Tratto da lavoce.info
DI ALESSANDRO SANTORO, professore ordinario di scienza delle finanze presso il Dems dell’Università di Milano-Bicocca
La rottamazione delle cartelle prevista nella legge di bilancio non porterà alcun aumento di gettito. Ridurrà però l’equità del sistema. È solo il preludio della riforma della riscossione? Per essere efficace dovrebbe contenere due modifiche essenziali.
La rottamazione nella legge di bilancio
Nel disegno di legge di bilancio sono previste due disposizioni che hanno natura condonistica, ovvero di rottamazione delle cartelle. L’articolo 46 prevede che siano automaticamente annullati i debiti fiscali di importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni. Secondo la relazione tecnica, la disposizione ha un costo complessivo (decennale) per lo stato di circa 750 milioni di euro, di cui circa 265 si dovrebbero manifestare nel biennio 2023-2024. L’articolo 47, inoltre, introduce una nuova forma di definizione agevolata dei debiti contenuti nei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Questi debiti potranno essere estinti con il pagamento delle sole imposte dovute, con esclusione delle sanzioni e degli interessi, o in un’unica soluzione oppure con una rateizzazione in 18 rate quinquennali con interessi ridotti.
L’incasso atteso da questa rottamazione-quater è di circa 12,4 miliardi, ma si stima che il gettito perso a seguito della riduzione dell’attività di riscossione ordinaria sia superiore a 13 miliardi. Inoltre, vi sono oltre 400 milioni di minore gettito atteso dalla rottamazione-ter (i cui piani di rientro confluiscono nella nuova rottamazione-quater) nonché oltre 260 milioni di perdita delle quote che l’attività di riscossione avrebbe generato a favore del bilancio dello stato. L’effetto netto negativo per l’erario della rottamazione-quater (sempre valutato nel periodo 2023-2032) è pari a poco meno di 1,4 miliardi di euro, di cui circa 970 milioni nel biennio 2023-2024. Complessivamente l’effetto negativo atteso sul gettito dei due provvedimenti ammonta a circa 2,1 miliardi, di cui circa 1,2 nel biennio 2023-2024.
Meno equità. E meno gettito
Ogni condono o rottamazione delle cartelle riduce l’equità verticale e orizzontale del sistema fiscale. L’equità verticale è ridotta perché il condono consente di non pagare le imposte a contribuenti la cui capacità contributiva non è necessariamente inferiore a quella di altri che, invece, pagano regolarmente quanto dovuto. L’equità orizzontale è ridotta dalla rottamazione delle cartelle perché contribuenti che sono nella stessa condizione – ad esempio due persone che abbiano ricevuto una cartella di pagamento per una stessa violazione tributaria – sono trattati diversamente: i contribuenti che hanno già pagato sono danneggiati rispetto a coloro che non l’hanno fatto, magari proprio aspettandosi la successiva “rottamazione”.
Oltre alla riduzione dell’equità, le due disposizioni contenute nella legge di bilancio riducono anche il gettito perché quanto si ottiene è inferiore per 2,1 miliardi di euro al gettito perso rinunciando alle ordinarie attività di riscossione, nonché agli introiti che ci si attendeva dalle rottamazioni precedenti. La relazione tecnica all’articolo 46 afferma testualmente: “è stato inoltre considerato il beneficio della maggior efficacia dell’azione di riscossione coattiva dell’agente della riscossione in quanto l’annullamento dei carichi rientranti nel perimetro della disposizione consentirà allo stesso agente di concentrare le proprie attività di recupero su crediti più recenti, per i quali l’aspettativa di riscossione risulta più alta o, comunque, sui crediti di importo residuo maggiormente elevato”. Significa che l’eventuale beneficio derivante dal rendere più efficienti le procedure di riscossione – argomento spesso citato a sostegno del condono – è comunque già considerato nei conti e non è tale da compensare gli effetti negativi stimati. Va inoltre notato che tali effetti negativi non comprendono, invece, le reazioni di comportamento dei contribuenti che, secondo una ricerca della stessa Agenzia delle entrate, determinano un impatto negativo sulla loro propensione ad adempiere dopo i condoni, quantificabile in quasi 2 punti percentuali di incremento del gap Iva per ogni punto percentuale in più di gettito dal condono (in rapporto al Pil).
La riforma che verrà
Posto che non esistono giustificazioni a simili provvedimenti né sul piano dell’equità e neppure su quello dell’efficienza e del gettito, si afferma talvolta che i condoni e le rottamazioni vanno interpretati alla luce della “prossima” riforma della riscossione. Questa riforma era già prevista nella bozza approvata dal governo Draghi circa un anno fa, e mai attuata. Per aumentare l’efficienza e l’efficacia bisognerebbe potenziare l’attività di riscossione in due direzioni.
In primo luogo, vanno evitati i pignoramenti al buio, ovvero le procedure che non hanno alcuna possibilità di essere efficaci e comportano solo costi amministrativi. Per farlo, all’Agenzia della riscossione dovrebbe essere consentito di avere accesso in tempo reale all’informazione sulla capienza di ogni singolo rapporto inserito nell’Anagrafe dei rapporti finanziari. Inoltre, dovrebbe essere impedito agli intermediari finanziari di avvertire i titolari dei rapporti finanziari dell’avvio della procedura, come avviene già nel Regno Unito.
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In secondo luogo, bisognerebbe estendere la possibilità di pignoramento anche ai crediti verso altri soggetti privati come emergono dalla fatturazione elettronica. Vedremo se queste due modifiche faranno parte della riforma della riscossione e della più generale riforma del sistema fiscale già annunciata dal Governo.
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