Riceviamo e pubblichiamo l’ampio intervento dell’On. Emma Petitti (Pd) in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne che si celebra oggi in tutto il mondo e che a Rimini vedrà sfilare un corteo sabato 29 novembre con ritrovo alle 14,30 alla Casa delle Donne in piazza Cavour.
Il ripetersi con frequenza di delitti che hanno come vittime le donne dimostra che nonostante gli sforzi di questi anni ci troviamo ancora al centro di una emergenza che affonda le sue radici nella cultura diffusa e nelle disparità di potere tra uomini e donne. La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non deve essere una mera ricorrenza, ma un importante momento di riflessione sulla condizione della donna e una ferma denuncia nei confronti di qualsiasi forma di violenza. La ratifica della Convenzione di Istanbul è stato uno dei primi atti del Parlamento in questa legislatura, a cui è seguita l’approvazione della legge cosiddetta sul femminicidio. Eppure l’Italia resta tra le nazioni europee con gli indicatori peggiori per la condizione femminile. Il 2013 è stato un anno pesante: il Rapporto Eures sul femminicidio in Italia conta 179 donne uccise, il 70% in famiglia e il 92,4% per mano di un uomo. Una su sei uccisa dopo la decisione di lasciare il proprio partner. Una su dieci era una collega o una dipendente del suo assassino.
Mentre la ricerca “Rosa Shocking – Violenza, stereotipi e altre questioni del genere” presentata alla Camera e realizzata da WeWorld Intervita per ipsos racconta che per un italiano su tre la violenza domestica sulle donne è un fatto privato, che si risolve in famiglia. Per uno su cinque è accettabile denigrare una donna con uno sfottò a sfondo sessuale. Uno su 10 pensa che se le donne non indossassero abiti provocanti non subirebbero violenza. Uno su 4 è convinto che se una donna resta con il marito che la picchia, diventa lei stessa colpevole.
In Emilia Romagna sono tredici i centri antiviolenza e dal 1° gennaio al 31 ottobre scorso hanno accolto 2.867 donne. La sola ‘Rompi il Silenzio’, che si occupa a Rimini di assistenza alle donne vittime di violenza, ne ha seguite ad oggi 173, in linea con lo scorso anno.
Affrontarle la violenza sulle donne significa mettere in discussione stereotipi e luoghi comuni e promuovere una relazione diversa tra i generi, un modo diverso di concepire i rapporti tra uomini e donne, nella vita pubblica e privata. Con la Convenzione di Istanbul, per la prima volta, la violenza sulle donne è stata definita una violazione dei diritti umani fondamentali, si è indicata la strategia per la prevenzione, l’accoglienza delle donne, la punizione del colpevole. Si fissa l’obiettivo di costruire una rete territoriale attraverso il coinvolgimento di tanti soggetti e la valorizzazione delle politiche migliori.
Come affermato anche in occasione della visita della presidente della Camera Laura Boldrini alla Casa delle Donne di Rimini nei mesi scorsi, ora dobbiamo lavorare con forza per dare attuazione a questi impegni e per monitorare costantemente i problemi aperti e i risultati raggiunti. Potenziare il lavoro dei centri antiviolenza è imprescindibile. Il piano Nazionale antiviolenza, previsto dalla Legge sul femminicidio ma non ancora approvato, sarebbe uno strumento per costruire, con i centri antiviolenze e le case rifugio, una seria politica di contrasto al fenomeno, sul piano degli aiuti materiali per le donne vittime e soprattutto in termini di diffusione di una cultura fondata sul rispetto e sulla parità. Ma vi sono ancora ritardi che vanno colmati.
Occorre agire per finanziare i centri antiviolenza, per inasprire pene e controlli, per valutare l’impatto di genere della politiche pubbliche, ma soprattutto per produrre un cambiamento profondo di contesto culturale, mentalità, abitudini e sistemi di potere che sono oggi maschilisti e discriminatori. Dobbiamo agire per migliorare le effettive condizioni di vita e di lavoro delle donne per consentire davvero libertà, autonomia e autodeterminazione facilitando l’accesso a lavoro e carriera, ridisegnando il welfare, partendo dalle persone, e dalle persone che lavorano, agendo quindi su servizi, conciliazione e condivisione dei tempi privati e di lavoro.
Bisogna insegnare il valore positivo delle differenze ai bambini, formare insegnanti ed operatori, fare della scuola il primo centro di prevenzione alla violenza di genere (in parlamento abbiamo di recente depositato una proposta di legge per l’introduzione dell’insegnamento della non violenza e del rispetto della parità), lavorare affinché anche i media si pongano il tema di una comunicazione rispettosa della dignità delle donne.
Sabato 29 novembre sarò anche io alla marcia contro la violenza alle donne “E’ per te”, promossa a Rimini dall’amministrazione comunale e dalle associazioni. Serve uno sforzo politico e culturale, lavorare dentro e fuori le istituzioni per promuovere una nuova cultura fondata sul rispetto, sulla libertà e sull’autonomia femminile”.