di SIMONA CENCI
Alla presentazione del ventunesimo Rapporto Economico della provincia di Rimini 2014/2015, a cura della Camera di Commercio di Rimini e della Fondazione Carim, tenutasi lo scorso 30 marzo, il tavolo dei relatori ha praticamente voluto dichiarare guerra alla “rendita” vista come il male di questo periodo e frutto di un modello economico-sociale che deve essere superato se si vuole uscire dalla crisi e se si vuole fare ripartire l’economia per noi e i nostri figli. Tra i relatori anche l’economista Stefano Zamagni (foto) che ha colto l’occasione per ribadire la propria visione. L’innovazione – ha detto – è fondamentale, così come è determinante lasciarsi alle spalle l’organizzazione del lavoro di tipo tayloristico, dove la mente pensante è solo al vertice dell’organizzazione stessa, quando invece tutti coloro che ne fanno parte devono dare il proprio apporto di conoscenza, di cultura e di idee. Ci sono imprenditori innovatori e imprenditori imitatori, questi ultimi vivono di rendita a scapito del profitto, ha affermato l’economista.
La proposta di Zamagni per far ripartire l’economia inizierebbe da quello che lui chiama il “patto dei produttori” che si riassume quindi nei seguenti punti: critica costruttiva, cambiando quella che è la critica distruttiva e denigratoria tipica dei riminesi nei confronti di chiunque abbia un’idea che viene aggredita senza proporre un’alternativa; lotta alla rendita, di qualunque rendita si tratti: immobiliare, finanziaria, patrimoniale. La rendita è improduttiva per definizione, toglie risorse a profitto e salario; superamento della carenza di specifiche competenze manageriali. Il management è ancora quello del modello taylorista, quello degli specialisti che organizzano il lavoro e delle mansioni specializzate degli operai, e quindi obsoleto; deve essere superato e qui si inserisce il coinvolgimento dell’università nell’impresa per la creazione di una nuova classe manageriale; la società civile deve ricominciare ad avere voce in capitolo, come per esempio nel caso del piano strategico, che costituisce un modello di partecipazione alla vita politica e sociale dal basso, dalla base o come si dice “bottom-up”.