di Massimo Bordignon, professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l’università Cattolica di Milano
Le polemiche e le frizioni politiche seguite alla presentazione del testimoniano l’assenza di un dibattito ragionevole. Ma in gioco c’è il futuro del paese e anche i media sono chiamati a fare la propria parte.
Un dibattito desolante
Il dibattito che ha seguito la presentazione del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) da parte del governo è francamente desolante. Tolta la filastrocca iniziale sugli infausti destini del paese ancora una volta tradito, il succo della maggior parte degli interventi critici si può riassumere così: il Pnrr è da buttare perché non dà abbastanza soldi a noi, dove “noi” – a seconda dell’interlocutore – può essere alternativamente il Sud, il turismo, l’edilizia, l’industria, la cultura, i giovani, la scuola, la sanità, i lavoratori, le regioni, gli enti territoriali, etc.
Anche l’improvviso accendersi del quadro politico appare sospetto. Fino a ieri il primo ministro Giuseppe Conte pareva inamovibile; all’improvviso, finalmente approvato il Next Generation EU (NG-EU) a livello europeo, è tutto un fiorire di ipotesi di rimpasti, revisioni, nuove maggioranze tecniche o politiche, con pezzi della attuale maggioranza che sembrano più critici verso il governo della stessa opposizione. Perfino il terribile segretario della Lega, Matteo Salvini, in contrapposizione al quale è nato il presente governo, pare adesso magnanimamente disponibile a dare una mano a spendere i soldi dell’odiata Europa.
Tutto ciò non significa che un dibattito sul Pnrr non sia utile e necessario; al contrario, vista l’endemica instabilità del nostro sistema politico, è assolutamente indispensabile che questo ci sia, sia trasparente e coinvolga il più possibile l’opinione pubblica. In gioco c’è il futuro del paese e raggiungere una visione informata e in qualche misura condivisa su dove e perché investire i 200 miliardi messi a disposizione dal NG-EU è importante anche per evitare che tutto venga rimesso in discussione dalla prevedibile successione di governi diversi nel periodo di attuazione del piano. E anche perché il Pnrr presentato dal governo, benché generalmente apprezzabile, è ancora vuoto di proposte concrete su tutta una serie di settori rilevanti.
A cosa servono i fondi NextGen
Ma, come suggerito anche da Mario Monti e Fabrizio Barca sul Corriere della Sera, è importante che questo dibattito sia incardinato su binari ragionevoli, per evitare che alla fine tutto si risolva in una distribuzione a pioggia a favore di chiunque alzi un lamento, nella speranza di accontentare tutto e tutti. Dopo ci troveremo solo più poveri e più indebitati. Per questo è allora utile ricordare a che servono i soldi del NG-EU: non a finanziare tutte le cose buone e giuste che sarebbe ipoteticamente utile finanziare. Servono, accompagnati da riforme adeguate, a rimuovere la lunga lista di vincoli strutturali che hanno impedito al paese di crescere negli ultimi 20 anni, puntigliosamente elencati nel documento presentato dal governo. Devono anche rispettare gli orientamenti europei che i nostri stessi rappresentanti in Europa hanno contribuito a definire, cioè investire soprattutto in economia digitale e sostenibilità ambientale, il mondo del futuro. Infine, servono anche a rendere il paese più resistente alla prossima, prevedibilissima, catastrofe sanitaria o ambientale.
È allora utile che chiunque intervenga nel dibattito, a cominciare dalle forze politiche in parlamento, lo faccia specificando come le proprie proposte di riforma del Pnrr del governo possono consentire di raggiungere meglio gli obiettivi elencati sopra, in che tempi, con quali modalità e con quali risultati intermedi, oggettivamente misurabili. Il tema della governance, a cui si è dato troppo peso nel dibattito, segue logicamente. Si tratta di individuare le procedure e le competenze necessarie perché gli obiettivi condivisi vengano raggiunti nei tempi strettissimi imposti dal piano, predisponendo anche meccanismi che redistribuiscano risorse se alcuni obiettivi si dimostrano irraggiungibili. Costringere il dibattito lungo questi canali concreti sarebbe utilissimo; e i principali media possono dare un contributo importante in questo senso.