La copertina del libro
– “Dante il Romagnuolo” (Edizioni la Piazza, 320 pagine, euro 20), è il libro straordinario che racconta i personaggi e luoghi romagnoli e marchigiani nella Divina commedia. Lo ha scritto il riccionese Glauco Selva, dantista per diletto da un trentennio. Il volume si legge d’un fiat: veloce e ricchissimo di informazioni che aiutano a capire il Dante poeta, storico, filosofo, esoterico, religioso.
Che Dante Alighieri fosse una persona singolare è facilmente intuibile; di lui non abbiamo la data di nascita scritta da qualche parte, non conosciamo la sua scrittura e non abbiamo una copia originale della Divina Commedia. Il mistero si infittisce quando si cerca di conoscere il suo volto senza un’iconografia certa, ma solo il calco da defunto. Giovanni Boccaccio è il primo biografo, amico dei figli del poeta Jacopo e Pietro, e ce lo descrive “solitario”, “di pochi domestico”, “d’animo alto e disdegnoso molto”. Insomma, non di grande compagnia e col naso all’insù. Nonostante il metro e sessanta riesce a guardare tutti dall’alto vero il basso e trattare la gente di conseguenza. Però si fa autocritica e conferma di essere invidioso, ma molto di più superbo. Non confessa di essere un lussurioso, ma scorrendo i versi la sua passione per le donne va oltre la trasparenza. È un grande amatore, un casanova ante litteram, dove Beatrice segna solo un rapporto platonico e spirituale. Sono Lisetta, Violetta, la pargoletta a stimolarlo e creare una passione costante per le donne. L’essere poeta acclamato lo introduce nel mondo dei vip al quale ritiene di appartenere per lignaggio degli avi. In realtà la nobiltà è decaduta e appartiene alla nascente borghesia, quel ceto sociale che sta progressivamente facendosi largo nel panorama economico e politico nella città.
Il padre sbarca il lunario come usuraio, pratica diffusissima in quella Firenze di banche, commerci e di attività produttive. Dante è una persona coltissima e con una padronanza stupefacente di tutta la conoscenza di allora; riceve i primi rudimenti di eloquenza nel parlare e nello scrivere dal maestro Brunetto Latini. È un abile autodidatta, e dopo gli approcci di filosofia a Firenze, completerà gli studi a Bologna. Onnivoro di conoscenza, si interessa di tutto: dalle lettere alla filosofia, dalle scienze alla magia nera. Il mondo culturale del Duecento era in straordinario fermento con le opere provenienti dal mondo arabo e Dante è sempre in prima fila. Dalle sue opere emerge una persona dalle mille sfaccettature. Dal poeta che descrive la donna angelica e veicolo celeste per raggiungere la divinità, al playboy navigato in cerca di preda. Dal letterato moralista un po’ scontroso, al ragazzo della gita fuori porta con l’allegra “brigata” degli amici. Le scorribande in Romagna, non avevano nulla di uggioso, si andava a far baldoria “e quivi a ragionar sempre d’amore”, vere e proprie spedizioni goderecce e spendaccione. Sono ragazzi in cerca di allegria, quello che la Firenze arricchita e dedita agli affari, dilaniata dalle lotte politiche e dalle faide famigliari, non poteva dare.
Della Romagna erano ospiti abituali, conoscevano il dialetto, che non era tra i preferiti di Dante, anzi lo riteneva fiacco e poco virile; però apprezzavano la cucina, l’ospitalità della gente, la pace dei luoghi, ma godevano pure delle floride arzdore romagnole di cui ammiravano il piglio. Tutta quella “romagnolità” magicamente descritta in Amarcord da Federico Fellini. La storia di Firenze legata alla Romagna è viva; si preferisce scendere al mare Adriatico per imbarcarsi verso l’Oriente e favorire i traffici mercantili piuttosto che tentar la via del Tirreno della nemica Pisa. Sarà un mix di ingredienti che lo fanno approdare in Romagna.
Romagna non come un ultimo rifugio, bensì come la patria delle origini! Da cui trasse il nome grazie ad Aldighiera, moglie del trisavolo Cacciaguida. La vera Roma è rappresentata dalla Romagna e quel che restava delle legioni imperiali compare nell’aquila dei da Polenta. Passeggiando tra i monumenti di Rimini imperiale e contemplando i mosaici di Ravenna bizantina risuonano in lui i fasti dell’Impero Romano e della sua gens fieramente rivendicata. La Romagna lo accoglie fin dal primo esilio; si creano una forza attrattiva e un rapporto d’amore insolubili, in eterno con le ossa che riposano in San Francesco.
Chi fosse interessato al libro: 0541.611070