Per i gestori delle spiagge italiane dal Lussemburgo arriva una brutta notizia: le concessioni sulle spiagge vanno messe a gara e il rinnovo automatico concesso dal Governo italiano, senza gara, prima fino al 2012 e poi estesa fino al 2020 va contro il diritto dell’Unione. La Corte di giustizia dell’Unione europea, che come ruolo istituzionale ha proprio quello di garantire che il diritto dell’UE venga interpretato e applicato allo stesso modo in ogni paese europeo, chiude un dibattito che da anni si perpetua con la speranza di trovare una soluzione alle legittime aspettative degli imprenditori balneari. Le aste dovranno essere “imparziali, trasparenti e adeguatamente pubblicizzate”.
Il primo a commentare la notizia è il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi: “Non si può certo dire che quella della corte di Giustizia Europea sia stata una decisione inaspettata. I segnali, le avvisaglie, sono state innumerevoli. Adesso ci troviamo più o meno nella condizione di 7 anni fa ma con una differenza: la sentenza della Corte di Giustizia Europea ha ufficialmente fermato l’orologio e adesso dobbiamo rincorrere il tempo. Lo si sta facendo a due livelli. Il primo, a livello centrale, vede il Governo già in commissione bilancio per un decreto legge (per la cui stesura hanno contribuito attivamente Enti locali, Anci e parlamentari riminesi) che renda valide e efficaci le concessioni balneari almeno fino al riordino e alla revisione dell’intera materia attraverso una legge delega, comunque entro il 31 dicembre 2017. Con questo provvedimento, il Governo si prenderà tempo per emanare una serie di modalità per l’attribuzione delle concessioni che, per quanto ci riguarda, non può prescindere da alcuni criteri: limiti minimi e massimi di durata delle concessioni; valore commerciale dell’azienda, derivante dagli investimenti effettuati; riconoscimento della capacità tecnica dimostrata e della professionalità acquisita; individuazione di un numero massimo di concessioni di cui un soggetto economico possa essere titolare; puntuale definizione delle cause di decadenza o revoca; facoltà di rinegoziazione del titolo concessorio, per l’esecuzione di investimenti da effettuarsi anche in forma associata; facoltà per gli Enti locali di forme di premialità per soggetti e imprese che intendano investire, anche in forma aggregata e associata, in progetti di riqualificazione dell’area, coerentemente con le previsioni degli strumenti urbanistici e di pianificazione strategica”.
“Dal punto di vista tecnico – dice invece il presidente di Oasiconfartigianato Giorgio Mussoni (foto) – faremo nei prossimi giorni ulteriori approfondimenti sulla sentenza. Al di là della sostanziale bocciatura della proroga al 2020, da subito possiamo affermare che anche per i contenuti della sentenza stessa, e delle sue importanti aperture, sia giunto il momento per l’Italia di dotarsi di una seria legge di uso del Demanio. In questi giorni al Parlamento se ne stanno gettando i principi fondanti attraverso una delega al Governo. Occorre dare concretezza a questi principi, occorre farlo in tempi brevi. Non ci sono più motivi per ritardare l’avvio della riforma e di farlo con il contributo determinante delle rappresentanze delle imprese. Le numerosissime aziende che operano sul demanio lo chiedono da anni e aspettano da tempo di poter rilanciare gli investimenti per alzare ulteriormente la qualità e la quantità dei servizi nel rispetto di una tradizione e di una specificità che hanno fatto del turismo balneare una delle punte di diamante del turismo italiano e che chiedono con forza gli sia riconosciuta. Oasi Confartigianato fin dagli albori della vertenza ha sempre ritenuto che la soluzione esistesse e le aperture presenti nella sentenza della Corte paiono confermare questa posizione. Ci sarà un lungo lavoro da fare, questo spetterà al Governo e le Associazioni daranno come sempre un contributo costruttivo”.
Per Marco Affronte europarlamentare riminese del Movimento 5 Stelle la sentenza “è una punizione severissima che punisce una politica miope, pavida e indecisa. Dieci anni di ambiguità a caccia dei voti di voti hanno prodotto questo risultato. Un risultato che – comunque vada – sarà un insuccesso garantito. Sarà un insuccesso” – spiegano Affronte, la Deputata Giulia Sarti e la Consigliera Regionale Raffaella Sensoli – “perché la non-gestione della vicenda delle concessioni balneari ha creato una fortissima spaccatura fra chi le spiagge le aveva e chi no. Fra chi ne ha goduto e chi non ha potuto farlo. L’incertezza di questi lunghi anni, fra il recepimento della Direttiva e oggi, ha comunque penalizzato tutto il settore. Non sapremo mai quante imprese non sono partite, quanti investimenti non sono stati fatti, quante nuove attività sono morte sul nascere e quanta economia sia stata bloccata in attesa di sapere che fare. E’ incalcolabile. Sono anni che si parla di politica del doppio binario, ma il Governo ha preferito temporeggiare e sperare che passasse la nottata. Ma la nottata non poteva passare, perché ci sono delle Direttive da rispettare e la Corte UE lo ha ribadito. Le Direttive non sono il Diavolo, sono state create con l’apporto anche dei politici italiani, non scordiamolo. E possono anche essere un’opportunità. Sarebbe anche il caso di capire che i cittadini non sono solo i bagnini, che hanno fatto sentire forte le proprie ragioni, ma anche quelli che bagnini lo vorrebbero diventare ma che in un mercato bloccato non possono entrare. Senza mai dimenticare quelli che vorrebbero una fruizione più libera della spiaggia. Quindi è il caso di rendersi conto che, adesso, il lavoro da fare è un altro: si deve pensare a come applicare la Direttiva Bolkestein nella maniera più giusta ed equilibrata, per far sì che il turismo balneare non ne risenta e per liberare nuove energie positive. Dobbiamo vigilare perché ad essere tutelate siano le microimprese che hanno sempre caratterizzato l’imprenditoria del settore in Italia, evitando la concentrazione di concessioni nelle mani di multi-nazionali o cartelli appositamente creati (dove, fra l’altro, c’è preoccupazione per le possibili infiltrazioni di criminalità organizzata) e dobbiamo avere un occhio di riguardo per quelle attività che favoriscano la sostenibilità ambientale. La maniera nella quale saranno scritti i bandi è assolutamente decisiva ed essenziale” – concludono i pentastellati.
Legacoop Romagna, a nome delle 14 cooperative di bagnini che operano sul litorale da Ravenna a Rimini, chiede alle istituzioni di fare presto, dopo che la sentenza della Corte di Giustizia Europea ha dichiarato illegittima la proroga automatica delle concessioni demaniali fino al 2020.
Purtroppo si tratta di un esito lungamento atteso, ragione in più per accelerare in direzione di una normativa nazionale che preservi il modello balneare che conosciamo e ponga le condizioni per un suo sviluppo. I cooperatori di Legacoop Romagna chiedono che vengano riconosciuti la professionalità dei gestori, il valore delle imprese, la capacità di aggregazione dell’offerta e un congruo periodo transitorio in grado di consentire alle imprese balneari di giungere alla legge di riordino del settore.
Per concludere, è bene ricordare l’impatto sulla finanza pubblica. Lo Stato italiano incassa ogni anno dai canoni del demanio marittimo una cifra di poco superiore ai 100 milioni di euro a fronte un giro d’affari stimato, prudenzialmente, in 2 miliardi di euro annui (alcune stime parlano del doppio). Dunque pari allo zero virgola zero … (d.c.)