C’erano rappresentanti delle associazioni Caritas Rimini onlus, Papa Giovanni XXIII, della parrocchia San Benedetto di Cattolica, del Centro per le famiglie del Comune e della Diocesi di Rimini, del gruppo di volontari, della Congregazione delle suore missionarie di Cristo, di Comunione Liberazione di Rimini: un gruppo eterogeneo di persone di tutte le età e provenienze, alcune in carcere per la prima volta, attirate dall’opportunità di poter trascorrere un’intera giornata all’interno dei “Casetti” fianco a fianco con le persone recluse, con la rara opportunità di avere accesso alle sezioni dove si trovano le celle, vivendo tutti i momenti che scandiscono la giornata-tipo di una persona detenuta.
Alla prima chiamata di giugno aveva risposto un gruppo più ristretto di persone, segno che la possibilità di guardare il carcere da dentro è una prospettiva che attira non tanto i curiosi del tema e degli spazi reclusi, ma più che altro coloro che vogliono entrare più in sintonia con il contesto e con gli argomenti della vita carceraria che così poco ancora si conoscono, soprattutto da chi ne parla più spesso e volentieri.
LE PRIME IMPRESSIONI
Tra i volontari sono molte le impressioni che sono state condivise con don Nevio, don Matteo Donati della parrocchia di Cattolica e il Vicario generale della Diocesi di Rimini, don Maurizio Fabbri. Da chi ha dimenticato giudizi e pregiudizi trovandosi di fronte a persone di cui non ha voluto conoscere i reati, rispondendo così alla chiamata della sua professione di fede, a chi si è trovato inaspettatamente a confidarsi, a chi invece ha preferito fare domande anche sulle cose più pratiche, come il lavaggio dei vestiti o il funzionamento della spesa personale. A colpire una volontaria è stato quel tempo perlopiù vuoto, quell’assenza di attività o passatempi che rischia di rendere diseducativa la permanenza in carcere e di trasformare quel vuoto in “tempo perso”. Va precisato che giovedì mattina non erano presenti i detenuti quotidianamente impegnati nell’attività di pulizia dei locali dell’istituto, come anche in mensa, lavanderia e nei lavori di manutenzione del fabbricato, ovvero 29 persone, cui va aggiunta una trentina di partecipanti ai corsi di alfabetizzazione, di scuola media e di biennio di base. Senza dimenticare E poi ci sono le altre attività e momenti di confronto e animazione organizzate da parte delle diverse associazioni di volontariato che hanno accesso alla struttura.
Ad attirare un’altra volontaria è stato il bisogno di vedere con i propri occhi se in quel luogo c’era ancora speranza per l’umano, una risposta interiore che ha risuonato come un “sì”. Il momento del pranzo è stato di pura condivisione, fin dalla sua preparazione.
Tra una resistenza e un cenno di timidezza, molte delle persone detenute scese dalle sezioni al termine della giornata trascorsa insieme hanno voluto ringraziare al microfono chi aveva dedicato loro il proprio tempo libero e chi l’aveva resa possibile, in un intercalare di riconoscenza che ha fatto comprendere, oltre alla valenza di iniziative simili, anche la loro efficacia.