di Giorgio Girelli *
L’industriosa città di Fermignano (PU) ha reso onore a mons. Adelelmo Federici, storico parroco nel centro metaurense dal 1933 al 1971, nel 50^ della scomparsa. Va rivolto convinto compiacimento in particolare a coloro che si sono attivati, anche per lo stimolo dello storico locale Giulio Finocchi, per la promozione di questo evento che mantiene viva e vicino a noi una personalità eccezionale. Il sacerdote è stato generoso e saggio punto di riferimento di diverse generazioni che hanno avuto in mons. Federici, o meglio, in “Don Adelelmo”, così come da tutti chiamato, una guida ed un sostegno ben noti ed apprezzati molto al di là delle mura cittadine. Si è guadagnato il rispetto e l’ammirazione di tutti, inclusi, se posso aggiungere, i miei ascendenti fermignanesi che mi hanno conferito il privilegio di un legame particolare con la città di Bramante. Mio nonno, fervente socialista, ne parlava molto bene. E nella sua città don Adelelmo ha lasciato forti segni. In campo ecclesiale va ricordato che insieme all’allora arcivescovo Antonio Tani consacrò prete nella chiesa di Santa Veneranda il 25 luglio 1943, alle 7 del mattino, don Amato Cini – che poi divenne noto poeta e docente – in un periodo di forti sofferenze per l’Italia. Inoltre, come si legge nella “Relazione storica-artistica-architettonica” del 1° dicembre 2016, la Soprintendenza per le belle arti delle Marche, nel dichiarare il “Complesso architettonico Chiesa di Santa Maria Maddalena” “bene di interesse storico-architettonico”, come da richiesta della Conferenza Episcopale Marchigiana, rileva che “sul lato lungo di via XX Settembre, in aderenza al fabbricato della chiesa, nel 1940/1941 venne edificata la Casa del Sacro Cuore. L’opera voluta dal parroco don Adelelmo Federici per destinarla ad oratorio ed aule per attività parrocchiali, venne iniziata il 26 luglio 1940 ed inaugurata il 27 luglio 1941”. Fece inoltre costruire una nuova chiesa nella frazione di Calpino nel 1961 ed intitolata a “Cristo lavoratore”. Il “lavoro”, appunto: altro aspetto saliente dell’impegno sociale di Don Adelelmo che nel 1966 caldeggiò la costituzione di in circolo ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani). Come rilevano i dirigenti del Sodalizio, secondo il sacerdote “ per i fedeli lavoratori occorreva una associazione volta al sociale, più attenta, per vocazione, alle condizioni di vita del mondo dei lavoratori. Un riconoscimento quindi ponderato, frutto di stima per le ACLI stesse quando sembrava che solo le organizzazioni di stampo marxista riuscissero a interpretare le esigenze del mondo del lavoro”. Sempre sul versante sociale ebbe pure parte rilevante nella costituzione a Fermignano della sezione della Associazione Volontari Italiani del Sangue, fondata nel 1960 sotto la spinta del cavalier Giuseppe Cleri. Alla preziosa attività si pervenne perché Cleri – così puntualizza il profilo storico predisposto dai dirigenti della benefica entità – si avvalse della “attiva collaborazione dei presidenti provinciali Bracci e Ceccherelli, del parroco di Fermignano Adelelmo Federici, del dr. Ferdinando Fattori, del prof. Dante Piergiovanni, nonché del cav. Renato Girelli, segretario del Consiglio Provinciale di Pesaro che con notevoli sacrifici anche personali veniva spesso tra noi a portarci la sua esperienza e la sua preziosa collaborazione.”
Non mancarono in lui fierezza di tratto ed elevato senso civico: egli è stato definito anche “noto fustigatore dei costumi fascisti”. Ermanno Torrico ci ricorda che “tra i tanti che si distinsero nel prestare aiuto agli ebrei, ma anche ai partigiani e ai prigionieri alleati evasi dai campi di concentramento, vanno ricordati, oltre a don Gino Ceccarini, i sacerdoti don Adelelmo Federici, don Dante Lucerna, don Gino Loppi e don Pietro Moneta”.
Hanno illustrato gli aspetti di questa intensa personalità nel corso del convegno curato dal Comitato Organizzatore e dalle Istituzioni ed Associazioni che con esso hanno dato vita all’avvenimento, l’arcivescovo di Urbino mons. Giovanni Tani, il sindaco Emanuele Feduzi, la nipote Ada Montanari ed il dr. Giuseppe Fattori.
Serbare grata memoria di sacerdoti come “Don Adelelmo” corrisponde certo ad un doveroso omaggio a Lui dovuto ma concorre ad arricchire il nostro spirito alla luce del suo operato ed a metterci in guardia, di fronte alle tante fatuità dell’oggi, su quale debba essere il sicuro cammino per un sano vivere. Ha dichiarato la nipote Elena Federici: “Don Adelelmo è stato sacerdote di grande preparazione e di sincera vocazione ma anche uomo con la rara virtù del coraggio di mantenersi coerente e fedele a sè stesso anche in situazioni scomode, impopolari, e persino molto pericolose. Nel percorso educativo e formativo delle nuove generazioni i buoni esempi sono fondamentali perché rappresentano la traduzione di teorie nobili in realtà possibili”. Come appunto quello offerto dalla operosa ed illuminata vita di questo illustre fermignanese.
*Coordinatore Centro Studi Sociali “A. De Gasperi”