Il regista Antonio Maria Magro
Florence Guérin
La Valmarecchia nel film “Storie di seduzione” del regista Antonio Maria Magro. Un inno ai luoghi di Tonino Guerra.
E’ su Amazon.
Il grande cinema d’autore italiano forse può finalmente ricominciare a sperare in un futuro più roseo grazie alle piattaforme più importanti che sono, di sicuro, Amazon e Netflix.
Magro decide di bloccare l’uscita in tono minore offerto da una piccola distribuzione e inizia la lavorazione del secondo film “Storie di Seduzione”, appunto. Un film dedicato a Tonino Guerra e al magico mondo della radiofonia. Protagonista l’attrice francese Florence Guérin, con Carrol Baker (la famosa diva di Hollywood a cui si deve il nome dell’indumento femminile Baby Doll), Marina Suma, i grandi attori di teatro Giancarlo Dettori e Walter Maestosi, l’immancabile partecipazione amichevole di Oreste Lionello che il regista definiva il suo portafortuna e se stesso nel ruolo di co-protagonista, interpretando (guarda caso) un personaggio “muto”. Non sfugge a qualcuno questo apparentemente secondario dettaglio…Musica di Roby Facchinetti con tema centrale per grande orchestra arrangiato dal maestro Fio Zanotti. La Fotografia viene curata dall’indimenticato Cristiano Pogany, figlio del celebre direttore della fotografia ungherese Gabor Pogany. Cristiano firma con questo film il suo testamento artistico, venendo a mancare poco tempo dopo; una fotografia che i tecnici del colore di Cinecittà definisco unanimemente “sublime”. Gli ingredienti per un prodotto di qualità ci sono tutti ma il destino decide diversamente. La società di produzione di Magro non riesce più a sopportare il peso della notevole cifra che il film precedente ha richiesto senza possibilità di recupero dei capitali investiti, il film in lavorazione richiede ulteriori spese e così la fine della lavorazione coincide con la richiesta di fallimento della società medesima. Per il regista è il colpo di grazia. “Storie di Seduzione” resta bloccato dal curatore fallimentare per anni. A nulla valgono le critiche del Corriere della Sera e del GR2 che, dopo una visione privata a Cinecittà, definiscono il film “la migliore pellicola italiana degli ultimi 10 anni”.
Ora il film vede la luce su Amazon Prime, in versione restaurata e in alta definizione. Unico rammarico del regista è che Tonino Guerra non potrà vedere l’opera a lui dedicata e girata nei luoghi che gli erano più cari: il giardino dei frutti dimenticati di Pennabilli, il giardino pietrificato di Torre Bascio, il castello di Pietrarubbia, quello di Verucchio, Poggio Berni e tanti altri luoghi della Valmarecchia in provincia di Rimini e di Pesaro e Urbino, ma di sicuro sarebbe contento di vedere che l’opera non è più nel cassetto. Il produttore romano Salvatore Alongi, a cui si deve questo piccolo miracolo, sta preparando l’uscita in America e in Canada, pandemia permettendo, entro l’anno mentre Antonio Maria Magro ha in preparazione un nuovo film. Nel frattempo sta curando la regia di vari videoclip per la cantante jazz ed ex top model riminese Patrizia Deitos che ha sposato pochi anni fa. Uno di questi, “La Bella Vestita” (testo di Pasquale Panella), ha superato il milione di visualizzazioni ed è stato scelto in concorso al Festival del Cinema di Salerno. Si ricomincia…
Antonio Maria Magro
Noto al grande pubblico per essere stato per anni uno dei protagonisti della grande Prosa Radiofonica italiana e svizzera, si era appassionato fin da ragazzo alla regia cinematografica, debuttando a 17 anni col suo primo film. Successivamente vince importanti premi in quattro Festival del Cinema di genere col Docu-Film “L’Ulivo e l’Alloro” commissionato dall’Università di Ferrara per celebrare i 600 anni della fondazione dell’Ateneo estense. Il Premio Speciale della Giuria al Vienna Film Festival lo vede sorpassare di misura perfino Franco Zeffirelli che quell’anno rappresentava con lui l’Italia con il mediometraggio “Toscana”. Lo stesso Zeffirelli si congratula molto sportivamente con regista e produzione per la pellicola ambientata nella Ferrara del 1291, protagonisti Dalila Di Lazzaro e Walter Maestosi, partecipando alla festa viennese data in loro onore in occasione del premio.
Pochi mesi dopo Magro commette quello che lui stesso ha definito “il più grande errore della mia vita”…Si mette di traverso all’ufficialità cinematografica definendo il cinema italiano “scontato, banale, dilettantesco e perverso” e per di più diretto “nella stragrande maggioranza dei casi da registi raccomandati e improvvisati e da attori assolutamente privi di qualsivoglia frequentazione dell’arte recitativa”. Aggiunge anche, per soprammercato, di non sopportare “la loro arroganza, la loro presunzione e la loro auto-referenzialità dettate dall’assoluta mancanza di umiltà e di profondità di pensiero”.
E’ evidente che queste parole, dette da un attore di Prosa Radiofonica con all’attivo oltre 400 produzioni in qualità di protagonista o co-protagonista con colleghi del calibro di Nando Gazzolo, Arnoldo Foà, Paolo Ferrari, Turi Ferro, Giorgio Albertazzi, Salvo Randone (solo per citarne alcuni) non lascino indifferente il mondo provinciale del cinema di casa nostra. Viene appoggiato solo da qualche coraggioso articolo del Corriere della Sera e dal GR1 Rai in Italia e dal Corriere del Ticino in Svizzera. Il resto è silenzio. Questo “errore” Antonio Maria Magro lo commette proprio mentre apre una sua Casa di Produzione iniziando a girare il primo di tre film che aveva in programma: “Dov’era Lei a Quell’Ora?” “Storie di Seduzione” e “1911” (quest’ultimo non verrà mai girato per il costo troppo alto). Peraltro per il primo sceglie come protagonista un cantante, appositamente per continuare la sua protesta contro il sistema; afferma infatti nella conferenza-stampa di inizio lavorazione del film di preferire “una faccia giusta di uno che non ha mai recitato, per poterlo guidare in toto in modo da evitare una scelta tra sedicenti attori che, non conoscendo nulla di recitazione, interpretano sempre lo stesso ruolo: se stessi”. E infatti resta molto colpito dalla resa sullo schermo di Riccardo Fogli che, a suo dire, compie “un vero e proprio miracolo interpretativo”. Aggiunge: “erano anni che non si vedeva sugli schermi italiani una interpretazione così intensa ed emotivamente coinvolgente”. Nel cast erano presenti anche Dalila Di Lazzaro ed Anita Ekberg.
Il secondo errore, ammette successivamente Magro, è stato quello di definire i film che si apprestava a girare “prodotti destinati a smuovere le acque del cinema d’autore in una situazione generale stagnante e parrocchiale”. E qui iniziano i problemi. Terminate le riprese della pellicola, le porte dei grandi Festival e della distribuzione nelle sale si chiudono inesorabilmente. Antonio Maria Magro commenta con amarezza: “La scusa era sempre la stessa: non possiamo supportare un film definito di qualità con protagonista un cantante nazional-popolare di stampo sanremese…E, purtroppo, questa assoluta idiozia la pensavano veramente ma era solo la punta dell’iceberg. Cosa covasse sotto era fin troppo facile immaginarlo.”