Tratto da lavoce.info
DI ENRICO RETTORE, professore ordinario di Econometria presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Padova
Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato nel nostro paese il più alto dal secondo dopoguerra. All’inizio del 2021 il dato rispecchia la scomparsa dell’influenza e i primi effetti della campagna vaccinale.
L’indicatore della mortalità totale
Istat e Istituto superiore di sanità hanno pubblicato il rapporto di aggiornamento a marzo 2021 dell’impatto della pandemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente. Il ricorso alla mortalità totale per misurare gli effetti della pandemia è una pratica standard adottata in molti paesi. Consiste nel conteggio dei decessi per il complesso delle cause in un certo arco di settimane/mesi dell’anno di interesse, confrontati con i decessi nello stesso arco di settimane/mesi degli anni precedenti. L’eccesso di mortalità definito in questo modo fornisce un’indicazione dell’impatto complessivo della pandemia, tenendo conto non solo delle morti causate direttamente da Covid-19, ma anche di quelle indirettamente collegate alla pandemia, dovute al trattamento ritardato, o mancato, delle altre patologie a causa del sovraccarico del sistema sanitario. D’altra parte, il dato dei decessi ufficialmente attribuiti a Covid-19 potrebbe essere sottostimato, essendo riferito ai soli casi di deceduti per i quali è disponibile una diagnosi microbiologica di positività al virus.
Cosa è successo da gennaio 2020 a marzo 2021
Come già nei precedenti rapporti congiunti Istat-Iss, l’eccesso di mortalità è stato stimato confrontando, a parità di periodo, i dati del 2020 e del 2021 con la media dei decessi del quinquennio 2015-2019.
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La figura 1 sintetizza i principali risultati documentati nel rapporto. Presenta l’andamento da gennaio 2020 a marzo 2021 dei decessi totali (linea rossa) e dei decessi ufficialmente attribuiti a Covid-19 (linea verde). Il termine di paragone è costituito dal numero medio di decessi totali, nello stesso arco di 15 mesi, per gli anni dal 2015 al 2019 (linea blu).
– L’andamento temporale delle morti Covid-19 riproduce fedelmente l’andamento temporale del totale decessi, con evidenti picchi a marzo e a novembre 2020 e un ulteriore aumento, anche se di minore portata, alla fine del periodo di osservazione.
– Il confronto tra decessi totali 2020-2021 e decessi totali medi 2015-2019 evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, la macroscopica anomalia dei decessi nel periodo pandemico rispetto alla norma costituita dal quinquennio precedente il 2020.
Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro paese dal secondo dopoguerra: 746.146 morti, 100.526 in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6 per cento di eccesso). Nel rapporto si osserva però che tenendo conto delle variazioni nella struttura per età intervenute nell’arco degli anni dal 2015 al 2021 – la popolazione italiana è invecchiata – nel 2020 la mortalità totale ha registrato un aumento del 9 per cento, a livello nazionale rispetto alla media del quinquennio 2015-2019.
Nelle prime settimane del 2021 i decessi totali sono in linea con la media 2015-2019.
Il grafico illustra con chiarezza che ciò accade in larga parte perché in quelle settimane la media 2015-2019 è nettamente superiore alla restante parte dell’anno. La spiegazione plausibile sta nella pressocché totale scomparsa dei casi di influenza – e dei decessi associati – a gennaio e febbraio 2021. Scomparsa riconducibile alle misure di protezione e di distanziamento sociale adottate per contenere la diffusione del coronavirus.
A partire da inizio marzo i decessi totali 2021 tornano a eccedere la media del quinquennio 2015-2019. Facendo riferimento a precedenti rapporti Istat-Iss, quello attuale chiarisce che è il periodo nel quale iniziano a manifestarsi gli effetti della campagna di vaccinazione: “Dopo sette settimane [dalla prima dose] si è stimata una riduzione di circa l’80 per cento per il rischio di infezione, il 90 per cento per il rischio di ricovero e il 95 per cento per il rischio di decesso”.
Il confronto con altri paesi europei
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Riprendendo i risultati presentati in uno studio Eurostat, il rapporto Istat-Iss presenta infine un interessante confronto dell’eccesso di mortalità tra alcuni paesi europei. La figura 2 mostra l’andamento da gennaio 2020 a marzo 2021 della variazione percentuale dei decessi totali rispetto al quadriennio pre-pandemico.
– L’Italia e la Spagna sono i primi paesi a sperimentare un drammatico incremento dei decessi già a partire dal mese di marzo 2020.
– Ad aprile l’incremento dei decessi è ancora sostenuto nel nostro paese (+42 per cento rispetto alla media dei decessi di aprile del periodo 2016-2019), superato da quello del Belgio (+74 per cento) e dell’Olanda (+56,3 per cento). Invece la Germania durante la prima ondata registra un aumento dei decessi inferiore al 10 per cento.
– A partire da luglio 2020 i decessi iniziano di nuovo ad aumentare, soprattutto in Spagna. Negli altri paesi, inclusa l’Italia, il ritmo di incremento è generalmente più lento fino al mese di ottobre quando si verifica una nuova fase di rapida crescita dei decessi rispetto alla media del 2016-2019.
– A novembre 2020 molti paesi, tra cui l’Italia, sperimentano un nuovo picco dei decessi. L’incremento maggiore si registra in Polonia (+97 per cento), in Belgio (+59 per cento) e in Italia (+52 per cento). In Germania, dove l’incremento autunnale dei decessi era apparso posticipato di un mese rispetto agli altri paesi, l’eccesso di mortalità è continuato a crescere fino a dicembre.
– Anche negli altri paesi europei considerati nel grafico (con l’eccezione del Portogallo) si osserva un andamento dei decessi a gennaio e febbraio 2021 in linea con gli anni precedenti.
Dal grafico in figura 2 l’Italia sembrerebbe essere tra i paesi nei quali la pandemia ha provocato più decessi. Serve però tenere conto del fatto che formulati in questo modo i confronti internazionali sono distorti dalla diversa struttura per età della popolazione (oltre a essere suscettibili di revisioni sulla base degli aggiornamenti fatti mensilmente dai vari paesi). Un recente articolo pubblicato dal British Medical Journal mostra che tenendo conto della diversa struttura per età dei 25 paesi europei considerati nello studio, in dieci l’eccesso di mortalità risulta effettivamente inferiore a quello italiano: Danimarca, Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Francia, Germania, Austria, Grecia e Portogallo. Ma nei rimanenti quattordici paesi risulta paragonabile, o superiore, a quello italiano.
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