Bernabé: “E’ quel modello romagnolo dell’acqua, integrato e capace di assicurare ai cittadini, oltre a una gestione industriale ottimale, un approvvigionamento idrico di elevata qualità”
Dalle botti con l’acqua nei centri storci della Valconca e Valmarecchia, fino alle docce interrotte per i malcapitati bagnanti. Poi, dalla metà degli anni Novanta, acqua in abbondanza. E per giunta anche buona. Anzi, buonissima. Tutto questo grazie a Romagna Acque e alla diga di Ridracoli. La sua idea risale a 50 anni fa, al 1966. E’ stata celebrata questa ricorrenza lo scorso 22 aprile nella bellezza della Sala del Giudizio all’interno del Museo della Città, il più importante della Romagna. Ospiti: il presidente riminese Tonino Bernabè, l’ex sindaco di Rimini Giuseppe Chicchi, Alberto Malfitano (autore del libro “Il governo dell’acqua. Romagna Acque-Società delle Fonti dalle origini a oggi 1966-2016”, Edizioni il Mulino). “C’erano problemi idrici in collina, problemi in pianura – ha detto con la sua solita precisione ed eleganza Giuseppe Chicchi, già sindaco di Rimini, già assessore regionale, già parlamentare – con la Regione Emilia Romagna che sosteneva a botte di 20-30 miliardi di lire un progetto già partito ma faraonico. Perché Romagna Acqua fu così veloce? “Perché Walter Ceccaroni, sindaco di Rimini la sostenne con difficoltà e polemiche, con durezza e determinazione. La Regione capì che era un paradigma istituzionale. Agli inizi degli anni ’80 cercava ancora la sua funzione in una regione policentrica. Le 12-14 città importanti dell’Emilia Romagna ognuna produceva una propria visione. Una propria soluzione dei problemi. La Regione è soggetto erogatore di risorse nelle grandi operazioni di sistemi complessi. Nelle politiche ambientali c’erano problemi che richiedevano operazioni di sistema. Da sindaco devo tutelare la conoide del Marecchia, per potenzialità idrica importante quanto Ridracoli. C’è un problema economico; ci furono discussioni accese. Contestiamo i bilanci di Romagna Acque sugli ammortamenti. Teniamo la barra dritta perché volevamo vedere bene quello che succedeva”.
“Una figura che qui merita un ricordo è Giorgio Zanniboni [presidente dal 1979 al 1990, ndr], per anni presidente di Romagna Acque. Aveva un caratteraccio. Aveva una determinazione difficile da affrontare con un profilo umano tenero. Come assessore regionale mi fermavo a Forlì dove era sindaco e al primo piano del palazzo comunale ospitava un senza tetto. Lui con la sua prepotenza, pervicacia e determinazione è stato fondamentale per quest’opera”. “Romagna Acque – afferma Tonino Bernabé, il presidente: rappresenta quel modello romagnolo
dell’acqua, integrato e capace di assicurare ai cittadini, oltre a una gestione industriale ottimale, un approvvigionamento idrico di elevata qualità e sensibile alle esigenze dell’ambiente, con cui interagisce e che lo garantisce. Quest’opera deve proseguire guardando avanti. Deve proseguire con grande determinazione e infaticabile laboriosità, integrando aspetti di grande interesse per un prossimo futuro segnato dalla capacità di dare risposte tempestive all’impoverimento delle risorse, alle criticità ambientali crescenti e alla conservazione del territorio”.
La storia con le tappe più significative
1966. Nasce il Consorzio per la costruzione della Diga di Ridracoli. L’avvio fu faticosissimo. Molti comuni di Rimini Sud (Riccione, Misano, Cattolica, Coriano, San Giovanni, Morciano) escono. Nel 1971, partono i lavori per lo sbarramento sul Conca
1975. Partono i lavori. Spesa prevista 100 miliardi di lire.
1982. Diga completata. Speso 150 miliardi di lire. Ora c’erano da fare gli acquedotti.
1987. Ora c’erano da fare gli acquedotti. Il costo finale dell’opera fu di 570 miliardi di lire: 150 per la diga, 80 le gallerie, 9 centrale idroelettrica, 45 impianto di potabilizzazione, 12 centro operativo, 72 condotta principale, 15 vasche di carico Monte Casale, 160 rete di distribuzione, 19 sistemazioni forestali e idrauliche.
1994. Il Consorzio viene trasformato in Società per azioni