Tratto da lavoce.info
di Fabio Marchetti, professore di Diritto Tributario sia presso il Dipartimento di Impresa e Management sia presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss – Guido Carli
Sono vari gli argomenti a favore e contro una patrimoniale personale. La via di uscita potrebbe essere l’introduzione di un’imposta complementare con base imponibile costituita dalla somma di quelle di Imu e imposta di bollo sulle attività finanziarie.
Gli argomenti a favore dell’imposta patrimoniale
Il dibattito sulla patrimoniale – recentemente riacceso da una proposta di emendamento alla legge di bilancio 2021, poi ritirata – si è articolato intorno a ben note argomentazioni a favore e contro l’introduzione di un’imposta personale di carattere generale (vedi Audizione Banca d’Italia dinnanzi le Commissioni riunite VI della Camera e 6a del Senato, 11 gennaio 2021).
Tra le argomentazioni a favore si ricorda, innanzitutto, che un’imposta sul patrimonio netto delle persone fisiche sarebbe non solo teoricamente e costituzionalmente fondata e legittima, ma verrebbe anche a completare il sistema impositivo, consentendo altresì di meglio razionalizzarlo sia sostituendo i tributi patrimoniali di tipo reale attualmente esistenti, quali l’Imu o l’imposta di bollo sulle attività finanziarie, sia armonizzandosi con tributi para-patrimoniali, quali la tassa di iscrizione al Pra, il canone Rai o anche l’imposta di successione.
D’altro canto, che l’imposta patrimoniale possa svolgere una funzione di razionalizzazione e completamento del disegno complessivo del sistema impositivo fu, a suo tempo, tema discusso in occasione della riforma tributaria del 1971, anche se, a seguito dello “scontro” fra Cesare Cosciani (favorevole) e Bruno Visentini (contrario), la sua introduzione fu accantonata a favore dell’Ilor.
Un’imposta globale netta sui patrimoni delle persone fisiche avrebbe poi un effetto perequativo e redistributivo. L’imposta patrimoniale potrebbe essere uno strumento particolarmente efficace per combattere le diseguaglianze fra ricchi e poveri, nonché le diseguaglianze territoriali e generazionali.
Il cosiddetto “divario generazionale” (che misura la distanza fra la popolazione matura – over 35 – e i giovani – under 35 – con un indicatore che negli ultimi vent’anni tende inesorabilmente ad aumentare) trova nella differenza della ricchezza fra le due fasce di età uno dei fattori economici di maggiore rilievo, tanto da far ritenere che i giovani non potranno mai raggiungere l’indice di ricchezza degli anziani se non dopo la morte di questi ultimi (Fondazione Bruno Visentini).
Un ultimo argomento, che è stato sollevato di recente e che trova fondamento nell’attuale crisi economica dovuta alla pandemia, è che l’introduzione di un’imposta patrimoniale avrebbe un minor impatto negativo sull’economia produttiva rispetto a un aumento dell’imposizione sui redditi o sul consumo (Andrea Manzitti, Per una nuova imposta italiana sul patrimonio netto, Astrid).
Gli argomenti contro la patrimoniale
I principali argomenti contro l’introduzione di un’imposta patrimoniale personale e generale sulla ricchezza delle persone fisiche possono, invece, riassumersi nelle seguenti tre considerazioni:
i. la maggior parte dei paesi europei ha abbandonato l’applicazione di un’imposta patrimoniale: mentre fino a qualche anno fa l’imposta patrimoniale era applicata da circa dodici paesi, oggi continua a essere prevista solo da Spagna, Norvegia e Svizzera;
ii. l’imposta patrimoniale comporta un’intrinseca difficoltà di accertamento sia per la volatilità della ricchezza (finanziaria e non) sia per la difficoltà di individuare in concreto molti dei cespiti che dovrebbero concorrere alla determinazione della base imponibile, nonché di determinare il loro valore (si pensi ai gioielli, alle opere d’arte e alla ricchezza mobiliare in generale), il che potrebbe facilitare l’evasione;
iii. la sostituzione delle imposte patrimoniali di carattere reale attualmente esistenti (Imu e imposta di bollo sulle attività finanziarie, in particolare) con una globale sulla ricchezza potrebbe determinare una perdita di gettito, laddove – come proposto dall’emendamento alla legge di bilancio – le aliquote della nuova imposta dovessero essere contenute entro il 2-3 per cento.
Verso un’imposta patrimoniale personale complementare
Riguardo all’ultima obbiezione, ricordo che attualmente le principali imposte patrimoniali esistenti nel nostro ordinamento (Imu, imposta di bollo sulle attività finanziarie, e le omologhe imposte per i beni all’estero – Ivie e Ivafe) danno un gettito di circa 23 miliardi, di cui 18,7 Imu e 4,5 imposta di bollo (dati 2018), a cui non è ipotizzabile rinunciare, tanto più che la soppressione dell’Imu creerebbe un problema per la finanza dei comuni, che si fonda principalmente su tale imposta.
Almeno nel breve periodo, una soluzione potrebbe essere quella di prevedere un’imposta patrimoniale di carattere personale complementare rispetto alle imposte patrimoniali reali esistenti, la cui base imponibile sarebbe costituita dalla sommatoria della base imponibile Imu e di quella dell’imposta di bollo sulle attività finanziarie, ovviamente dedotte – visto il carattere personale – le inerenti passività. L’imposta potrebbe avere carattere progressivo prevedendo una prima fascia di franchigia e aliquote progressive che da un minimo dello 0,1-0,2 per cento non dovrebbero comunque superare l’1-1,5 per cento. E laddove non necessaria nell’immediato a finanziare il debito pubblico, potrebbe essere destinata a colmare almeno in parte il “divario generazionale” fra giovani e anziani che si manifesta anche nel possesso della ricchezza.