Tratto la lavoce.info
DI ELISABETTA IOSSA, Professore Ordinario di Economia Politica presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Research Fellow presso GREEN-Bocconi ed il Centre for European Policy Research (C.E.P.R., London)
La liberalizzazione dei subappalti risponde a più esigenze. Ora, però, per contrastare le infiltrazioni criminali, la corruzione e i cartelli serviranno seri controlli preventivi, basati sul rafforzamento e sull’incrocio di banche dati pubbliche.
I motivi della liberalizzazione
Un passo verso una maggiore liberalizzazione del subappalto era atteso, sia per snellire le procedure e sveltire l’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia per rispondere alla procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea. E infatti c’è stato.
Il 28 luglio in Senato è stata approvata, con modificazioni, la legge n. 2332 di conversione del decreto legge “Governance Pnrr e semplificazioni” (n. 77, 31 maggio 2021) che prevede la liberalizzazione del subappalto in due fasi: fino al 31 ottobre 2021 non potrà superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto; dal 1° novembre 2021, invece, non ci sarà più alcun limite imposto e spetterà alle stazioni appaltanti indicare nel documento di gara le prestazioni e le lavorazioni che l’appaltatore non potrà affidare a terzi. Lo dovranno motivare in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, dell’esigenza di rafforzare il controllo del cantiere e dei luoghi di lavoro, di tutelare le condizioni di lavoro e la salute e sicurezza dei lavoratori o di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.
L’intervento legislativo risponde quindi alla procedura di infrazione n. 2018/2273 del 24 gennaio/27 novembre 2019 aperta dalla Commissione europea contro la disciplina italiana che prevedeva una limitazione del subappalto (del 30 per cento nel Codice dei contratti salito al 40 per cento con la legge n. 55 del 14 giugno 2019), mentre le direttive europee (direttive 2014/23/Ue, 2014/24/Ue e 2014/25/Ue) non prevedono alcun limite.
Il subappalto è ritenuto uno strumento utile a favorire la partecipazione delle Pmi agli appalti pubblici e a consentire alle imprese di gestire meglio le commesse, riducendone costi e rischi (Gupta-Lebrun, 1999; Moretti-Valbonesi, 2015; Haile, 2001). L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) nel recente documento di riforma concorrenziale (S4143) ha infatti proposto di eliminare i limiti al subappalto per favorire la concorrenza. Anche l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) si è espressa a favore della liberalizzazione.
Le problematiche
C’è però un altro aspetto da evidenziare. I limiti al subappalto sono stati voluti dal legislatore italiano perché si ritiene che riduca la trasparenza, favorendo sia le infiltrazioni di imprese criminali sia la corruzione. L’Autorità nazionale anti-corruzione (Anac), pur favorevole a una sua maggiore liberalizzazione, ha infatti denunciato il rischio di elusione della disciplina antimafia attraverso la frammentazione del subappalto. La stessa Agcm ha suggerito che limiti al subappalto possano essere inseriti nei bandi di gara in presenza di esigenze esplicitamente motivate dalla stazione appaltante, prevedendo l’obbligo per le imprese di indicare già in fase di gara tipologia dei lavori, quota e identità dei subappaltatori. L’obiettivo è di consentire alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di agevolarne le opportune verifiche.
Le preoccupazioni sono confermate dai dati delle gare italiane che mostrano che le imprese indagate per corruzione concedono in subappalto una fetta più ampia dell’appalto rispetto a quelle non indagate. E hanno oltre il 60 per cento di probabilità in più di scegliere subappaltatori indagati per corruzione (Decarolis-Fisman-Pinotti-Vannutelli, 2021). Non siamo a conoscenza di dati sulle infiltrazioni mafiose nei subappalti, ma immaginiamo che confermerebbero i timori.
Bisogna infine tenere conto che il subappalto è utilizzato in modo illecito per favorire i cartelli di imprese. Diverse indagini antitrust hanno infatti evidenziato casi di imprese che si sono impegnate a non partecipare alle gare in concorrenza con gli altri membri del cartello in cambio di una quota della commessa (si veda per esempio l’Indagine 821 del 16 Dicembre 2019 sugli affidamenti di servizi di vigilanza in Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio).
È difficile prevedere con la liberalizzazione del subappalto quali di questi molteplici effetti prevarrà, tra maggiore partecipazione delle Pmi, riduzione dei costi e dei prezzi delle commesse, maggiori infiltrazioni criminali, corruzione e cartelli. Fondamentale sarà il ruolo delle stazioni appaltanti e dei controlli. È probabile che alcune stazioni appaltanti ne beneficeranno per sveltire la realizzazione dei progetti e ridurne i costi. Altre, invece, troveranno terreno fertile per accordi illeciti. Altre ancora saranno più esposte al rischio di intese di natura anti-concorrenziale (non è chiaro se il sospetto di cartello possa rientrare tra le motivazioni per cui una stazione appaltante decide di limitare il subappalto).
Per contrastare le infiltrazioni criminali, la corruzione e i cartelli serviranno controlli preventivi di sostanza, basati sul rafforzamento e sull’incrocio di banche dati pubbliche, e un monitoraggio economico statistico dell’esito delle procedure di affidamento. Si dovrà agire sia tramite un organo appositamente istituito per i progetti del Pnrr sia tramite l’azione dell’Agcm e dell’Anac. Sarà dunque fondamentale che la spinta alla digitalizzazione delle procedure prevista dal Dl “Governance Pnrr e semplificazioni” si accompagni a un uso effettivo delle banche dati pubbliche, come la Banca nazionale dei contratti pubblici (Bdncp) e la Banca dati nazionale degli operatori economici (Bdoe), allo sblocco del registro del titolare effettivo e alla tanto attesa qualificazione delle stazioni appaltanti.
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