Reperti Mediterranei
Reperti Mediterranei – Mostra personale di Enzo Cecchini
Opere polimateriche e fotografie
– 29 MAGGIO – 25 LUGLIO –
Patrocinio del Comune di Cattolica – Assessorato alla Cultura
Organizzazione: Radio Talpa, SPAZIO°Z, La Piazza
Inaugurazione: SABATO 29 MAGGIO ORE 17
Paesaggio sonoro: musiche e canzoni dal Mediterraneo (Dj Maurizio Benvenuti) – Piccolo buffet
SPAZIO°Z di Radio Talpa (via Del Prete, 7 – Cattolica)
Apertura: sabato e domenica ore 16 – 20 – Saranno rispettate le vigenti normative anticovid.
C’erano una volta in spiaggia i capanni di legno… poi arrivarono le cabine in cemento. Per qualche decennio parti di quei capanni sono stati riutilizzati in inverno per coprire le porte plastificate delle nuove cabine o usate come barriere per fermare la sabbia alzata dal vento.
Anni di ricerca dagli inizi ’80 fino ai ’90, mi hanno portato a documentare e fotografare questa insolita estetica della spiaggia d’inverno per coglierne gli aspetti più artistici. Venendo in possesso di piccola parte di quei reperti, la ricerca mi ha portato alla costruzione di opere polimateriche, che partendo da una logica di recupero, sono approdate nel filone della sperimentazione della cosiddetta Arte Povera, che dagli anni ’60 agli ’80 ha rappresentato un punto di riferimento per l’arte italiana e internazionale.
I “tavlun” o “tavlac” sono i residui degli antichi capanni di legno, con colori consunti dagli agenti atmosferici e dalla salsedine, e gravati delle lacerazioni dai mille riusi. A volte compaiono pezzi di fasciame di barche, a dimostrazione della stretta correlazione con la marineria. Spesso quei “tavolacci” diventano capolavori di fantasiosi assemblaggi, di aggiunte, di chiodature e schiodature, di verniciature stratificate e pennellate di catrame. Le forme, le linee, i segni, le tracce e le sovrapposizioni cromatiche attribuiscono questi “tavlun” in una sorta di design balneare povero, solitario e invernale, ma sicuramente originale.
La città turistica d’inverno? Porzioni di territorio e la spiaggia, deserte, sbarrate, impacchettate e incelofanate. Una sorta di grande opera di Land Art riconducibile ai lavori di Christo Javacheff. Il tutto diventa frutto di una spontaneità e casualità che ne esalta, volendo, una fantasia estetica unica.
Bisogna saperli/volerli guardare con occhi diversi per raccogliere quei reperti e riproporli decontestualizzati in una progettualità altra: possibilmente artistica. L’utilizzo della sabbia (la nostra terra…) aggiunge il senso dell’identità.
Nei primi anni ’90 ci ho provato e ho colto anche il sapore, il colore, la luce e il calore della mediterraneità. Reperti allineati, come custodi gelosi di un immaginario evocativo di linguaggi storici e artistici stratificati. Col mare, lì a due passi calmo o minaccioso, e la spiaggia, deserta e silenziosa. Poi arriva l’estate frenetica e anche i gabbiani se ne vanno…
Le fotografie che accompagnano la mostra vogliono documentare un pezzo di storia della città turistica invernale, che in larga parte non esiste più.