Tratto da lavoce.info
di Conchita D’Ambrosio, professore ordinario di Economia (FNR PEARL Chair) presso il Dipartimento di Scienze Cognitive e Comportamentali dell’Università del Lussemburgo
e Giorgia Menta, studentessa di dottorato in economia all’Università del Lussemburgo
Come ha influito la pandemia sulla distribuzione dei redditi e sulla povertà delle famiglie italiane? Nuovi dati indicano una riduzione globale dei redditi e un aumento del rischio di povertà. Qual è stato il ruolo delle misure di sostegno economico.
I redditi degli italiani nel 2020
Come sono cambiati i redditi degli italiani nel corso della pandemia? La nostra conoscenza del fenomeno deriva per lo più da proiezioni e simulazioni basate su diversi scenari di policy e distribuzioni del reddito che si riferiscono a periodi antecedenti l’emergenza Covid-19 (ad esempio qui). Le indagini campionarie che misurano a livello individuale i redditi netti degli italiani nel 2020 infatti non sono ancora disponibili. Un’eccezione è data da un sondaggio online, COME-HERE, condotto dall’Università del Lussemburgo su un campione rappresentativo di 1.700 italiani intervistati quattro volte nel corso del 2020 con l’obiettivo di monitorare e analizzare i cambiamenti nelle loro condizioni lavorative, di reddito, nonché la loro salute fisica e mentale durante la pandemia. In ogni intervista, a questi individui è stato chiesto il reddito familiare netto di qualche mese prima, che noi abbiamo attribuito a ogni componente della famiglia considerando le economie di scala della convivenza (abbiamo calcolato il cosiddetto reddito equivalente).
Che quadro emerge dai dati raccolti? I redditi degli italiani sono stati esposti a una riduzione globale tra gennaio e maggio 2020, con una parziale ripresa a settembre. Un andamento simile può essere osservato anche dai dati trimestrali Istat su redditi lordi e i redditi da lavoro dipendente. Quali sono le conseguenze in termini di disuguaglianza e povertà?
La figura 1 riassume questi risultati, misurando la disuguaglianza di reddito tramite l’indice di Gini e la povertà come la proporzione di individui con reddito inferiore alla soglia di povertà relativa, fissata al 60 per cento del reddito mediano netto a gennaio 2020. La disuguaglianza di reddito è aumentata da gennaio a maggio (+1,2 punti percentuali), per poi diminuire a settembre. Il numero di individui a rischio di povertà ha seguito un andamento simile: se prima dell’emergenza Covid-19, il tasso di povertà relativa in Italia era del 21,1 per cento, questo valore è passato al 28,8 per cento a maggio, per poi attestarsi al 24,4 per cento a settembre.
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L’Italia non è il solo paese a mostrare questo andamento: il sondaggio dell’Università del Lussemburgo, che include campioni di altri quattro stati europei, indica un quadro simile anche in Spagna e Svezia. Francia e Germania, invece, sembra siano state più efficaci nel contenere le conseguenze negative sui redditi della pandemia e delle misure di lockdown, con valori di disuguaglianza e povertà piuttosto stabili tra gennaio e settembre 2020.
Chi sono i più penalizzati?
Non tutti gli italiani hanno sofferto le conseguenze economiche della pandemia allo stesso modo: le nostre analisi evidenziano che le donne e i giovani sono le categorie a più alto rischio di povertà. Coerentemente con altri risultati sul mercato del lavoro, i lavoratori impiegati in attività “essenziali” (che non hanno subito interruzioni dovute all’emergenza Covid-19) sono a più basso rischio di povertà.
Importanti differenze emergono anche sul piano geografico, come mostra la figura 2. Una volta prese in considerazione le differenze iniziali tra aree territoriali, il maggiore aumento di individui a rischio di povertà a maggio 2020 si è verificato nelle regioni del Centro Italia (sia in termini assoluti che relativi). La ripresa a settembre è stata parziale, registrando un tasso di povertà del 21,2 per cento (6 punti percentuali più alto di quello di gennaio). Anche le regioni del Nord-Est hanno subito un forte aumento della proporzione di individui al di sotto della soglia di povertà (+7 punti percentuali). Nonostante la pandemia abbia colpito con intensità diverse i redditi degli italiani nelle varie regioni, l’aumento diffuso del tasso di povertà tra gennaio e settembre 2020 non ha alterato sostanzialmente le differenze iniziali, che vedono sempre Sud e Isole a più alto rischio di povertà.
Il ruolo delle politiche
Perché i redditi degli italiani, e con essi il rischio di povertà, sono cambiati così tanto nel corso del 2020? La causa è stata la pandemia e le peggiori condizioni di salute fisica e mentale o piuttosto le misure di lockdown adottate per far fronte all’emergenza? E il recupero visto da maggio a settembre quanto è dovuto alle misure di supporto economico messe in atto dal governo?
Utilizzando un indicatore sintetico delle misure di lockdown sviluppato dall’Università di Oxford e combinandolo alle variazioni di reddito ottenute dal sondaggio, i risultati suggeriscono che decisioni di confinamento più rigide (come la chiusura delle scuole e dei posti di lavoro) comportano una riduzione dei redditi familiari. Una volta presa in considerazione l’intensità delle misure di lockdown, i redditi degli italiani sembrano insensibili al numero di casi di Covid-19 attivi sul territorio nazionale, o al tasso di infezione e di letalità del virus.
Di particolare rilevanza politica è la questione dell’efficacia dei provvedimenti a supporto economico delle famiglie e dei lavoratori, come la deroga per la cassa integrazione e le altre misure di sostegno previste dai decreti legge varati nel corso del 2020, nel contrastare le conseguenze negative dei lockdown. Nella nostra analisi utilizziamo un indicatore di supporto economico sviluppato dall’Università di Oxford, basato su due componenti: una di sostegno al reddito (come il reddito di emergenza e gli indennizzi per i lavoratori) e l’altra costituita da moratorie (come sospensione di rate di mutui e prestiti) introdotte in Italia. I dati mostrano che livelli di supporto economico abbastanza elevati (simili a quelli italiani durante il periodo estivo 2020) sono efficaci nel neutralizzare gli effetti negativi delle misure di confinamento.
Con il recente aumento del contagio dovuto alla presenza sul territorio di nuove varianti del virus, la prospettiva di un ritorno a misure di confinamento più restrittive è sempre più concreta. Affiancare i provvedimenti con adeguati criteri di supporto per le famiglie più a rischio, benché efficace a contrastare gli effetti recessivi del lockdown nel breve termine, potrebbe però rivelarsi una strategia onerosa nel lungo periodo. La soluzione per minimizzare il peso sulle generazioni future? Sfruttare la pandemia, e con essa i fondi europei che l’Italia riceverà, come l’occasione per investire in un’Italia digitale, sostenibile, efficiente e produttiva.