Carlo Pagnini ringrazia i pesaresi
Il poeta Carlo Pagnini ringrazia Pesaro, declamando alla sua maniera l’«Invocazion» a San Terenzio. Poi converge su «Abbasso i critici», nel tributo a Pasqualon. Del resto la piastra in acciaio di Terenzio Pedini, che incastona la poesia «Va’» di Carlo Pagnini, d’ora in avanti campeggerà a pochi passi dal monumento raffigurante Pasqualon. Più che naturale, dunque, l’accostamento in largo Bruno Cesari. Anche se il neonovantenne si schermisce: «Par furtuna ch’in s’è incort che cert rob le s’fa dop mort. S’no ann’avrìa mèi pensèd d’arrivè ma st’risultèd!». «Ma nessuno crede sia un novantenne», osserva Matteo Ricci. Che sottolinea «l’affetto della città per un grande artista, poeta, pesarese autentico. Più di tutti è riuscito a farci capire che il nostro dialetto, che spesso ci fa sorridere, è un pezzo della nostra identità. Una ‘lingua’ che dobbiamo salvaguardare – prosegue il sindaco -. Deve continuare a vivere: nelle forme teatrali, nelle poesie e nella quotidianità. Carlo Pagnini ce l’ha insegnato e ci ha fatto amare la città». Il mattatore prima sale sulla statua di Pasqualon, poi abbraccia tutti: «Voglio bene ai pesaresi di ogni quartiere. Sono miracoli unici». Grande festa con la famiglia, gli amici, gli ex sindaci Amati e Giovanelli, l’assessore Enzo Belloni, il consigliere regionale Andrea Biancani. Oltre a un bel novero di cittadini.