Tratto da lavoce.info
di Tito Boeri, Economista, Professore all’Università Boccon
e Edoardo Di Porto, professore Associato di Politica Economica presso la Federico II di Napoli,
Qualsiasi campagna per ridurre gli incidenti sul lavoro non può prescindere dalla prevenzione e dal rafforzamento dell’attività ispettiva. Cinque anni dopo la sua istituzione è tempo di ripensare all’idea di un unico Ispettorato nazionale del lavoro, il cui fallimento era stato preannunciato.
Migliorare numero ed efficacia delle ispezioni
Il sindacato ha lanciato una campagna contro gli infortuni sul lavoro, una scelta che non si può che condividere. Purtroppo, in Italia gli incidenti mortali sul lavoro sono più numerosi che in altri paesi (circa 2,5 ogni 100 mila lavoratori per anno contro 1,9 in media nella Ue) e la differenza non si spiega con il rilevante peso del settore manifatturiero nella nostra struttura dell’occupazione. Rimane anche quando ci si concentra sul solo manifatturiero o sui servizi. Né si spiega col fatto che da noi, al contrario che in alcuni altri paesi, vengono contabilizzati anche gli incidenti nel transito da casa a lavoro.
Qualsiasi campagna efficace per abbassare il numero di incidenti sul lavoro non può che basarsi sulla prevenzione attraverso il rafforzamento dell’attività ispettiva. Per questo motivo è opportuno interrogarsi sull’efficacia dei controlli sulle norme di sicurezza e, più in generale, delle norme sul lavoro. C’è evidenza, infatti, che le condizioni di lavoro sono peggiori e gli infortuni più frequenti in aziende che operano nel settore informale. Inoltre, quando si ispeziona un’azienda anche con finalità diverse da quelle del controllo sulla sicurezza si ottiene un effetto deterrente complessivo sulla regolarità delle condizioni di lavoro.
Le informazioni desumibili dai rapporti annuali dell’Ispettorato nazionale del lavoro ci indicano che negli ultimi 10 anni c’è stato un costante calo del numero di ispettori che operano per le principali istituzioni che si occupano a vario titolo di vigilanza: complessivamente gli ispettori del ministero del Lavoro e dell’Inps sono diminuiti del 30 per cento dal 2010 al 2020 (da 5.500 a circa 4 mila). In altri paesi, il numero di ispettori per lavoratore è sensibilmente più alto anche se le statistiche non sono strettamente comparabili.
Di qui la pressante e legittima richiesta di aumentare il personale degli ispettorati. Sarebbe, però un grave errore non pensare anche a migliorare l’efficacia delle ispezioni indirizzandole verso le aziende dove è più facile riscontrare le irregolarità, e possibilmente porvi riparo.
L’ispettorato unico funziona?
A cinque anni dalla sua nascita, è possibile una prima valutazione dell’efficacia dei controlli condotti dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Nelle intenzioni di chi l’ha proposto, avrebbe dovuto uniformare i poteri delle tre strutture competenti per le ispezioni, evitando che ministero del Lavoro, Inps e Inail si pestassero i piedi nei vari controlli, appesantendo la vita delle imprese soggette a ispezioni incrociate (per la verità un evento molto raro). Si è così deciso di portare tutti gli ispettori all’interno dell’Inl. A partire dalla sua istituzione, a Inps e Inail non è stato più consentito reclutare nuovo personale ispettivo.
L’idea cardine dietro al progetto Inl era che fosse necessario creare un profilo di ispettore “tuttofare”, in grado di scovare sia il pagamento irregolare dei contributi sia le deficienze nella sicurezza degli impianti e nei contratti di lavoro. Si è ritenuto sbagliato mantenere la specializzazione dei corpi ispettivi nell’eseguire controlli specifici, andando in controtendenza rispetto a quanto accade negli altri paesi Ocse. Ad esempio, negli Stati Uniti OSHA (Occupational Safety and Health Administration) pianifica e conduce ispezioni per la sicurezza dei luoghi di lavoro, mentre a quelle per le frodi sul lavoro sovrintende OIG (Office of Inspector General) dell’US Department of Labor. Nel Regno Unito, l’Employment Agency Standards Inspectorate si occupa di ispezioni in materia di regolazione del lavoro, mentre l’HSE (Health and Safety Executive) si occupa di sicurezza e benessere dei lavoratori.
