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Home Economia

Economia: il fisco nei programmi elettorali

Redazione di Redazione
8 Settembre 2022
in Economia
Tempo di lettura : 6 minuti necessari
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Vignetta di Cecco

Vignetta di Cecco

Tratto da lavoce.info

DI SILVIA GIANNINI, componente della Commissione ministeriale sulle spese fiscali. Professore ordinario di Scienza delle finanze presso l’Università di Bologna (dal 1993)
SIMONE PELLEGRINO, professore associato di Scienza delle finanze presso il Dipartimento di Scienze Economico-sociali e Matematico-statistiche (ESOMAS) dell’Università di Torino
E ALBERTO ZANARDI, professore ordinario di Scienza delle finanze nell’Università di Bologna.

 

Coalizioni e partiti hanno visioni molto diverse del fisco. Ma in tutti i programmi manca un disegno complessivo di riforma fiscale, che invece servirebbe per rispettare gli impegni del Pnrr e, soprattutto, per garantire una crescita equa e sostenibile.

Sui temi del fisco i programmi elettorali presentano qualche punto comune, ma anche molte diversità nell’impostazione generale e nelle proposte specifiche. L’impressione complessiva è che il pur circoscritto consenso trasversale che si era raggiunto in Parlamento sul disegno di legge delega di riforma fiscale – ottenuto più per cancellazione dei punti qualificanti, ma divisivi, della riforma, come il catasto e l’imposizione duale, che per effettiva capacità di trovare soluzioni di compromesso – sia stato messo in soffitta dai partiti per riappropriarsi rapidamente delle rispettive parole d’ordine identitarie.

Di seguito le proposte sul fisco dei principali partiti: Fratelli d’Italia (FdI), Forza Italia (FI), Lega – Salvini premier (Lega), Pd – Italia democratica e progressista (Pd), Alleanza Verdi e Sinistra (Sinistra), Azione – Italia Viva – Calenda (Terzo Polo) e Movimento 5 Stelle (M5s).

I (pochi) punti comuni

Quasi tutti propongono un taglio del cuneo fiscale sul lavoro in favore di imprese e/o lavoratori: FI propone la riduzione di circa un punto di Pil del cuneo contributivo per i dipendenti fino a 35 mila euro; la Lega immagina una riduzione per i lavoratori di 10 punti percentuali per 10 anni; il Pd propone di fiscalizzare gradualmente i contributi a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati fino a consentire una mensilità in più; il Terzo Polo sostiene la detassazione, per il 2022, di una mensilità aggiuntiva per le imprese che decidano di erogarla ai propri dipendenti per alleviare l’inflazione; M5s e FdI parlano genericamente di taglio del cuneo fiscale.

Altra proposta presente in tutti i programmi (a eccezione della Sinistra) è la progressiva abolizione dell’Irap. Nessuno si preoccupa però di indicare una fonte fiscale sostitutiva in grado di contribuire al finanziamento della sanità pubblica e garantire adeguati spazi di autonomia fiscale alle Regioni. Soltanto il Pd sottolinea l’esigenza di garantire la copertura del fabbisogno sanitario con la partecipazione di tutti i redditi al suo finanziamento.

Altro elemento comune è un generale, quanto generico, auspicio di ridurre le spese fiscali, che risulta però in contraddizione con le proposte di mantenere i bonus esistenti e introdurne di nuovi. Diffusa è anche la proposta di trasformare le detrazioni fiscali in erogazioni dirette via cash-back, in modo da includere gli incapienti, con conseguenti contrazioni nel prelievo o, a parità di gettito, necessarie riduzioni delle detrazioni.

Le principali differenze

Le differenze più profonde riguardano l’Irpef. Tutti i partiti della coalizione di centrodestra richiamano, con modalità diverse, la formula della flat tax. La Lega prevede tre fasi, partendo dall’estensione della attuale regime forfetario per le partite Iva a 100 mila euro di fatturato e ai redditi incrementali per arrivare, a regime, a una flat tax per tutti. Contestualmente si prevede l’aumento del minimo esente a 14 mila euro. FI propone invece un passaggio intermedio ad un’Irpef con tre aliquote (15, 23 e 33 per cento) con un minimo esente pari a 13 mila euro e, a regime, una flat tax al 23 per cento. FdI si limita a prevedere l’estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato e sugli incrementi di reddito.

Il Pd caldeggia una riduzione del prelievo sui redditi medio-bassi e un sistema complessivamente più progressivo. La Sinistra propone: un sistema onnicomprensivo, in cui la base imponibile include ogni fonte di reddito; l’innalzamento del minimo imponibile a 12 mila euro; l’introduzione di una progressività continua con aliquota massima pari al 65 per cento sopra 10 milioni di euro. Il Terzo Polo prevede: una revisione basata sulla semplificazione del sistema; l’introduzione di una deduzione pari a un importo considerato essenziale per sopravvivere; un meccanismo di imposizione negativa, tipo Earning tax credit anglosassone; l’unificazione della detrazione per lavoro dipendente e autonomo; una detassazione specifica per i giovani (totale fino a 25 anni e ridotta del 50 per cento fino a 29 anni); uno scivolo di tassazione agevolata per chi supera i 65 mila euro di ricavi nel regime forfetario delle partite Iva.

