Tratto da lavoce.info
di Guglielmo Briscese (post-dottorato alla University of Chicago),
Nicola Lacetera (Insegna alla University of Toronto),
Mario Macis (professore associato alla Johns Hopkins University)
e Mirco Tonin (professore ordinario di politica economica alla Libera Università di Bolzano)
Non basta riaprire le attività commerciali perché tutto torni come prima, contano molto anche i comportamenti dei consumatori. Nella “fase 2” sono pronti a riprendere le consuetudini pre-pandemia? I risultati di una indagine mostrano una diffusa prudenza.
Riparte l’offerta, ma la domanda?
Dopo il graduale ri-avviamento della manifattura, il tema è ora quello della riapertura di altre attività “al dettaglio”, come bar e ristoranti, parrucchieri, cinema e teatri, palestre e piscine. Si tratta di settori importanti dell’economia, con ripercussioni su livelli occupazionali, redditi e consumi. Non sono, poi, da meno le questioni del ritorno a regime del settore dei trasporti, sia urbani che extraurbani, della riapertura delle scuole e della possibilità di accedere ai luoghi di culto. Il governo ha fornito una parziale roadmap, ma si discute molto sui tempi e sulle modalità nonché sull’opportunità di una differenziazione territoriale; la Calabria e l’Alto Adige, per esempio, hanno in parte già anticipato i tempi.
I provvedimenti delle amministrazioni agiscono sul lato dell’offerta, cioè permettono la ripresa di attività sospese a seguito della pandemia. Tuttavia, il loro effetto dipende anche dalla domanda. In altre parole, le persone torneranno a frequentare bar e ristoranti una volta riaperti? Utilizzeranno i trasporti pubblici? Visiteranno musei e sale cinematografiche? Le misure di isolamento hanno soppresso la domanda. Da un lato, può così essersi accumulato un “arretrato” di bisogni insoddisfatti, che ora le persone potrebbero voler colmare in fretta. D’altro lato, il rischio di contagio non è certo sparito e i consumatori potrebbero essere propensi a mantenere alcune misure di distanziamento sociale, anche se non c’è più un obbligo rigido, evitando ad esempio di frequentare locali pubblici, anche se operano formalmente in condizioni di sicurezza.
Un recente studio di ricercatori del Fondo monetario internazionale dimostra che negli Stati Uniti e nel Regno Unito, vari indicatori di mobilità e attività economica sono scesi in misura considerevole già prima delle misure ufficiali di lockdown, e un articolo del New York Times racconta di una ripresa molto debole negli stati Usa che già a fine aprile hanno allentato i provvedimenti restrittivi.
Un’indagine sulle intenzioni proprie e altrui
Per comprendere meglio le dinamiche della domanda, tra il 30 aprile e il 1° maggio, in collaborazione con Swg, abbiamo effettuato un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione italiana (839 individui). Abbiamo chiesto agli italiani la loro opinione sull’opportunità di riaprire una serie di attività, sull’intenzione di usufruire di attività che erano soliti frequentare prima dell’isolamento nel caso in cui fossero state riaperte al pubblico nelle settimane successive, e la loro opinione riguardo alla frequentazione di quelle stesse attività da parte di altre persone, considerando “le condizioni attuali della sua regione”. Si tratta di un campione di adulti, quindi – per quanto concerne la scuola – l’intenzione riguarda la frequenza di eventuali figli o nipoti.
Dalla figura 1 emerge una forte eterogeneità riguardo al giudizio su opportunità e intenzioni proprie e altrui per una stessa attività. Con l’unica eccezione della scuola, la percentuale di coloro che considerano opportuna la riapertura non è mai inferiore alla percentuale dei potenziali frequentatori. La differenza è molto evidente per i trasporti pubblici, ma anche per bar, ristoranti e hotel. Questo suggerisce che le persone esprimono il giudizio di opportunità non solo su basi strumentali, cioè legate all’utilizzo personale, ma prendendo in considerazione interessi più generali, ad esempio la necessità per altri utenti (trasporti), o le difficoltà economiche dei fornitori del servizio (bar e ristoranti). È inoltre evidente come sia diffusa l’opinione che “gli altri” frequenterebbero le varie attività di più di quanto sia disposto a farlo ogni intervistato. La tendenza è in linea con quella emersa in un nostro studio precedente, dove mostravamo che una parte considerevole della popolazione si sentiva personalmente in grado di mantenere l’autoisolamento per lunghi periodi di tempo, ma pochi ritenevano che gli altri fossero in grado di fare altrettanto.
