Tratto da lavoce.info
DI CONCHITA D’AMBROSIO, professore ordinario di Economia (FNR PEARL Chair) presso il Dipartimento di Scienze Cognitive e Comportamentali dell’Università del Lussemburgo.
E GIORGIA MENTA, studentessa di dottorato in economia all’Università del Lussemburgo
Sono meno del 12 per cento gli italiani che dichiarano di non volersi vaccinare. Ma qual è il loro profilo? Sono tra le persone che più hanno sofferto gli effetti economici della pandemia. Finita l’emergenza, la sfida sarà riconquistare la loro fiducia.
Quanti sono i non vaccinatii no-vax?
Nonostante gli iniziali scetticismi, il tasso di vaccinazione anti Covid-19 in Italia ha raggiunto i livelli promessi a febbraio, superando, a fine agosto, la soglia del 70 per cento della popolazione con almeno una dose. Benché il numero di vaccinati sia tuttora in crescita (i dati Ecdc riportano più di mezzo milione di dosi somministrate in Italia nella settimana dal 13 al 19 settembre), alcuni equiparano erroneamente i no-vax a tutti coloro che non hanno ricevuto il vaccino: bisogna però tenere a mente che, oltre a chi si è già prenotato per ricevere una dose, il numero dei non vaccinati include anche chi non può farlo per via di condizioni mediche pregresse e gli indecisi.
Stime più realistiche del vero numero dei no-vax vengono da sondaggi su campioni di individui rappresentativi, come il COME-HERE realizzato dall’Università del Lussemburgo (sulla base del quale avevamo già documentato l’effetto della pandemia su povertà e disuguaglianza e sulla ripartizione del tempo in famiglia).
A giugno 2021, i soggetti intervistati hanno dichiarato il loro status vaccinale, in risposta alla domanda “è stato/a vaccinato/a per il Covid-19?”. La figura 1 riporta le percentuali per ogni possibile riposta – Sì; No, ma ho intenzione di farlo; No e non ho intenzione di farlo – in Italia e altri tre paesi europei (Francia, Germania e Spagna).
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Circa il 12 per cento degli italiani intervistati ha dichiarato di non volersi vaccinare, una cifra coerente con quanto riportato dagli osservatori Covid-19 dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università Cattolica. In Spagna si è registrato un numero più basso di scettici al vaccino, mentre valori più elevati si hanno invece in Francia (+9,2 punti percentuali) e Germania (+1,4 punti percentuali).
Chi sono i no-vax?
Come già sottolineato qui, diversi fattori socio-economici e demografici caratterizzano i profili dei no-vax. Dai nostri dati emerge che, in Italia, uomini e donne hanno la stessa probabilità di dichiarare di non volersi vaccinare (a differenza di Francia e Germania, dove le donne sono più scettiche). Mentre all’estero sono i gruppi più giovani a non volersi vaccinare, in Italia lo scetticismo si concentra tra le fasce d’età tra i 30 e i 50 anni. Una costante tra i diversi paesi è lo stato civile dei no-vax intervistati: rispetto a chi dichiara di essere già vaccinato o di volersi vaccinare, hanno una maggiore probabilità di essere single.
Un fattore che invece non sembra giocare un ruolo sostanziale è il livello di istruzione: in Italia (come in Spagna), la percentuale di no-vax è la stessa lungo tutti i livelli di istruzione (primaria, secondaria, o universitaria) a differenza di Francia e Germania, dove emerge invece un gradiente negativo tra istruzione e scetticismo verso i vaccini.
Un profilo di insicurezza economica
Sebbene abbiano una formazione scolastica simile ai vaccinati, i no-vax in Italia sembrano però essere stati colpiti più duramente dagli effetti economici scaturiti dalla crisi Covid-19. I dati in figura 2 mostrano come la percentuale sia più elevata tra coloro che hanno più sofferto sul mercato del lavoro. La proporzione di scettici verso il vaccino, infatti, è significativamente più alta tra chi ha perso il lavoro almeno una volta dall’inizio della pandemia e, a condizione di essere impiegato, tra chi ha visto orari di lavoro o guadagni ridotti negli ultimi tre mesi.
Inoltre, tra coloro che hanno un impiego, sembra esserci una maggiore percentuale di no-vax tra chi percepisce il proprio lavoro come più a rischio (cioè chi riporta un valore al di sopra della mediana nella domanda “quale pensa sia la probabilità di perdere il suo lavoro nei prossimi 6 mesi?”).
Riconquistare la fiducia
Non è sorprendente dunque constatare che al profilo di insicurezza economica dei no-vax si accosta un sentimento di sfiducia generalizzato, non solo nei confronti dei vaccini, ma anche verso le altre persone, il governo e il sistema sanitario (figura 3a).
Come documentato da lavori come quello di Bossert, Clark, D’Ambrosio e Lepinteur, l’insicurezza economica è associata a una maggiore probabilità di votare partiti di destra, elemento che ritroviamo di nuovo in figura 3b: tra le macro-categorie dello spettro politico, è a destra che si manifesta una più alta percentuale di no-vax.
Al di là del dibattito sull’obbligo vaccinale, diversi articoli raccomandano la promozione dell’informazione scientifica corretta come metodo per contrastare i no-vax, che spesso sostengono le proprie convinzioni sulla base di fake news e notizie non verificate. Il quadro mostrato dalla nostra analisi, però, sembra suggerire che la diffusione di informazioni, per quanto essenziale, potrebbe non bastare: la sfida sarà riconquistare la fiducia di segmenti della popolazione che, sin dall’inizio della pandemia, si sono ritrovati in situazioni di maggiore vulnerabilità economica e si sono sentiti abbandonati da uno stato verso il quale nutrono sempre più diffidenza. Altrimenti, il rischio è che, una volta sotto controllo la pandemia, i no-vax di oggi diventino i gilet gialli di domani.
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