Tratto da lavoce.info
di Raffaele Lungarella, già docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia
I superbonus per l’edilizia pesano sul bilancio dello stato per più di 14 miliardi. La misura potrebbe però dare buoni risultati se le detrazioni fiscali fossero indirizzate sugli interventi di rigenerazione urbana e riqualificazione delle periferie.
Interventi privati a totale carico pubblico
Con i cosiddetti superbonus per l’edilizia (articolo 119 del decreto legge 34/2020, convertito in legge 77/2020) il governo ha varato una misura di emergenza per facilitare la ripresa dell’edilizia e dell’economia dopo il blocco delle attività provocato dalla chiusura per Covid-19. Dato il costo elevato per il bilancio dello stato, ci si può chiedere se non sia opportuno raccordare i flussi finanziari generati dai superbonus con quelli di altre politiche pubbliche, la cui realizzazione richiede interventi di tipologie analoghe.
I superbonus consentono di scontare dalle imposte, in cinque anni, un importo pari al 110 per cento le spese sostenute tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 (30 giugno 2022 nel caso degli Iacp) per il miglioramento dell’efficienza energetica, la riduzione del rischio sismico degli edifici e per l’installazione di impianti fotovoltaici e di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici. La realizzazione di questi interventi era già incentivata, ma le percentuali delle spese detraibili erano più basse e il beneficio era ripartito in dieci anni.
Non è la prima volta che si punta sull’edilizia, e in particolare sul segmento residenziale, per dare un impulso all’economia in crisi. L’ultima fu nel 2007-2008, quando il governo di allora (presidente Berlusconi) spinse le regioni a dotarsi ognuna di un proprio piano casa. Si tratta di una politica a costo zero per i bilanci pubblici, che scommette sulla disponibilità dei singoli proprietari degli immobili ad ampliarli o a demolirli e ricostruirli per sfruttare la possibilità offerta dalle leggi regionali di aumentarne la superficie, oltre i limiti previsti dagli strumenti urbanistici. Al pari di quanto avviene per i premi di superfici, anche l’utilizzo dei superbonus è demandato esclusivamente alle decisioni dei singoli soggetti che possono beneficiarne, ma ora la convenienza economica a realizzare i lavori è certa: se non si superano i limiti d’importo previsti per le varie tipologie di opere, le spese per la loro realizzazione sono interamente coperte con le detrazioni fiscali. Il beneficiario del superbonus può addirittura guadagnarci, per esempio cedendo il credito d’imposta a una banca. È, comunque, la prima volta che i proprietari degli immobili possono avvalersi di un incentivo tanto elevato senza sottostare ad alcuna condizione sul suo utilizzo. Per farsi un’idea della generosità dei superbonus, basta ricordare che, per esempio, la realizzazione di alloggi privati di edilizia agevolata è incentivata con contributi pubblici che coprono solo una parte dei costi di costruzione e, nel caso siano destinati alla locazione, devono essere affittati per un determinato numero di anni a canoni più bassi di quelli di mercato.I superbonus pesano sul bilancio statale per il rilevante importo di 14,5 miliardi di euro, nell’arco temporale 2020-2026 (comma 16-quater, art. 119, legge 77/2020). Senza intaccare la generosità delle detrazioni per i privati e l’obiettivo del sostegno all’attività edilizia, con quelle risorse è forse possibile perseguire altre finalità pubbliche, anche solo selezionando gli ambiti di applicazione dei superbonus.
I superbonus per migliorare le periferie
Ciò potrebbe avvenire convogliando le detrazioni fiscali al 110 per cento sugli interventi finalizzati all’attuazione delle politiche per la rigenerazione urbana e la riqualificazione delle periferie. Negli ultimi otto anni il Parlamento ha promosso almeno quattro programmi per risistemare parti di città e paesi caratterizzate da degrado urbanistico, edilizio e anche sociale. Il patrimonio edilizio da riqualificare è prevalentemente di proprietà delle famiglie che abitano gli alloggi, data la grande diffusione della proprietà della casa nel nostro paese. Gli interventi su quegli edifici comportano spese rilevanti, che i loro proprietari potrebbero trovare non conveniente sostenere o per i quali non hanno i denari necessari. Le difficoltà finanziarie, che certamente ostacolerebbero o renderebbero frammentaria la realizzazione dei programmi di riqualificazione, sarebbero del tutto superate indirizzando su di essi i superbonus, che consentono ai proprietari degli immobili di valorizzare le loro proprietà gratuitamente o con poca spesa. La cessione dell’importo delle detrazioni fiscali a una banca o all’impresa che esegue i lavori consente al proprietario di realizzare l’intervento senza dovere neanche anticipare le spese necessarie.
Vi è più di una ragione che consiglierebbe di indirizzare i superbonus sui programmi di riqualificazione. Innanzitutto, il governo sembra intenzionato a prorogare (se non addirittura a rendere permanente) l’applicazione delle misure alle spese realizzate oltre le date ultime stabilite, ricorrendo anche ai finanziamenti del Recovery Fund. Ed è possibile avvalersi del superbonus pure per la demolizione e ricostruzione degli immobili (Dl 34/2020), che (in virtù delle innovazioni introdotte con il Dl 76/2000) può avvenire con modifiche di sagome, prospetti, aree di sedime e con incrementi di volume. Il connubio tra i superbonus e la flessibilità con cui gli edifici demoliti possono essere ricostruiti può essere un’opportunità da non sprecare per riqualificare le aree storiche e le periferie degradate dei centri urbani.