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Home Economia

Famiglie giovani senza mezzi per affrontare la crisi

Redazione di Redazione
28 Maggio 2020
in Economia, Focus
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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Tratto da lavoce.info
di Massimo Baldini, professore di Scienza delle Finanze presso la Facolta’ di Economia di Modena
Luca Beltrametti,  professore di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova.
Carlo Mazzaferro, professore di Scienza delle Finanze presso il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna

Nella crisi provocata dal coronavirus la capacità delle famiglie giovani di compensare il calo del reddito disponibile con risorse proprie è molto bassa. Anche perché negli ultimi anni è cambiata la distribuzione di reddito e ricchezza fra le generazioni.
Le famiglie italiane di fronte alla crisi
La capacità delle famiglie di far fronte a una improvvisa riduzione del reddito risulta oggi drammaticamente rilevante a causa degli effetti economici del lockdown. Purtroppo, in Italia è ora più bassa rispetto a vent’anni fa perché la dotazione di ricchezza delle famiglie si è ridotta, anche per il minor flusso di risparmio.
La riduzione, però, non è stata di intensità omogenea. Se dividiamo la popolazione in base all’età del capofamiglia, l’impoverimento riguarda soprattutto le classi di età più giovani. Le cause di questa tendenza sono da ricercare nel dualismo generazionale che caratterizza molte economie sviluppate ed è particolarmente pronunciato nel nostro paese. Il dualismo trova le sue origini in un mercato del lavoro che continua a penalizzare soprattutto i lavoratori più giovani e in un sistema pensionistico che, invece, ha tutelato relativamente bene la parte più anziana della popolazione.
La dinamica divergente tra le generazioni è ancor più pronunciata se si considera che anche in termini di ricchezza i giovani sono oggi particolarmente fragili e quindi più vulnerabili rispetto agli effetti economici del lockdown.
Qui riportiamo alcune evidenze empiriche sull’evoluzione della ricchezza per classi di età in Italia negli ultimi vent’anni, sulla base dei microdati dell’indagine della Banca d’Italia sui Bilanci delle famiglie italiane. Ci è sembrato interessante non solo offrire una “fotografia” della distribuzione della ricchezza riferita all’ultimo anno disponibile (il 2016), ma anche effettuare un raffronto con la situazione di inizio secolo, quando ancora gli effetti della crisi del 2008 e della lunga stagnazione successiva non si erano manifestati.
Distribuzione della ricchezza per età
Tra il 2000 e il 2016, la ricchezza complessiva media delle famiglie italiane (attività reali e finanziarie, al netto delle passività) è diminuita del 7 per cento, da 245 mila euro a 228 mila euro (tutti i valori sono a prezzi 2018), mentre la ricchezza mediana (che non risente della presenza nel campione di valori estremi) è scesa del 5 per cento, da 139 mila a 131 mila euro. Suddividendo le famiglie in base all’età della persona di riferimento, si nota che la ricchezza netta mediana è diminuita per le classi di età fino a 65 anni (e soprattutto per le due più giovani) mentre è cresciuta per gli anziani. I giovani di oggi sono più poveri di quanto non fossero i loro genitori alla loro stessa età, mentre gli anziani di oggi sono più ricchi degli anziani di ieri.
Il medesimo trend è riscontrabile anche restringendo l’analisi alla sola componente finanziaria (conti correnti, depositi, obbligazioni, altre attività finanziarie). Tale componente è particolarmente rilevante perché, per definizione, è più facilmente liquidabile rispetto a quella reale, costituita principalmente dagli immobili.
A un valore mediano della ricchezza finanziaria leggermente crescente dal 2000 al 2016 per la parte della popolazione con età maggiore di 55 anni, corrisponde una decisa caduta per le famiglie con capofamiglia più giovane. In una fase di forte shock, come quella che vive oggi l’economia italiana, la mancanza o la carenza di un cuscinetto di riserva a cui attingere, anche solo nell’attesa degli interventi di protezione sociale decisi dall’operatore pubblico, è un elemento di grande preoccupazione.
In coerenza con questi dati, è in aumento tra le famiglie con capofamiglia di età inferiore a 55 anni – e in particolare tra quelle più giovani – la quota di quelle che possiamo definire “asset poor”. Con tale espressione ci si riferisce (vedi ad esempio Andrea Brandolini, Silvia Magri, Timothy M. Smeeding, Asset Based Measurement of Poverty) a unità familiari che non dispongono di una ricchezza finanziaria sufficiente a garantire almeno tre mesi di redditi pari alla soglia di povertà relativa. Tra gli anziani la percentuale di famiglie asset poor è invece in diminuzione.
La marcata differenza generazionale emerge anche quando si conteggia la quota di famiglie che sono contemporaneamente povere in termini di attività finanziarie e in termini di reddito. Si tratta in questo caso della componente più debole della popolazione: reddito inferiore alla soglia di povertà e impossibilità di utilizzare cuscinetti di liquidità per fare fronte a shock macroeconomici come quello in corso.
Le conseguenze delle variazioni nella distribuzione della ricchezza potrebbero essere contrastate da un aumento dei trasferimenti intergenerazionali dai genitori anziani ai figli adulti, ma sempre i dati Banca d’Italia dicono che negli ultimi due decenni la quota di famiglie giovani che riceve un trasferimento monetario da altre famiglie non è cresciuta. Guardiamo infine alla percentuale di coloro che dichiarano di aver fin qui ricevuto almeno una eredità significativa nel corso della loro vita, nel periodo dal 2002 al 2016: in aggregato passa dal 27 al 32 per cento delle famiglie. Tuttavia, presenta un andamento divergente: risulta crescente tra le famiglie adulte e più bassa tra quelle giovani.
Di fronte alla crisi provocata dal Covid-19 la capacità delle famiglie di compensare il calo del reddito disponibile con risorse proprie è molto bassa, soprattutto per chi ha meno di 65 anni. In generale, è in atto da tempo uno spostamento nella distribuzione delle risorse economiche (reddito e ricchezza) a danno delle generazioni più giovani. Ad esempio, nostre elaborazioni sui dati della Banca d’Italia mostrano che la quota di ricchezza totale detenuta dalle famiglie con capofamiglia di età inferiore a 45 anni passa, tra il 2000 e il 2016, dal 25 al 15 per cento. Nello stesso periodo la quota detenuta da famiglie anziane (più di 65 anni) passa dal 28 al 40 per cento.
Ciò dovrebbe consigliare azioni di politica economica che rafforzino i livelli di protezione sociale delle famiglie più giovani e aumentino l’investimento nel capitale umano dei giovani. Purtroppo, lo stesso spostamento della ricchezza e l’aumento del potere elettorale degli anziani determinato dalla transizione demografica non inducono all’ottimismo.
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