Parrucchiere sì, palestra no
C’è una forte eterogeneità anche nella propensione a frequentare le varie attività. Mentre una larga parte del campione si dichiara intenzionata a recarsi in luoghi ricreativi all’aperto, come spiagge e parchi, e pure da barbieri, parrucchieri e nei saloni di bellezza, solo una piccola minoranza è pronta a tornare nelle palestre e nelle piscine in caso di riapertura (forse visti i rischi di affollamento, in considerazione del fatto che una parte consistente ritiene che la maggior parte delle “altre persone” interessate ci andrebbe). Anche il numero degli italiani che hanno intenzione di tornare a frequentare bar e ristoranti è modesto.
Se confermate dai comportamenti effettivi, le intenzioni espresse dagli italiani portano a essere cauti su una potenziale ripresa dell’attività economica e dei consumi dopo la riapertura. Se poi si considera che sono necessari investimenti – anche ingenti – per riavviare in sicurezza alcune attività (per esempio, nei ristoranti servono i divisori), in alcuni casi sarà da valutare quanto la riapertura sia davvero conveniente.
Dai dati non sembrano invece emergere grosse differenziazioni geografiche. Per esempio, le intenzioni dei cittadini lombardi, dove la situazione epidemiologica è più difficile che nel resto del paese, sono molto simili a quelle degli altri italiani.
Riparte l’offerta, ma la domanda?
Dopo il graduale ri-avviamento della manifattura, il tema è ora quello della riapertura di altre attività “al dettaglio”, come bar e ristoranti, parrucchieri, cinema e teatri, palestre e piscine. Si tratta di settori importanti dell’economia, con ripercussioni su livelli occupazionali, redditi e consumi. Non sono, poi, da meno le questioni del ritorno a regime del settore dei trasporti, sia urbani che extraurbani, della riapertura delle scuole e della possibilità di accedere ai luoghi di culto. Il governo ha fornito una parziale roadmap, ma si discute molto sui tempi e sulle modalità nonché sull’opportunità di una differenziazione territoriale; la Calabria e l’Alto Adige, per esempio, hanno in parte già anticipato i tempi.
I provvedimenti delle amministrazioni agiscono sul lato dell’offerta, cioè permettono la ripresa di attività sospese a seguito della pandemia. Tuttavia, il loro effetto dipende anche dalla domanda. In altre parole, le persone torneranno a frequentare bar e ristoranti una volta riaperti? Utilizzeranno i trasporti pubblici? Visiteranno musei e sale cinematografiche? Le misure di isolamento hanno soppresso la domanda. Da un lato, può così essersi accumulato un “arretrato” di bisogni insoddisfatti, che ora le persone potrebbero voler colmare in fretta. D’altro lato, il rischio di contagio non è certo sparito e i consumatori potrebbero essere propensi a mantenere alcune misure di distanziamento sociale, anche se non c’è più un obbligo rigido, evitando ad esempio di frequentare locali pubblici, anche se operano formalmente in condizioni di sicurezza.
Un recente studio di ricercatori del Fondo monetario internazionale dimostra che negli Stati Uniti e nel Regno Unito, vari indicatori di mobilità e attività economica sono scesi in misura considerevole già prima delle misure ufficiali di lockdown, e un articolo del New York Times racconta di una ripresa molto debole negli stati Usa che già a fine aprile hanno allentato i provvedimenti restrittivi.
Un’indagine sulle intenzioni proprie e altrui
Per comprendere meglio le dinamiche della domanda, tra il 30 aprile e il 1° maggio, in collaborazione con Swg, abbiamo effettuato un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione italiana (839 individui). Abbiamo chiesto agli italiani la loro opinione sull’opportunità di riaprire una serie di attività, sull’intenzione di usufruire di attività che erano soliti frequentare prima dell’isolamento nel caso in cui fossero state riaperte al pubblico nelle settimane successive, e la loro opinione riguardo alla frequentazione di quelle stesse attività da parte di altre persone, considerando “le condizioni attuali della sua regione”. Si tratta di un campione di adulti, quindi – per quanto concerne la scuola – l’intenzione riguarda la frequenza di eventuali figli o nipoti.
