Rimini non dimentica e ricorda i suoi Tre Martiri nel 75° anniversario dell’impiccagione ad opera dei nazi-fascisti. Mario Capelli, Luigi Nicolò, Adelio Pagliarani furono trucidati in piazza Giulio Cesare (l’attuale Tre Martiri) il 16 agosto 1944. Le iniziative a ricordo nella serata del 16 agosto, alle ore 21 alla Corte degli Agostiniani in via Cairoli 42, con la premiazione della IX edizione del Premio Vincenzo Mascia.
Alle ore 21.30 si svolge lo spettacolo, organizzato dall’Anpi sezione di Rimini, intitolato “La più selvaggia sete, la più selvaggia fame” . Il Monologo sulla resistenza partigiana in cui Roberto Mercadini evoca una moltitudine rutilante di personaggi e di storie. “Lampi tragici o esilaranti, eroici o ridicoli, teneri o spietati. Perché la Resistenza e ciò che ne seguì, origine e fondamento della nostra Repubblica, fu un groviglio vertiginoso di cose diverse e, spesso, estreme”.
Lo spettacolo, che ha ingresso libero, in caso di maltempo avrà luogo presso il Teatro degli Atti.
Riportiamo la commovente elegia che il grande giornalista riminese Guido Nozzoli (1918 – 2000) dedicò ai tre giovani.
Fu del fiotto di sangue
aggrumato sui vostri panni
che in un giorno accecato
di mezzo agosto
raccogliemmo l’urlo
della vostra agonia,
e nei capestri tesi
che sentimmo il peso
di questa carne nostra
lasciata a guastarsi
in quella desolata morte
penzolante nel sole
Tre volte l’alba,
con il singhiozzo dei galli
e il macinare delle ruote,
scivolò dai tetti
nei vostri occhi spalancati.
Due volte la notte
brancolò tra l’urlo dei treni
e le minacce dei cani
nel vostro sangue spento
L’impiccagione vi tolse
alfine
allo sciame incessante delle mosche?
per restituirvi alla morte
poi rimase un fetido crepuscolo
a sbiadirsi nella polvere secca
su l’orina dei cavalli.
Andammo allora nelle vostre tane
che serbavano ancora
il segno dei vostri piedi scalzi,
vagammo nelle campagne
stordite dall’lito dei fieni,
ma l’estate ci parve vuota
come lo sguardo dei ciechi
E ci fu il cuore solo
a ridarci coraggio
questo piccolo cuore
logorato dalla guerra insonne
e dal giallore delle stoppie
Quando tornammo a voi
(il settembre
era ancora squassato dai cannoni)
l’aria odorava di terra
rimossa dalle macerie,
colavano fili d’erba
dalle macerie delle case.
Non trovammmo0 fiori
nella fossa
no
non trovammo i nomi
tra le dolci menzogne delle lapidi
né un lucignolo inaridito
che avesse raggiato per un’ora
la vostra eterna caduta.
Una croce sbilenca di canna
era la sola pietà.
Come balbettare parole?
Le parole del pane,
del mare, del vento e della strada
non sanno dire la morte
che non ha strada,
né vento, né mare.
Silenzio
solo silenzio
nella siepe dei batticuori.
Gli uomini strinsero i pugni nel saluto
e il sole portò le croci
nelle lacrime azzurre delle madri