Tratto da lavoce.info
di Conchita D’Ambrosio, professore ordinario di Economia (FNR PEARL Chair) presso il Dipartimento di Scienze Cognitive e Comportamentali dell’Università del Lussemburgo
e di Giorgia Menta, studentessa di dottorato in economia all’Università del Lussemburgo
La pandemia ha cambiato la ripartizione del tempo nelle famiglie italiane. Si accentua ancora di più il divario di genere nella cura della casa e dei bambini per le donne che vivono con un partner. E anche la chiusura delle scuole ricade su di loro.
La situazione prima della pandemia
La partecipazione femminile al mondo del lavoro è aumentata, ma in Italia più che in altri paesi europei le donne continuano a trascorrere più tempo degli uomini in attività di cura della casa e dei figli. Frutto di una combinazione complessa di norme tradizionaliste e divari di genere elevati nel mercato del lavoro, il fenomeno ha importanti conseguenze sociali ed economiche, che nell’ultimo anno hanno interagito con gli effetti della crisi Covid-19.
Usando un campione di circa 1.700 italiani osservati a più riprese nel corso del 2020 (derivati dai dati Come-Here), la figura 1 mostra la ripartizione del tempo in una normale giornata lavorativa di un periodo antecedente alla prima ondata della pandemia (gennaio 2020), in base al genere e allo stato civile degli intervistati.
La figura conferma una suddivisione iniqua dei compiti di cura tra uomini e donne, indipendentemente dallo stato civile (single o in coppia convivente). Se la differenza è di appena 15 minuti tra uomini e donne single, le donne che vivono con il proprio partner riportano un carico giornaliero medio di 1,3 ore supplementari rispetto agli uomini in coppia (per le donne con figli si arriva a 1,7 ore, mentre per quelle senza è di 40 minuti). La differenza, che in parte può essere spiegata dal minore tempo speso dalle donne in attività lavorative remunerate, è accompagnata da un divario di genere anche nell’ambito ricreativo: a prescindere dal loro stato civile, le donne hanno circa 40 minuti di tempo libero in meno e il loro consumo ricreativo dei media (come tv o internet) è di 20 minuti inferiore rispetto a quello degli uomini.
Figura 1 – Ripartizione del tempo in un normale giorno lavorativo a gennaio 2020, in base a genere e stato civile.
Nota: Le barre in figura rappresentano i valori medi delle ore spese in diverse categorie di attività in un giorno tipico di gennaio 2020, in base a genere e stato civile. Le ore di lavoro sono riportate solo per gli intervistati impiegati. Intervalli di confidenza al 90 per cento sono sovrapposti sulle medie riportate.
Il divario di genere aumenta durante la pandemia
Come è cambiata la ripartizione del tempo nelle famiglie italiane dall’inizio della pandemia? Coerentemente con quanto già scritto da Daniela el Boca e coautori, ad aprile 2020 più di metà degli intervistati dicono di trascorrere più tempo in attività di cura della casa e dei figli rispetto ai livelli pre-pandemia di gennaio. Ma la figura 2.a) mostra che, tra gli intervistati che convivono con il/la proprio/a partner, l’aumento del tempo speso in attività di cura è maggiore per le donne (circa mezz’ora in più al giorno).
A seconda della presenza o meno di bambini in casa, l’incremento è composto da attività di cura diverse: per le coppie con bambini, è il carico di cura dei figli che cresce più per le donne che per gli uomini, mentre la (iniqua) ripartizione dei compiti domestici rimane invariata. Al contrario, nelle coppie senza figli, l’aumento del divario nelle attività di cura deriva unicamente da una maggiore partecipazione femminile ai lavori domestici. Il divario di genere qui è potenzialmente sottostimato: diversi studi indicano che, rispetto alle donne, gli uomini tendono a sovrastimare il tempo che spendono in attività di cura.
La figura 2.a) mostra anche che, rispetto agli uomini single, le donne senza un partner sembrano aver subito una più ampia riduzione nel tempo speso in attività lavorative remunerate, compensata con un più alto consumo di attività ricreative.
Figura 2 – Cambiamento del tempo speso in diverse attività durante la pandemia, in base a genere e stato civile.
Nota: Le barre in figura rappresentano i valori medi del cambiamento del tempo speso in diverse attività in una normale giornata lavorativa a) da gennaio ad aprile 2020 e b) da gennaio a novembre 2020, in base a genere e stato civile. Tutti i valori sono espressi in ore. Il cambiamento del tempo speso in ore di lavoro è riportato solo per gli intervistati impiegati. Intervalli di confidenza al 90% sono sovrapposti sulle medie riportate.
Complice un programma di chiusura scuole più rigido, l’aumento sproporzionato delle attività di cura per le donne in coppia è più alto in Italia rispetto ad altri paesi europei come Spagna, Germania e Svezia (negli ultimi due, il lockdown non sembra aver esacerbato le differenze di genere). In Francia si registra invece un aumento del divario di genere simile al nostro, dovuto principalmente alle attività di cura dei bambini (in media più numerosi nelle famiglie francesi rispetto a quelle italiane), ma comunque più basso di quello italiano.
Un divario ingiustificato?
Qual è il profilo delle donne il cui carico di lavoro di cura è aumentato di più? Rispetto alle donne single, sono più istruite, hanno una maggiore probabilità di avere un impiego, sono più giovani e hanno una maggiore probabilità di avere almeno un figlio. Rispetto agli uomini in coppia invece, le donne che vivono con un partner sono altrettanto istruite, ma partecipano meno al mercato del lavoro (il 67 per cento ha un impiego, contro il 77 per cento degli uomini). Se lavoratrici, hanno subito in media la stessa riduzione del tempo di lavoro degli uomini (-2,7 ore al giorno), come si vede in figura 2.a). Sono inoltre più giovani e con lo stesso numero medio di figli degli uomini in coppia.
Nonostante i profili simili, in seguito alla pandemia le donne spendono incrementalmente più tempo in attività di cura rispetto agli uomini, e la differenza persiste anche restringendo il campione a individui con un impiego. Ciò è in linea con gli studi che mostrano che le donne lavoratrici spesso svolgono un second shift (un “secondo turno” di lavoro), dato dalle attività di cura eseguite una volta rientrate a casa. Il secondo turno comporta dei costi per le donne che lo svolgono: oltre ad avere meno tempo da dedicare ad attività ricreative, sono più infelici e hanno una maggiore probabilità di separarsi dal partner.
Cosa è cambiato a quasi un anno dall’inizio della pandemia? Ricontattati a novembre 2020, gli intervistati svolgono ancora più attività di cura rispetto a gennaio 2020, ma in misura minore rispetto all’aumento registrato ad aprile e senza sostanziali differenze tra sottogruppi (figura 2.b). In generale, rispetto ad aprile, si registra una convergenza verso una ripartizione del tempo più simile a quella antecedente alla pandemia, con differenze di genere meno pronunciate.
Con il primo Dpcm Draghi e la decisione di chiudere le scuole anche in aree a rischio al di fuori delle zone rosse, nei prossimi mesi le famiglie italiane saranno ancora una volta chiamate ad assorbire un carico maggiore di cura dei figli. Monitorare la ripartizione del tempo in famiglia sarà di primaria importanza per comprendere appieno come l’evoluzione della pandemia stia cambiando le dinamiche familiari e quali effetti possiamo aspettarci nel lungo periodo.