La figura 1 compara l’efficacia dei controlli condotti dall’Inl con quelli dell’Inps, che ha mantenuto un proprio corpo di ispettori (pur in esaurimento). Come si vede, si registra un calo di aziende ispezionate sia per Inps che per Inl: passano rispettivamente da poco meno di 90 mila nel 2010 a poco più di 15 mila nel 2019 e da circa 150 mila a 113 mila nel 2019, senza tenere conto del crollo durante la pandemia. Ma l’Inps ha di fatto quintuplicato nell’arco di 10 anni la sua efficacia in termini di recupero contributi. L’Inl, invece, ha ridotto sia il numero di ispezioni che la loro efficacia.
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L’importanza dei dati
La ragione della maggiore efficacia dell’Inps risiede nelle banche dati di cui dispone. I controlli e le ispezioni sono da sempre il cuore della lotta all’evasione, ma senza le banche dati l’attività degli ispettori sarebbe molto meno efficace. Le informazioni contenute in banche dati amministrative sempre più sofisticate permettono oggi di costruire attraverso tecniche di statistical learning indici di rischio per le dichiarazioni dei contribuenti o di verificare la coerenza fra molte dichiarazioni effettuate dagli stessi contribuenti in tempi o per ragioni diverse. Le informazioni che derivano da queste analisi permettono agli ispettori di restringere fortemente la platea dei soggetti da visitare e di migliorare l’efficacia delle visite.
Un vantaggio di questo approccio è che si applica in modo continuativo all’universo di datori di lavoro solo sulla base delle informazioni raccolte dalle amministrazioni pubbliche. Inoltre, può essere utilizzato tanto nel contrasto dell’evasione contributiva quanto nell’antifrode, impedendo di corrispondere prestazioni che non soddisfino i requisiti previsti dalla legge.
La vigilanza attraverso le banche dati ha inoltre il pregio di permettere di intervenire prima del pagamento e a tappeto, su tutti anziché a posteriori e su un campione. Questo evita le laboriose e spesso inconcludenti azioni di recupero di contributi non versati o di prestazioni erogate, ma non dovute ed è molto più efficace anche come deterrente per comportamenti fraudolenti. Soprattutto può prevenire gli infortuni.
È bene notare che le banche dati amministrative sono molto complesse. Perché vengano utilizzate in modo appropriato occorre conoscere a fondo le procedure dell’istituzione che raccoglie le informazioni nell’ambito delle proprie attività. Questo è un ulteriore ostacolo alla creazione di un unico corpo ispettivo con competenze diffuse e una ragione in più per mantenere una certa specializzazione in campo di vigilanza.
Un fallimento annunciato
Nell’audizione Inps del luglio 2015 si sottolineava come la struttura organizzativa della nuova agenzia fosse poco razionale, con l’affidamento all’Ispettorato nazionale del compito di guidare l’attività ispettiva del personale Inps e Inail definendo linee di condotta, direttive, programmazione e modalità di accertamento. Si noti bene che per sua natura tra le tre strutture, l’Ispettorato era quella priva di banche dati necessarie a svolgere il compito di coordinamento e programmazione della vigilanza nei rispettivi campi di azione. Inoltre, l’Ispettorato si sarebbe dovuto occupare anche della formazione. Ciò significa che gli ispettori dell’Inps avrebbero dovuto imparare il mestiere dei colleghi dell’Inail e del ministero, gli ispettori dell’Inail il mestiere dei colleghi del ministero e dell’Inps e gli ispettori del ministero il mestiere dei colleghi dell’Inps e dell’Inail. Un colossale rimescolamento di carte, con il personale dell’agenzia rimasto però a carico delle amministrazioni di provenienza, che continuavano a erogare i premi di risultato.
La struttura organizzativa bizantina dell’Ispettorato nazionale è stata giustificata come transitoria, propria di un ruolo “provvisorio, in esaurimento”. Ma è una transitorietà destinata a durare più di 30 anni, visto che presso l’Inps e l’Inail ci sono ispettori di 35 anni di età.
Dati gli insuccessi sin qui dell’Ispettorato e l’urgenza di ridurre gli incidenti sul lavoro in Italia, viene da chiedersi se non valga la pena di riconsiderare il progetto Inl, limitandosi a coordinare meglio gli ispettori di Inail, Inps e ministero del Lavoro, rispettandone le differenze e pianificandone l’azione di modo che le peculiari capacità di ognuno non intralcino il lavoro degli altri. Il primo passo dovrebbe essere quello di permettere a Inps e Inail di aumentare il proprio personale ispettivo, eliminando il precedente blocco delle assunzioni, e di superare ogni spezzettamento tra enti e amministrazioni centrali e locali del corpo ispettivo afferente ai tre tipi di controlli (sicurezza sul posto di lavoro, evasione contributiva e rispetto delle norme sul lavoro).
*Le opinioni espresse da Edoardo Di Porto sono esclusivamente personali e non coinvolgono l’istituzione per cui lavora.