L’antagonista possiede sempre quell’aria da lupo delle favole che ci attrae e ci respinge, ci inganna e poi ci intrappola. Se al Bene associamo l’ordine, la legge, l’equilibrio, il Male è da sempre caos e seduzione. Vi dice niente un serpente in un bel giardino?
Aveva ragione Aristotele: l’arte e la letteratura nascono da un conflitto, da una tensione tra poli opposti e antitetici. Le migliori storie, dai libri al cinema passando per il teatro, sono quelle in cui i malvagi riescono a mostrare tutto lo spettro delle loro contraddizioni. Quando poi è il cattivo a diventare protagonista, il gioco è fatto; unite quel genio assoluto di William Shakespeare e avrete un capolavoro.
Si è appena conclusa la tappa cesenate di “RIII – Riccardo Terzo”, lo spettacolo diretto e interpretato da Alessandro Gassman che, dopo il Bonci, arriverà al Teatro Novelli di Rimini (11-13 febbraio). Tra le opere del Bardo, Riccardo III è il dramma che più sfrutta il fascino sanguinoso e distorto del Male. Il grido “Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!” ha guadagnato il suo posto d’onore nella classifica delle citazioni più famose di tutti i tempi e quasi sempre è l’unica battuta della tragedia che si ricordi. Senza scendere troppo nei ghirigori della trama, basti sapere che narra l’ascesa al trono di Riccardo III di York, il deforme usurpatore magistralmente interpretato da Gassman, che dopo una lunga catena di assassinii cingerà sul capo la corona d’Inghilterra. Leggiamo nelle note di regia: “Ho sempre avuto nei riguardi del Bardo, forse per l’incombenza di gigantesche ombre familiari, un certo distacco, un approccio timoroso” scrive Gassman, che sul palco incarna un “mostro” cimiteriale, quasi un Frankenstein di oltre due metri d’altezza. Non deve esser facile per un attore della sua statura e fisicità interpretare il ruolo di uno storpio, come la tradizione ha da secoli caratterizzato il personaggio di Riccardo, ma Gassman riesce nell’impresa regalando agli spettatori una figura spaventosa e grottesca assieme.
Il trucco dei personaggi che cadono vittime della furia omicida di Riccardo richiama le marionette di Tim Burton, pallide e dagli occhi cerchiati di nero; una soluzione registica ben riuscita, che simboleggia perfettamente il loro essere cadaveri ambulanti. La compagnia di attori scelti da Gassman è formidabile, primo fra tutti Manrico Gammarota nei panni di Tyrrel, il fosco sicario che in un monologo mozzafiato s’interroga sulla natura della coscienza e delle proprie azioni. Particolarmente bravi anche Sergio Meogrossi nel ruolo di Buckingham e Paila Pavese, la Duchessa di York madre di Riccardo, che spicca sulle altre attrici per la spontaneità della recitazione. L’adattamento, curato da Vittorio Trevisan, ha svecchiato il testo smussando gli arcaismi senza con questo stravolgere il lirismo shakespeariano. Una vera ordalia drammaturgica se si considera che dieci attori condensano le battute di quaranta personaggi del copione originale.
I costumi mescolano abiti medievali a capi più moderni, senza che l’armonia scenica ne risenta. I militari in divisa da gerarchi nazisti non stonano con l’atmosfera gotica che Gassman ha voluto tinteggiare, avvalendosi non solo di belle scenografie, ma anche di proiettori che di volta in volta creano i diversi ambienti: la sala del trono, la Torre di Londra, un bosco in inverno, la neve di notte. Lungi dal soffocare lo spettatore, la tecnologia offre al palcoscenico possibilità infinite, come evocare un volo di fantasmi, il furore di una battaglia, nascondere e svelare porte, arcate, colonnati. “RIII – Riccardo Terzo” è un incanto visivo che saprà coinvolgere anche chi di solito non digerisce Shakespeare, proprio perché la magia del teatro si unisce alla spettacolarità del cinema. L’opera, degna di rivaleggiare con Quentin Tarantino per spargimento di sangue, è più che mai attuale: il mondo ha conosciuto e conoscerà sempre altri Riccardi, disposti a tutto pur di conquistarsi la propria corona. Perché come sottolinea Alessandro Gassman: “Il nostro Riccardo, col suo violento furore, la sua feroce brama di potere, la sua follia omicida, la sua “diversità” dovrà colpire al cuore, emozionare e coinvolgere il pubblico di oggi (mi auguro in gran parte formato da giovani), trasportandolo in un viaggio affascinante e tragico attraverso le pieghe oscure dell’inconscio e nelle “deformità” congenite dell’animo umano”. Ai cattivi nessuno sa resistere.
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