di Daniela Ruggeri
C’è tensione nell’ambito della stessa categoria dei parrucchieri, barbieri ed estetiste, che con saggezza ed amarezza rispettano la chiusura forzata e coloro che hanno continuato a lavorare, nonostante il divieto, in ”nero”.
Un lavoro sotterraneo che ”i regolari” non tollerano più e, in rappresentanza, non solo del proprio territorio di appartenenza, ma anche dei comuni limitrofi, parla la portavoce misanese, Roberta Piretti, di ”Parrucchiera l’Immagine”.
”Le restrizioni del governo vanno bene – dice la Piretti -; se vogliamo tutelare la salute, ma il 60-70% degli appartenenti alla mia categoria, purtroppo continuano a lavorare andando o di casa in casa, quindi a domicilio, oppure con le saracinesche abbassate, all’interno dell’attività, oppure ricevendo loro stessi il cliente presso la propria abitazione. Tutte queste persone rischiano di contrarre il Covid, diffondendolo e ritardando così, un ritorno alla normalità, oltre a violare la legge.
Stiamo facendo dei sacrifici enormi per poter sopravvivere, ci sono attività sull’orlo del fallimento e, se rispettiamo gli obblighi del Decreto Legislativo, ci sentiamo dire dai nostri clienti che non abbiamo bisogno di lavorare visto che non ci adeguiamo al lavoro clandestino”.
Quale sarebbe la soluzione?
”Innanzitutto auspicherei maggiori controlli da di chi ne ha il potere e dovere, poi, che le associazioni di categoria non ci dessero solo ragione, archiviando il discorso, con ‘la salute prima di tutto’, ma che insieme a noi facessero fronte comune ribellandosi a tali imposizioni anche perchè – continua la parrucchiera – dove sta la ”salute prima di tutto” nel lavorare abusivamente? Noi siamo veramente la categoria più danneggiata, non possiamo reinventarci per poter portare a casa la pagnotta, dobbiamo solo subire. Pensate che alcuni alberghi si improvvisano mense in modo tale da poter lavorare, somministrare pasti e tenere il fruitore all’interno, noi no! Non possiamo fare nè asporto, nè vendere online. Siamo quelli più castigati. Per ottenere il ristoro, occorre avere avuto un calo del 30% di entrate, rispetto all’anno 2019, se invece di tale percentuale risulta essere un 28-29%, quindi anche per pochissimi euro, non si ha diritto a godere di tale possibilità. Non abbiamo indennizzo e le tasse, però, le dobbiamo pagare lo stesso, fino all’ultimo centesimo.
Un’altra soluzione sarebbe quella di farci fare il vaccino, abbastanza velocemente, in modo che si possa riaprire in sicurezza, senza perdere i clienti che potrebbero avere paura di recarsi in un luogo potenzialmente contagioso. Stanno facendo il vaccino tutte le categorie ”indispensabili” allo Stato, medici, infermieri, paramedici, forze dell’ordine, ecc., quindi se questa immunizzazione inoculata, facesse male, non lo somministrerebbero ai lavoratori di cui si ha necessità, per cui, chiedo che venga presa in considerazione anche la categoria che rappresento. Siamo disposti a farlo a pagamento, il cui costo sembra che si aggiri sui 45 euro. Non nego che mi era sfiorata l’idea di recarmi a San Marino e di sottopormi alla profilassi, ma poi non sarebbe riconosciuto dallo Stato Italiano, per cui sarei sempre allo stesso punto di partenza. Data la superficialità di qualche collega, vorrei vedere il presidente della nostra Regione, nonché presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, prendere a cuore tale situazione”.