Tratto da lavoce.info
DI PAOLO BALDUZZI, ricercatore in Università Cattolica, dove insegna Scienza delle finanze ai corsi diurni e serali, triennali e magistrali. Ha insegnato anche al Dottorato in Economia e Finanza delle Amministrazioni Pubbliche dell’Università Cattolica, all’Università di Milano-Bicocca e alla Scuola Superiore di Economia e Finanza.
Tanti i nomi proposti come Presidente della Repubblica ma una sola certezza rispetto all’esito finale: il Presidente, o la Presidente, avrà più di 50 anni. È questo, di fatto, l’unico requisito richiesto dalla Costituzione, oltre all’ovvietà di essere un cittadino che gode dei diritti civili e politici. Un criterio che ha davvero senso?
È finalmente arrivata l’ora X per l’elezione del Presidente della Repubblica. Gli eventi di queste ore e dei prossimi giorni ci diranno se sarà stata un’elezione veloce, condivisa e a larghissima maggioranza, oppure se sarà stata una nomina più sofferta e combattuta. I giorni che hanno preceduto questa settimana sono stati decisamente entusiasmanti, almeno per gli amanti delle cronache politiche. Tante le figure ipotizzate e i profili delineati, immaginati, suggeriti da politici e commentatori: una figura condivisa e non divisiva, un uomo delle istituzioni, la prima donna, un esterno, un tecnico, un politico di lunga data, una figura irreprensibile e inattaccabile Ma l’unico vero requisito previsto dalla Costituzione è che per essere nominati Presidente dalle Repubblica si debba aver superato i cinquant’anni di età.
La Costituzione italiana e l’età del Presidente
Siamo ormai abituati a queste peculiarità della nostra Carta, solo parzialmente corrette proprio negli ultimi mesi per quanto riguarda l’età di elettorato attivo al Senato (abbassato dai venticinque anni alla maggiore età). Non si può diventare deputati prima dei venticinque anni, ma si può diventare Sindaco di Roma, per esempio. Non si può diventare senatori prima dei quarant’anni. E c’è da chiedersi legittimamente il perché, visto che Camera e Senato hanno esattamente gli stessi compiti e le stesse prerogative. E si arriva naturalmente al Colle. Vale la pena di rileggersi interamente il comma 1 dell’articolo 84 della Costituzione: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”. Poche parole e molto chiare. Si pone un vincolo di età e si richiede un requisito ovvio, vale a dire il godimento “dei diritti civili e politici”. È interessante leggere questo articolo insieme ai commi 1 e 4 dell’articolo 48, che definisce l’ampiezza del diritto di voto. Il comma 1 stabilisce che “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”, quindi che abbiano compiuto i diciotto anni; il comma 4 invece sancisce che “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. Una sorta di girone infernale dove vengono evidenziati l’incapacità civile (di fatto, eventualità svuotata dalla mancanza di una previsione legislativa ad hoc sin dal 1978), la condanna con sentenza penale irrevocabile e l’indegnità morale. Colpisce, o dovrebbe farlo, il fatto che il già citato comma 1 dell’articolo 84 non ritenga di dover ulteriormente raffinare le qualità morali del Presidente (solo a titolo di esempio, richiedendo che non sia mai stato condannato con sentenza civile irrevocabile o, più semplicemente, che non abbia mai evaso le imposte), bensì un’unica, evidente, ulteriore restrizione sulla base del solo criterio anagrafico. Come se l’età fosse davvero non solo il migliore, ma di fatto l’unico criterio che definisce le capacità e le qualità di una persona.
Certo, fosse così ovunque nel mondo, probabilmente ci si dovrebbe arrendere all’evidenza che gli under cinquanta non sono in grado di guidare un paese. Tuttavia, non è affatto così. E non è difficile trovare esempi, anche eclatanti. Tra i più recenti, l’elezione di Gabriel Boric a Presidente del Cile, tramite elezione diretta, combattuta e avvenuta al ballottaggio. 86 in Italia è un’età a cui si può essere nominati per una carica settennale come quella del Presidente della Repubblica. Anzi, è già successo con Giorgio Napolitano, che all’inizio del secondo mandato ne aveva ben 88. In Cile, invece, ’86 è la classe di nascita del neo-presidente, che avrà 36 anni quando, l’11 marzo di quest’anno, diventerà formalmente presidente. Ci sono casi analoghi anche più vicino a casa nostra. Volodymyr Zelenskyy è stato eletto capo di Stato in Ucraina nel 2018, a 40 anni esatti.
Avevano meno di 50 anni alla nomina ben quattro capi di stato su 21 (si escludono i monarchi), circa il 20%; ben più dei capi di stato donna (solo 2 su 21). L’età media rimane comunque elevata ma non eccessiva: poco meno di 60 anni. Il più giovane capo di Stato europeo è Emmanuel Macron, eletto quando ne aveva 40. Un altro esempio eclatante arriva dagli Stati Uniti: nel 2008, Barack Obama è stato eletto Presidente a 48 anni.
Un messaggio per il prossimo Presidente
Cosa significa tutto questo? Probabilmente che la Costituzione più bella del mondo, come troppo a cuor leggero viene spesso chiamata, non è proprio perfetta. E che una certa cultura nazionale, politica ma anche sociale, è fortemente condizionata da tutto ciò. Al di là di chi verrà nominato, sarebbe bello che il nuovo Presidente della Repubblica, ultracinquantenne, esordisse davanti al Parlamento in seduta comune proprio spronando il legislatore a cambiare in questo senso la Costituzione. E, con essa, la storia della nostra Repubblica.
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