Mentre a terra si elaborano le strategie turistiche per gli anni a venire, con il sindaco Andrea Gnassi che racconta al mondo la sua idea di Rimini umanistica nell’urbanistica, a poche onde dalla sabbia trivellle generate da menti intelligenti stanno sondando i fondali marini in cerca di idro-carburi. Altro che energie rinnovabili. Altro che energia pulita. Basterebbe poco e addio vita in Adriatico, prima ancora che secchielli ed ombrelloni, passando per la pelle ambrata. Gli operatori turistici sono tutti contrari. Il parlamentare del Pd, Tiziano Arlotti è sulla stessa lunghezza d’onda: un no secco e perentorio. “Là fanno buche, così seppelliscono i turisti e sono a posto; anzi, siamo a posto”. La battuta nel più stile della garbata cultura italica, altro che anglosassone, è di Angelo Serra, presidente degli albergatori in quel di Gabicce Mare. Continua: “E’ il contro senso dell’economia. Come centro turistico dovremmo salvaguardare l’Adriatico, con le trivellazioni si rischia di arrecare danno al nostro mare. Non so se c’è qualcosa da fare; ci si può provare. Ma a fare le trivellazioni è gente che conta e in questo bendetto Paese fermare quelli che contano quando sbagliano è difficile. Inoltre, l’opinione pubblica non se ne sta neppure occupando; ne sono all’oscuro anche gli addetti ai lavori del comparto del turismo. Nella gente invece noto della rassegnazione; pensano, a torto, che con il loro comportamento, è impossibile deviare il flusso dei fatti. E’ difficile quantificare il danno che le trivellazioni possono arrecare. Ma è notevole senza se e senza ma. Abbiamo una cosa bella e cerchiamo di distruggerla; il rischio è che il nostro turismo possa morire”. Dello stesso punto di vista Patrizia Rinaldis, presidente degli albergatori a Rimini. E’ appena tornata dalla Cambogia per la onlus “Goccia per il mondo” di Sergio Casbianca di Vergiano: “Non si capiscono le trivellazioni in una fascia turistica di pregio come la nostra. Tra l’altro l’Emilia Romagna è una delle poche regioni ad aver detto di sì”.
Intanto, nella vicina Pesaro è nato il comitato Trivelle Zero Pesaro; con l’obbiettivo ambizioso di fermare le trivelle che sono un metodo di ricerca di energia fossile di scarsa qualità ed entità. “Nel mondo – argomentano quelli del Comitato – si chiede d’investire in energie alternative per ridurre l’emissione di CO2 che porta l’intero pianeta al surriscaldamento. Il governo Renzi ha chiesto in gran fretta di appoggiare il decreto “Sblocca Italia”. Con questo decreto si mette in discussione tutto quello che riguarda la nostra salute, la scelta del nostro modo di vivere e di come vivere, saccheggiando e sfruttando il nostro territorio e la democrazia, perché viene fatto senza chiedere il parere delle persone, anzi senza nemmeno rendere noto il contenuto. Probabilmente l’intento del premier Renzi è quello di stancare le persone con una cattiva politica per non portarle nemmeno più a votare, tanto il pensiero comune è diventato che non serve ribellarsi, decidono tutto loro e continueranno a decidere alle nostre spalle. Ed è qui che il comitato ha voluto innescare la lotta, fatta principalmente d’informazione. Lo Sblocca Italia in realtà è uno strumento per concedere, semplificando le pratiche, alle multinazionali petrolifere, di avere le licenze per perforare i nostri mari e la nostra terra. La democrazia è stata tolta anche alle Regioni, alle Provincie, ai Comuni, perché la decisione passerà solo attraverso il Governo nazionale, anche se quelli governati dal Pd avevano votato a favore dello Sblocca Italia”.
“Anche molti di quelli che hanno richiesto un referendum continuano gli aderenti al Comitato – sono gli stessi che hanno votato in precedenza per lo Sblocca Italia, ci viene da pensare che: o non hanno letto quello che hanno votato, o che il referendum sia costruito in modo tale non garantire il risultato. Per trivellare, verrà usato un sistema di fratturazione idraulica “Fracking”, che consiste nel perforare le zone che possono contenere i giacimenti di gas naturale e successivamente iniettare un getto ad alta pressione di acqua mista a sabbia e prodotti chimici che per reazione fanno risalire l’emissione dei gas in superficie. Queste sostanze chimiche sono potenzialmente dannose per la salute perché solo l’80% del liquido iniettato risale in superficie il resto rimane nel sottosuolo. L’altro pericolo è la possibilità di correlazione con le scosse di terremoto. Un caso spesso citato è quello del 6 novembre 2011, quando lo stato Americano dell’Oklahama è stato colpito da terremoto di magnitudo 5.7 dopo aver perforato con il sistema Fracking. Ad oggi il 22% del territorio della regione Marche e 450.000 ettari di costa sono mira delle lobby petrolifere. Solo nel tratto tra Ancona e Rimini ci saranno 8 piattaforme. Già con le prove di ricerca verranno danneggiati: la pesca, la fauna e la flora, la qualità dell’acqua e quindi il turismo, e per l’entroterra l’agricoltura. La nostra salute non è in vendita, vogliamo avere la possibilità di decidere quali energie utilizzare e vorremmo chiedere al premier Renzi come può presentarsi a Parigi il 30 novembre per un accordo sul clima e nello stesso tempo concedere alle multinazionali petrolifere di ridurre l’Italia un colabrodo. Siamo sicuri che il gioco vale la candela? In questi giorni la Slovenia e la Croazia ha vietato le trivellazioni nel loro territorio, noi dovremmo solo copiare”.