Nadia Rossi
La lettera
Il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre rappresenta un passaggio molto importante per la nostra Democrazia e sarebbe miope leggerne l’importanza solo attraverso la lente del contesto politico attuale. In un sistema istituzionale che è palese necessiti di riforme strutturali che ne migliorino il funzionamento, limitarsi ad un taglio lineare dei parlamentari fine a se stesso e senza pesarne le conseguenze non può essere la soluzione. Per questo, pur avendo atteso la Direzione nazionale del Partito Democratico e avendo apprezzato lo sforzo del mio Partito nel trovare correttivi e miglioramenti postumi a questa riforma, dopo una lunga riflessione ho deciso di votare No.
Questo non perché io non riconosca un’esigenza di sobrietà e di contenimento dei costi della politica; del resto vado fiera di far parte di un consiglio regionale che già nella precedente legislatura ha deciso di passare dalle parole ai fatti, con l’eliminazione dei vitalizi e di altre agevolazioni per i consiglieri assieme alla riduzione delle spese dei gruppi consiliari.
Un conto però è dare un taglio ai costi, necessario in un momento di crisi così delicato; tutt’altro conto è mettere a repentaglio la rappresentanza istituzionale di interi territori, che rischiano di restare sguarniti, o quasi, di figure che possano portarne avanti le istanze.
Da Consigliera regionale negli ultimi anni mi sono trovata a far fronte alle diverse e sempre maggiori esigenze di categorie, aziende, ordini professionali che avevano la necessità di far sentire la propria voce e le proprie richieste a livello nazionale. Già allo stato attuale non è impresa di poco conto, non solo perché spesso gli equilibri politici schiacciano le legittime richieste dei territori. Il vero problema è la difficoltà della classe dirigente attuale di porsi come intermediario tra la società civile e le istituzioni, scontando una mancanza di formazione che in passato era garantita dalle scuole di politica organizzate dai partiti.
A questo proposito, di certo non ha aiutato la riforma che ha fortemente ridotto il finanziamento pubblico ai partiti, rimettendolo all’istituto del 2 per 1000 e limitando così, di fatto, le possibilità di fare politica per i giovani e per chi sia mosso da passione ideale pur non avendo i mezzi economici necessari, agevolando in concreto chi in politica utilizza capitali privati.
Tornando al merito del quesito referendario, viene facile porre l’obiezione: cos’è cambiato rispetto al mio voto favorevole alla riforma costituzionale realizzata dal PD nella precedente legislatura parlamentare e bocciata dagli elettori al referendum del 4 dicembre 2016 La risposta è semplice: quella riforma, pur prevedendo certamente la riduzione dei parlamentari, conteneva importanti modifiche dell’assetto istituzionale quali la tanto agognata fine del bicameralismo perfetto, garantendo comunque una autentica rappresentanza dei territori con un Senato che doveva essere composto da rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali.
Abbiamo vissuto, nel recente passato, altre fasi in cui l’esigenza di riforme, declinata con scarsa lucidità e lungimiranza, ha portato ad errori come nel caso dello “svuotamento” delle Province, che ha creato serie difficoltà ai Comuni cui è venuto a mancare un interlocutore serio e attendibile, che comprendesse le esigenze profonde del territorio che Regioni e Stato, per motivi oggettivi, faticano a corrispondere.
Questo mio No non è contro il PD o contro il Governo, ma è un no per difendere la voce dei territori laddove si decidono le sorti del Paese.
Nadia Rossi, consigliere regionale Pd