Sull’individuazione dell’unità impositiva la coalizione di centrodestra sostiene compatta il quoziente familiare, incurante del fatto che ciò penalizzerebbe il mercato del lavoro femminile. Inoltre, la Lega punta sulla piena detraibilità delle spese per figli a carico, in particolare per le spese educative, e sull’esenzione a vita dall’imposta sui redditi per le donne con almeno 4 figli. FI prevede una specifica detrazione per il secondo coniuge che lavora, una deduzione di 2.900 euro per i primi tre anni di vita di ogni figlio e un ampliamento delle spese fiscali per favorire la famiglia e la nascita di nuovi nuclei familiari. Il Pd mantiene, come peraltro suggerito anche in ambito europeo, il riferimento alla tassazione su base individuale, con in più l’introduzione di un regime agevolato per il secondo percettore di reddito in famiglia, per favorire l’occupazione femminile.

Anche sul tema dell’imposizione patrimoniale i programmi divergono. Da un lato, la coalizione di centrodestra condanna ogni nuova patrimoniale dichiarata o mascherata: in particolare, la Lega propone l’abolizione dell’imposta di bollo sui conti correnti e depositi postali, la progressiva riduzione dell’Imu e l’esenzione sui negozi sfitti; FI vorrebbe eliminare del tutto l’imposta su successioni e donazioni e l’Imu su immobili occupati (abusivamente?) o inagibili. Dall’altro, la Sinistra propone la sostituzione delle attuali patrimoniali con un’imposta personale, unica e progressiva, che gravi sull’insieme di tutti i beni mobili e immobili. Il Pd riprende l’idea di un inasprimento dell’imposta sulle successioni e donazioni per i grandi patrimoni (superiori ai 5 milioni di euro), il cui gettito andrebbe a finanziare un assegno ai diciottenni, parametrato sull’Isee, per coprire le spese relative alla casa, all’istruzione e all’avvio di un’attività lavorativa. M5s e Terzo Polo rimangono silenti sul tema. Nessun partito richiama la controversa revisione del catasto immobiliare.

La revisione dell’Iva non sembra al centro delle attenzioni dei programmi elettorali. Nessuno, tranne il Terzo Polo (che propone un sistema a due sole aliquote, una ordinaria e una ridotta), prospetta un riordino complessivo dell’imposta. I partiti indicano solo, chi più, chi meno, interventi contingenti per contrastare l’attuale fiammata inflazionistica (beni di prima necessità e prodotti energetici) o misure di sostegno via Iva a specifici consumi ritenuti meritori (prodotti per l’infanzia, cultura e animali domestici).

Oltre alle agevolazioni fiscali Iva, assai variegato e creativo è il panorama di quelle proposte via Irpef/Ires. Solo per citarne alcune, si va dagli incentivi all’imprenditoria femminile e giovanile (FI e FdI), agli sgravi fiscali per favorire il rientro di italiani dall’estero, per l’abbonamento in palestra o in piscina (Lega), all’estensione della detrazione Irpef del 50 per cento a tutte le tipologie di start-up per le persone fisiche under 35 (Pd), al rafforzamento delle agevolazioni per il welfare aziendale e per i giovani che avviano un’attività imprenditoriale (Terzo Polo), alla stabilizzazione degli sgravi per l’acquisto della prima casa da parte degli under 36 (M5s). Sui bonus edilizi si va da FI che vede nella loro riduzione una fonte di finanziamento, al M5s che vorrebbero addirittura renderli permanenti, insieme alla cessione dei crediti.

Manca il disegno di riforma

In conclusione, le proposte fiscali avanzate dai partiti si sostanziano per la gran parte in promesse di tagli e agevolazioni, che rischiano di aumentare la frammentazione e la complessità del sistema. Mancano poi le valutazioni del possibile impatto economico e finanziario (minori entrate) degli interventi proposti e conseguentemente come farvi fronte, dati i vincoli di finanza pubblica. Come copertura si fa spesso riferimento al recupero di evasione e, da parte del Centrodestra, alla “pace fiscale” (ennesimi condoni). Solo il Terzo Polo e FI dedicano un “capitoletto” specifico al tema, ma le risorse individuate paiono nel complesso poco credibili nella loro effettiva capacità di reperire quelle necessarie. Siamo ben lontani dalle best practices a livello internazionale (il riferimento d’obbligo è ai Paesi Bassi), in cui i partiti sottopongono le proprie proposte adeguatamente dettagliate a istituzioni indipendenti per valutarne in modo trasparente e super partes i loro effetti finanziari ed economici, distributivi e allocativi.

La visione del fisco che emerge mostra profonde differenze fra le diverse coalizioni e anche fra i partiti all’interno delle coalizioni, ma diffusa è l’assenza di un disegno complessivo, sistemico e organico di riforma fiscale (la cui esigenza viene richiamata espressamente solo dal Terzo Polo), con buona pace del percorso avviato dal governo Draghi, non solo per rispettare gli impegni europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma perché indispensabile per una crescita equa e sostenibile.

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