Dalla figura 1 emerge una forte eterogeneità riguardo al giudizio su opportunità e intenzioni proprie e altrui per una stessa attività. Con l’unica eccezione della scuola, la percentuale di coloro che considerano opportuna la riapertura non è mai inferiore alla percentuale dei potenziali frequentatori. La differenza è molto evidente per i trasporti pubblici, ma anche per bar, ristoranti e hotel. Questo suggerisce che le persone esprimono il giudizio di opportunità non solo su basi strumentali, cioè legate all’utilizzo personale, ma prendendo in considerazione interessi più generali, ad esempio la necessità per altri utenti (trasporti), o le difficoltà economiche dei fornitori del servizio (bar e ristoranti). È inoltre evidente come sia diffusa l’opinione che “gli altri” frequenterebbero le varie attività di più di quanto sia disposto a farlo ogni intervistato. La tendenza è in linea con quella emersa in un nostro studio precedente, dove mostravamo che una parte considerevole della popolazione si sentiva personalmente in grado di mantenere l’autoisolamento per lunghi periodi di tempo, ma pochi ritenevano che gli altri fossero in grado di fare altrettanto.
Parrucchiere sì, palestra no
C’è una forte eterogeneità anche nella propensione a frequentare le varie attività. Mentre una larga parte del campione si dichiara intenzionata a recarsi in luoghi ricreativi all’aperto, come spiagge e parchi, e pure da barbieri, parrucchieri e nei saloni di bellezza, solo una piccola minoranza è pronta a tornare nelle palestre e nelle piscine in caso di riapertura (forse visti i rischi di affollamento, in considerazione del fatto che una parte consistente ritiene che la maggior parte delle “altre persone” interessate ci andrebbe). Anche il numero degli italiani che hanno intenzione di tornare a frequentare bar e ristoranti è modesto.
Se confermate dai comportamenti effettivi, le intenzioni espresse dagli italiani portano a essere cauti su una potenziale ripresa dell’attività economica e dei consumi dopo la riapertura. Se poi si considera che sono necessari investimenti – anche ingenti – per riavviare in sicurezza alcune attività (per esempio, nei ristoranti servono i divisori), in alcuni casi sarà da valutare quanto la riapertura sia davvero conveniente.
Dai dati non sembrano invece emergere grosse differenziazioni geografiche. Per esempio, le intenzioni dei cittadini lombardi, dove la situazione epidemiologica è più difficile che nel resto del paese, sono molto simili a quelle degli altri italiani.
Ancora tanta cautela
Gli italiani sembrano consapevoli delle difficoltà e dei rischi connessi alla riapertura; questo può spiegare il loro atteggiamento cauto verso il ritorno alla normalità. Infatti, solo il 33 per cento degli intervistati pensa che nella loro regione ci siano già le condizioni necessarie per passare alla “fase 2” e rimuovere la maggior parte delle misure di isolamento. Il 44 per cento ritiene che ci vorranno ancora alcune settimane e il 14 per cento alcuni mesi; mentre secondo il 9 per cento degli intervistati “siamo ancora molto lontani” dall’obiettivo.
Il 40 per cento degli intervistati si aspetta poi una reintroduzione delle misure di isolamento sociale a causa di una seconda ondata dell’epidemia in autunno o inverno. Il 20 per cento del campione ritiene che un nuovo lockdown sarà necessario già qualche settimana dopo il termine del primo, l’11 per cento lo prevede in estate e l’8 per cento l’anno prossimo. Solo il 22 per cento pensa che le misure di isolamento sociale non saranno più reintrodotte.
Resta da sperare che la cautela porti a comportamenti virtuosi, che rendano più probabile quest’ultimo scenario.
Gli italiani sembrano consapevoli delle difficoltà e dei rischi connessi alla riapertura; questo può spiegare il loro atteggiamento cauto verso il ritorno alla normalità. Infatti, solo il 33 per cento degli intervistati pensa che nella loro regione ci siano già le condizioni necessarie per passare alla “fase 2” e rimuovere la maggior parte delle misure di isolamento. Il 44 per cento ritiene che ci vorranno ancora alcune settimane e il 14 per cento alcuni mesi; mentre secondo il 9 per cento degli intervistati “siamo ancora molto lontani” dall’obiettivo.
Il 40 per cento degli intervistati si aspetta poi una reintroduzione delle misure di isolamento sociale a causa di una seconda ondata dell’epidemia in autunno o inverno. Il 20 per cento del campione ritiene che un nuovo lockdown sarà necessario già qualche settimana dopo il termine del primo, l’11 per cento lo prevede in estate e l’8 per cento l’anno prossimo. Solo il 22 per cento pensa che le misure di isolamento sociale non saranno più reintrodotte.
Resta da sperare che la cautela porti a comportamenti virtuosi, che rendano più probabile quest’ultimo scenario.