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Rimini. Epifania, messa dei popoli nella cattedrale

Redazione di Redazione
5 Gennaio 2020
in Focus, Rimini
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini
Epifania, messa dei popoli  nella cattedrale. All 25ª edizione della festa dell’adorazione di Gesù.
Lunedì 6 gennaio, Solennità dell’Epifania, il vescovo Francesco Lambiasi presiede alle ore 17.30 in Basilica Cattedrale la Messa dei Popoli, animata dalle comunità di immigrati cattolici di ogni nazione presenti sul territorio riminese.
La festa dell’Epifania è particolarmente indicata per la celebrazione della Messa dei Popoli: la festa ricorda, infatti, l’adorazione di Gesù Cristo da parte dei Magi, sapienti stranieri, venuti dall’oriente lontano per conoscere e onorare il Bambino Gesù. I Magi sono la primizia degli uomini di tutti i popoli che incontrano Cristo e lo seguono come Dio e Signore.
Quest’anno c’è una ulteriore novità. La Messa sarà preceduta da una rappresentazione, durante la quale alcune comunità di immigrati rivivranno, sul sagrato del Duomo, i momenti principali della natività: La partenza di Giuseppe e Maria da Nazaret; la nascita di Gesù, la fuga in Egitto.
Una sorta di “presepe vivente” che ci ricorda che anche oggi Gesù , insieme a tanti poveri, “non trova alloggio, e nasce in posti di fortuna: una povera capanna; un cartone con una coperta, una panchina. – fa notare Cesare Giorgetti, direttore Migrantes Rimini – Anche oggi a riconoscere e lodare il Dio con noi, sono soprattutto i poveri, i pastori, coloro che sanno lasciarsi guidare dalle stelle e dai sogni; che anche oggi tante famiglie – come allora Giuseppe Maria e Gesù – sono costrette a scappare dallo terra per cercare la Terra Promessa”.
Come ha ricordato Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante: “ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca. Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
La Messa dei Popoli è una tradizione iniziata nel 1996; giunge quest’anno alla 25ª edizione. è un momento molto sentito dai cattolici immigrati, posti al centro della liturgia, con le loro espressioni di preghiere, di canti, di gesti. Molti sono vestiti in abiti tradizionali. Le comunità di immigrati con la loro partecipazione esprimono la loro appartenenza alla chiesa di Rimini senza perdere le loro identità e le loro tradizioni. La Messa è stata preparata dalla Caritas Diocesana e dalla Migrantes diocesana, con momenti vissuti nelle varie lingue.
La liturgia – introdotta da un saluto espresso in italiano, inglese, rumeno e spagnolo – sarà accompagnata dal coro multietnico, diretto da Simonetta Guidi, con la partecipazione di immigrati di varie nazionalità, che eseguiranno canti e intenzioni di preghiere di vari Paesi: Filippine, Peru, Romania, Ucraina, Argentina, Cina, Romania, Nigeria, Venezuela. Nella processione offertoriale i vari rappresentanti delle comunità presenti, vestiti con i costumi tradizionali della loro nazione di origine, porteranno all’altare prodotti e oggetti tipici del loro Paese d’origine.
Le ragazze di nazionalità filippina, sempre al momento dell’offertorio, eseguiranno una danza tradizionale accompagnando all’altare Gesù Bambino.
Al termine della celebrazione, dopo il tradizionale bacio alla statua di Gesù Bambino, ci si troverà insieme per una cena a buffet nelle sale della Caritas con specialità tipiche preparate dalle stesse comunità di immigrati e dalla Caritas.
“La Messa dei Popoli – commenta Mario Galasso, direttore Caritas diocesana – è un’occasione per esprimere la festa e la fede, ciascuno nella propria cultura. Ma questi nostri fratelli arrivati da lontano ricordano anche il dramma di tanti immigrati costretti a fuggire dai paese d’origine in cerca di pace, lavoro e vita dignitosa”.
Lo “straniero” è il messaggero di Dio, che sorprende e rompe la regolarità e la logica della vita quotidiana, portando vicino chi è lontano. Negli “stranieri” la Chiesa vede Cristo che “mette la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14) e che “bussa alla nostra porta” (Ap 3,20). Questo incontro fatto di attenzione, accoglienza, condivisione e solidarietà, di tutela dei diritti dei migranti e di impegno evangelizzatore, rivela la costante sollecitudine della Chiesa che scopre in loro autentici valori e li considera una grande risorsa umana.
L’amore verso lo straniero e verso il povero non è solo una esigenza sociale o etica o morale, ma è la riproduzione del modo di agire di Dio: “Ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore tuo Dio: perciò ti comando di fare questa cosa. (Dt 17,18)
Il Vescovo di Rimini in merito cita un racconto. “Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi discepoli da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno: “Forse quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora”. “No”, disse il rabbino. “Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi”. “No”, disse il rabbino. “Ma quando allora?” domandarono i discepoli. Il rabbino rispose: “Quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella. Altrimenti è ancora notte nel tuo cuore”.
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