– Stefano Vitali è stato l’ultimo presidente della Provincia di Rimini. Ha abbracciato la comunità e la bellezza del progetto costruito da don Benzi. Ha una casa famiglia composta da 8 persone. L’ha aperta nell’89; da allora ha accolto 140 vite. E’ fuori dalla politica, ma gli piacerebbe molto rientrarvi.
Lei e la politica?
“Come quando due persone si lasciano ma sono ancora innamorate. Si separano senza un apparente perché; successivamente però si ritrovano. Ma non basta l’amore di uno. C’è il dispiacere da parte mia perché credo che ci sia bisogno di esperienza, di sensibilità particolari. Anche se so che oggi governare è diventato difficilissimo. La mattina ti alzi e senza perché ti arriva un avviso di garanzia; oppure ti vengono a prendere. Oramai è tutto senza confini. Per chi amministra ricevere avvisi di garanzia è la normalità. In questo modo è difficile prendersi delle responsabilità. Dovessi ricominciare farei fatica”.
Dal suo punto di vista perché la magistratura è così attiva?
“Quando la politica è debole, gli altri poteri dello Stato vengono fuori. Sono d’accordo che ci sono situazioni che vanno messo sotto controllo, tipo colui che prende le tangenti. Ma la politica è anche eredità; nel senso che porti avanti provvedimenti decisi da altri. E allora è ancora più arduo. E nessuno ha mai pensato a questo aspetto qua”.
A che cosa si riferisce?
“Nel mio caso all’aeroporto, alla fiera. Non è normale che il Comune di Rimini sia il proprietario del 40% dello scalo, del 30% della Fiera, del 30% del Palas. Vuol dire che una società che punta al turismo non può lasciare questo peso solo al pubblico. Io ho ricevuto un avviso di garanzia sulla questione aeroporto nel 2013, ma che cosa centro? Le regole del gioco sono iniziate a cambiare nel 2009, quando è venuto fuori che un’azienda pubblica dopo tre anni di rosso non andava più sostenuta con soldi pubblici. E’ chiaro che un territorio come il nostro fa fatica a non intervenire sull’aeroporto”.
Quanto manca la politica vera alla nostra comunità?
”C’è bisogno di buona politica; questo è evidente. Il rapporto con i cittadini può anche essere diverso, però la sintesi economica e sociale si fa attraverso la bellezza del fare politica”.
Si dice che i migliori non facciano politica, che dice?
“Non lo dovrebbe chiedere a me. Nel partito, anche per responsabilità mie, non sono mai stato molto amato. Però quando hai un ruolo come amministratore è anche difficoltoso frequentarlo. Personalmente mi sono sempre più appassionato con i problemi e le sfide del fare amministrativo che con la vita politica”.
Dove si colloca in questo Pd assurdamente litigioso?
“Mai avuto un collocamento di corrente. Ho sempre optato per un progetto migliore; almeno ritenuto così da me. Penso che il Pd debba avere tanti cuori, che debba saper parlare alla gente e non solo a qualcuno. Ho votato prima Bersani e poi Renzi. Credo che non sia un problema di correnti, ma di capire dove andare e come arrivarci”.
Che fare?
“Che si faccia il congresso subito; poi chi vuole fare altre scelte, le faccia. La storia afferma che chi si stacca non ha poi avuto un peso numerico. La politica non può essere una sommatoria di voti. Non perdi causa le scissioni; si vince con un’idea di Paese. Chi si ricorda più di Rifondazione comunista?”.
I meno fortunati sembrano siano abbandonati. Lei fa parte della papa Giovanni. E’ in trincea, che dice?
“Non è vero in assoluto. Se la politica non ascolta, non riesce a dare le risposte. La Dc aveva in sé una grandissima regola: la formazione politica. Non c’erano dirigenti senza preparazione. E c’era anche uno spirito vocazionale. E questo innalzava la qualità. La chiesa si è chiamata fuori dalla politica nel 1992 ed ancora non è stato elaborato il lutto. Però il livello si è abbassato. Ora si dice che la politica è sporca, così tutti si sono ramificati nella pre-politica, cioè negli enti che dipendono dalle pubbliche amministrazioni. Una volta era il contrario. Se non si immettono forze nuove, sarà peggio. Però senza inventarsi amministratori”.
Lei fece una filippica contro gli evasori, che dire su questo peccato?
“L’ho fatto nei tempi di crisi economica, quando a pagare è sempre la parte debole della comunità. Era difendere le cose giuste ed una mia convinzione”.
Che dice di Gnassi?
“Lo conosco dal ‘99. E’ oggettivamente uno che ama Rimini, a volte anche visceralmente. L’approccia così e la vuole vedere sempre più bella e efficiente. Ha rimesso in moto la città, dandole orgoglio e senso di appartenenza. Ha spuntato gli artigli a quelli del mattone”.