Tratto da lavoce.info
DI ANGELO BAGLIONI, professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano
La politica monetaria è cambiata negli ultimi anni. Le banche centrali hanno arricchito la loro “cassetta degli attrezzi” e modificato la loro strategia. Il libro “Le frontiere della politica monetaria” spiega il passaggio dalla gestione tradizionale della moneta alla “nuova normalità”. In questo articolo i temi trattati nel volume.
La gestione della moneta è stata rivoluzionata in poco più di dieci anni. Le diverse crisi che si sono succedute, da quella dei “mutui subprime” a quella del debito sovrano a quella scatenata dal coronavirus, hanno costretto le banche centrali ad introdurre strumenti nuovi, che sono divenuti noti complessivamente come politiche monetarie “non convenzionali”.
Queste innovazioni sono state introdotte come misure temporanee, per reagire alle crisi in corso. Tuttavia, rispondono anche ad alcune tendenze di fondo dell’economia: per questa ragione, sono destinate a restare permanentemente nel panorama della politica monetaria. Si è venuta così creando una “nuova normalità” (new normal) nella gestione della moneta, che incorpora le nuove tecniche e le affianca agli strumenti tradizionali già a disposizione delle banche centrali.
Quantitative easing
All’origine delle trasformazioni vi è il fatto che lo strumento classico della politica monetaria, il livello dei tassi di interesse, è divenuto un’arma spuntata nel momento in cui esso ha raggiunto, attraverso successive riduzioni, il suo limite naturale: lo zero. A quel punto, le manovre espansive di politica monetaria non potevano più avvenire abbassando ulteriormente i tassi di interesse. Occorreva inventarsi qualcosa di nuovo. La strada fu identificata nelle misure di allentamento quantitativo: nacque così il Quantitative easing. Da allora, un allentamento monetario viene identificato con l’introduzione, ed eventualmente l’espansione, di programmi di acquisto di attività finanziarie (titoli pubblici e privati) da parte delle banche centrali. Per converso, una restrizione monetaria viene attuata in primo luogo riducendo la dimensione di tali programmi (il tapering annunciato dalla Fed) fino ad abbandonarli del tutto. Solo dopo arriva, eventualmente, il rialzo dei tassi di interesse di policy.
Prestiti a lungo termine, comunicazione, tassi negativi
Un altro strumento innovativo sono i prestiti a lungo termine al settore bancario. Mentre la scadenza tradizionale delle operazioni di politica monetaria era breve (una settimana nell’area euro), nel nuovo assetto, le banche centrali concedono finanziamenti con scadenze lunghe (fino a quattro anni nell’area euro), che spesso includono alcune condizioni per incentivare le banche a girare i prestiti all’economia reale. La comunicazione ha assunto un ruolo centrale nella “nuova normalità” del central banking: mentre una volta i banchieri centrali amavano sorprendere i mercati finanziari e preferivano tenersi le mani libere sulle loro mosse future, oggigiorno fanno di tutto per essere prevedibili e orientare le aspettative dei partecipanti al mercato, attraverso la cosiddetta “forward guidance”. Alcune banche centrali, tra cui la Bce, hanno varcato la soglia dello Zero Lower Bound (Zlb), portando in territorio negativo, seppure marginalmente, i tassi di interesse applicati ad alcune loro operazioni. Tutti questi cambiamenti hanno avuto un impatto profondo sulla gestione operativa della politica monetaria: sugli strumenti utilizzati e sui rapporti tra banca centrale e mercati finanziari.
Revisione della strategia
Tra l’anno scorso e quest’anno, la Fed e la Bce hanno attuato una revisione delle loro strategie. La principale spinta in questa direzione è venuta dalla necessità di ancorare le aspettative di inflazione all’obiettivo prefissato (2 per cento), in presenza di tassi di inflazione più bassi dell’obiettivo per lunghi periodi di tempo e di tassi di interesse prossimi allo Zlb. La convergenza dei tassi di interesse a livelli così bassi è legata ad alcune tendenze di lungo periodo dell’economia mondiale, che vanno sotto il nome di “stagnazione secolare”. Il recente ritorno dell’inflazione su livelli mai visti da molti anni è stata una sorpresa, che sta mettendo a dura prova la strategia e la capacità di comunicazione delle banche centrali, strette tra due esigenze contrapposte: da un lato evitare una stretta monetaria prematura, in presenza di forti incertezze sull’evoluzione della pandemia, dall’altro scongiurare il pericolo che i tassi d’inflazione osservati negli ultimi mesi entrino stabilmente nelle aspettative degli operatori economici.
Politica monetaria verde, moneta digitale
Le nuove frontiere della politica monetaria sono la sostenibilità ambientale e la moneta digitale. I massicci investimenti fatti con le operazioni di Qe hanno portato le banche centrali a detenere ampi portafogli di attività finanziarie, emesse da soggetti privati oltreché dal settore pubblico. La composizione di questi portafogli ha un rilievo per l’ambiente: può essere sbilanciata verso il finanziamento dei settori produttivi più inquinanti o, al contrario, può essere mirata a sostenere attività che favoriscano la transizione verso una economia carbon free. L’inclusione dei temi ambientali nelle considerazioni che guidano la politica monetaria (greening monetary policy) è senz’altro destinata a occupare un posto rilevante nel dibattito di policy.
L’altra sfida deriva dalla tecnologia: in particolare, dalla diffusione di monete digitali private (cripto-currencies e stable-coins) e di servizi di pagamento innovativi. Per adeguarsi alla digitalizzazione dell’economia, le banche centrali stanno lavorando all’introduzione di una moneta digitale pubblica: la central bank digital currency (Cbdc). Aprirebbe nuove opportunità, consentendo a chiunque di detenere un conto presso la banca centrale, mentre finora questa era una possibilità riservata alle banche. Tuttavia, la Cbdc potrebbe anche comportare alcuni rischi, a partire dalla disintermediazione del sistema bancario.
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