Tratto da lavoce.info
DI CARLO ALTOMONTE, Professore di Economia dell’Integrazione Europea presso l’Università “L. Bocconi”
E MARTINA DI SANO, Academic Fellow presso il Centro di ricerca Baffi CAREFIN
Aumenta la dipendenza della Germania dalle importazioni cinesi, non solo nel settore dei macchinari, ma anche nella chimica. Si tratta di un fenomeno transitorio, legato alla situazione economica e geopolitica dell’Europa, o di un cambiamento strutturale?
La discesa del surplus tedesco
La congiuntura economica e geopolitica che ha interessato l’Europa a partire dal periodo post-pandemico ha significative ripercussioni. Lo scoppio della guerra in Ucraina e le implicazioni di natura commerciale e finanziaria hanno gravato sulle bilance commerciali di paesi, quali la Germania, già fortemente colpite dalle strozzature agli approvvigionamenti conseguenti alla prima ondata di Covid-19.
A causa della crescente integrazione nelle catene globali del valore, nel corso del 2021 le esportazioni tedesche sono state messe a dura prova dalle interruzioni nella fornitura di beni intermedi, fondamentali per sostenere la produzione del settore automobilistico, causando un progressivo assottigliamento dell’avanzo commerciale tedesco. L’allentamento dei blocchi alla produzione e la ripresa delle esportazioni, a partire dalla fine del 2021, non sono stati sufficienti a frenare il calo del surplus tedesco, che anzi si è fortemente intensificato agli inizi del 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina e con le conseguenti difficoltà nel reperimento di materie prime ed energia in Europa. La bilancia commerciale tedesca si è ridotta da un valore nominale di 57 miliardi alla fine del 2020 a poco più di 16 miliardi nel secondo trimestre del 2022.
In questo contesto internazionale, caratterizzato da inflazione e scarsa disponibilità di materie prime e gas, la diminuzione della bilancia commerciale tedesca è fondamentalmente ascrivibile a un aumento del valore delle importazioni dei beni, in particolare dei prodotti delle industrie energetica e chimica (figura 1).
Mentre nel settore energetico l’incremento è interamente riconducibile alla crescita dei prezzi dei beni importati, a determinare la crescente dipendenza dall’estero nel settore chimico hanno contribuito meccanismi più complessi. Tralasciando la componente prezzi, che ha comunque concorso notevolmente all’aumento del valore nominale delle importazioni, due sono gli elementi che spiegano il fenomeno. Da un lato, la riduzione dei problemi di approvvigionamento ha permesso alle industrie tedesche di riavviare una massiccia importazione di prodotti intermedi, come i semiconduttori. Dall’altro lato, costi di produzione proibitivi, unitamente all’impegno di diminuire del 15 per cento la dipendenza dell’industria tedesca dal gas russo, hanno spinto il paese a tagliare la produzione interna di beni, come i prodotti chimici, la cui realizzazione richiede un elevato consumo energetico. Il decremento è stato compensato da un corrispondente aumento delle importazioni provenienti dal principale partner commerciale: la Cina. Nello specifico, la dipendenza della Germania dalle importazioni cinesi è arrivata a registrare nel maggio 2022 un incremento mensile del 106 per cento rispetto al 2019, per oltre il 60 per cento dovuto al settore chimico (figura 2). Nel giro di pochi mesi, la Cina è così riuscita a quadruplicare, la sua quota di mercato in Germania nel settore dell’industria chimica, passando da meno del 4 per cento nel novembre 2021 al 7 per cento nel mese successivo, fino a raggiungere un picco del 17 per cento nel maggio 2022.
La decisione della Germania di rivolgersi prevalentemente alla Cina per sopperire alla ridotta disponibilità interna di prodotti chimici è legata innanzitutto al suo posizionamento come leader mondiale nel settore chimico. A favore della scelta ha sicuramente giocato anche il ruolo di Pechino quale principale partner commerciale della Germania. Altre motivazioni vanno ricercate nella struttura dei più grandi gruppi industriali della chimica tedesca, quali Basf, Evonik e Covestro: all’interno del territorio cinese hanno infatti sussidiarie, che permettono loro di far fronte a eventuali interruzioni nel processo produttivo in Europa tramite un incremento della produzione in Cina e una successiva importazione in Germania del prodotto finito.
Un fenomeno transitorio?
Le evidenze appena descritte indicano come l’attuale scenario economico e geopolitico in Europa abbia indotto la Germania a dipendere maggiormente dalle importazioni. Non è necessariamente un male, se non per il fatto che per una parte consistente la dipendenza è dalla Cina, non solo nel settore dei macchinari e trasporti, come era prevedibile una volta allentato il blocco nella catena degli approvvigionamenti, ma anche nel settore chimico.
Resta quindi da chiarire se si tratti solo di un fenomeno temporaneo o se, al contrario, sia indice di una nuova tendenza commerciale della Germania, destinata a perdurare una volta terminata la situazione di emergenza legata alla guerra. Nonostante i dati disponibili per i mesi di luglio e agosto sembrino legittimare la prima ipotesi, mostrando un rallentamento nella crescita delle importazioni cinesi, soprattutto nel settore chimico, la Germania risulta comunque aver continuato ad aumentare la propria dipendenza dalla Cina, seppure a un ritmo ridotto rispetto al picco raggiunto nel secondo trimestre 2022. Sarà interessante capire l’evoluzione di questo trend nei prossimi mesi.
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