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Home Economia

Economia. Il distanziamento sociale è una questione culturale

Redazione di Redazione
12 Luglio 2020
in Economia
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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Tratto da lavoce.info

di Neha Deopa, sta ultimando il suo PhD presso il Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra

e Piergiuseppe Fortunato, docente di politica economica presso l’ Université de Neuchâtel

Molti paesi hanno reagito al Covid-19 con misure volte a ridurre le interazioni sociali. Ma il loro impatto è stato tutt’altro che omogeneo. I dati sulla mobilità in Svizzera ci dicono come determinati tratti culturali possano spiegare le discrepanze.

La diversità tedesca

Una foto scattata il 18 aprile sulle sponde del fiume Isar, a Monaco di Baviera, e postata successivamente su Twitter da Corrado Formigli (https://it.wikipedia.org/wiki/Corrado_Formigli), ha destato scalpore nel nostro paese durante le settimane più buie della lotta al Covid-19. Gruppi di famiglie intenti a prendere il sole, in maniera ordinata e a una adeguata distanza gli uni dagli altri. L’Italia, nel frattempo, era in preda a un crescente stato d’ansia e la grande maggioranza della popolazione cercava di evitare gli altri e i luoghi affollati.

Perché in Germania l’emergenza Covid-19 è stata vissuta in maniera così diversa? Si è trattato semplicemente del risultato di misure relativamente più blande e di minor durata o c’è qualcosa di più profondo che distingue la società tedesca?

La Svizzera, un caso di studio

Per capirlo abbiamo utilizzato i dati sugli spostamenti effettuati da un campione di circa 3 mila cittadini svizzeri fra gennaio e maggio 2020, tracciati grazie a un’applicazione per smartphone e raccolti dall’istituto di ricerca Intervista AG (https://www.intervista.ch/) per conto dell’Ufficio federale di statistica. In virtù della sua varietà linguistica e culturale, la Svizzera rappresenta infatti un caso di studio estremamente interessante per comparare i comportamenti e le scelte di individui di estrazione diversa.

La nostra analisi si incentra su due date particolarmente importanti per lo sviluppo dell’emergenza sanitaria in quel paese. La prima è il 25 febbraio, quando è stato segnalato il primo caso di Covid-19 nel paese. La seconda è il 16 marzo, quando il Consiglio federale ha proclamato il sussistere di una “situazione straordinaria”, chiedendo ai cittadini di restare il più possibile in casa e imponendo la chiusura di tutti i negozi, ristoranti, bar e strutture ricreative fino al 19 aprile, data in cui le misure restrittive hanno cominciato a essere progressivamente abrogate.

Mobilità e identità culturale

Nonostante i provvedimenti adottati siano stati uniformi in tutto il paese, il loro impatto sulla mobilità individuale è stato molto diverso fra i vari cantoni. La Svizzera tedesca, in particolare, ha recepito in misura minore l’invito a “restare a casa” e infatti la riduzione della mobilità è stata marcatamente inferiore nei cantoni tedescofoni rispetto a quella registratasi nel resto del paese. La figura 1 evidenzia questo andamento,comparando gli spostamenti giornalieri avvenuti nei cantoni tedeschi (in rosso) rispetto al resto del paese (in blu) fra inizio gennaio e fine aprile 2020.

L’andamento potrebbe però dipendere da una serie di variabili in qualche modo associate alla matrice linguistico-culturale, come ad esempio la diversa incidenza della pandemia o la qualità delle infrastrutture ospedaliere disponibili. Per fugare i dubbi, abbiamo calcolato le variazioni nel volume degli spostamenti avvenuti rispettivamente nei cantoni tedescofoni e in quelli francofoni dopo l’emergere del virus (il Ticino è stato escluso perché ha adottato misure più restrittive e prolungate rispetto al resto del paese). Abbiamo quindi misurato la differenza fra queste variazioni – la cosiddetta “differenza nelle differenze” – al netto degli effetti di una lunga serie di variabili di controllo (socio-economiche, sanitarie e geografiche). Nella ragionevole ipotesi che senza la varietà linguistico-culturale, i cambiamenti nel volume degli spostamenti sarebbero stati gli stessi nei due gruppi, la differenza fornisce una credibile stima degli effetti dell’identità culturale sulla mobilità.

La figura 2 mostra le nostre stime sull’evolversi della differenza fra la distanza percorsa settimanalmente nella Svizzera tedesca e quella percorsa nei cantoni francofoni. Prima dell’identificazione dei primi casi, durante la nona settimana del 2020, non vi è alcuna differenza significativa tra le due aree linguistiche. Tuttavia, l’effetto della cultura tedesca sulla mobilità diventa visibilmente positivo dopo l’identificazione del primo focolaio svizzero e rimane tale per tutto il periodo di emergenza nazionale.

Figura 2 – Differenza di mobilità tra i cantoni di lingua tedesca e francese. Settimana 9: 24 febbraio – 1° marzo. Settimana 12: 16 marzo – 22 marzo. Data del primo focolaio: 25 febbraio; data di attuazione delle misure federali: 16 marzo.

Perché l’identità culturale è importante

L’evidenza di una risposta significativamente diversa, a seconda dell’area linguistica, a misure adottate in maniera omogenea su tutto il paese suggerisce che le radici culturali possano giocare un ruolo non secondario nel determinarne l’effetto. Il nostro modello empirico ci permette anche di valutare l’impatto di alcuni tratti specifici che caratterizzano la cultura della Svizzera tedesca, come l’elevato grado di fiducia nei comportamenti degli altri e una minore tolleranza per gli interventi dello stato in economia. Entrambi risultano associati positivamente alla variazione di mobilità durante le varie fasi della pandemia.

La figura 3 si concentra su alcuni indicatori dei tratti culturali e mostra, per ognuno di essi, la differenza fra la distanza percorsa settimanalmente nei cantoni che fanno registrare valori superiori alla mediana e quella percorsa nei cantoni con valori al di sotto di tale soglia. Il primo pannello in alto a sinistra, ad esempio, indica come nei cantoni dove il livello di fiducia verso gli altri è elevato, la riduzione della mobilità seguita alla scoperta del primo focolaio in Svizzera sia stata marcatamente inferiore rispetto ai cantoni dove ci si fida meno dei propri concittadini.

Tutto ciò non deve sorprenderci. Se si è convinti che i propri concittadini agiscano in maniera responsabile e rispettino dunque tutte le misure igienico–sanitarie consigliate dalle autorità, tra cui il distanziamento fisico, allora limitare la mobilità diventa uno strumento meno efficace per ridurre la probabilità di contrarre il virus. Di fatto, il distanziamento fisico si sostituisce a quello sociale. Analogamente, in un contesto culturale che mette al centro il successo individuale e tollera poco gli interventi pubblici riequilibratori è lecito attendersi che la popolazione sia più restia a rispettare misure che comportano gravi limitazioni delle libertà personali.

Dunque, l’istantanea tedesca del 18 aprile, che si giustapponeva a quelle scattate sui litorali deserti italiani o francesi, è probabilmente figlia di alcuni tratti che caratterizzano la cultura tedesca rispetto a quella dei paesi dell’Europa meridionale.

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