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Home Economia

Economia. Sistema fiscale: la progressività è poca e mal distribuita

Redazione di Redazione
18 Marzo 2022
in Economia
Tempo di lettura : 5 minuti necessari
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Vignetta di Cecco

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Tratto dalce.info

 

DI DEMETRIO GUZZARDI, studente di Dottorato in Economia presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
ELISA PALAGI, ricercatrice post-doc in Economia presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
ANDREA ROVENTINI, professore ordinario alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e research fellow all’OFCE, Sciences Po (Francia)
E ALESSANDRO SANTORO, professore ordinario di scienza delle finanze presso il DEMS dell’Università di Milano-Bicocca

 

Il nostro sistema fiscale è solo blandamente progressivo sulla distribuzione dei redditi. Anzi, è regressivo per il 5 per cento più ricco dei contribuenti, che pagano aliquote inferiori rispetto al 95 per cento della popolazione. I risultati di uno studio.

Lo studio

Negli ultimi mesi è in corso un dibattito sulla riforma del sistema fiscale italiano che si sta concretizzando, proprio in questi giorni, nella discussione sul disegno di legge delega di riforma presentato dal governo. Un tema cruciale è la progressività del nostro sistema, che potrebbe contribuire a ridurre le crescenti disuguaglianze che affliggono il paese e di cui abbiamo discusso in un recente articolo su lavoce.info. Tuttavia, in assenza di dati e analisi che comprendano le diverse forme di prelievo, la discussione viene spesso confinata all’Irpef, per di più considerando solo la struttura delle sue aliquote. Vengono così messi in ombra due temi centrali, quello della definizione della base imponibile delle imposte sui redditi e quello del contributo alla progressività delle altre imposte e dei contributi sociali.

In una recente ricerca abbiamo stimato la progressività del sistema fiscale italiano utilizzando la metodologia dei “Distributional National Accounts” di Piketty, Saez e Zucman (2018). Oltre a distribuire a livello individuale la totalità del reddito nazionale netto per ottenere stime della disuguaglianza di reddito in Italia, abbiamo anche allocato l’universo delle entrate tributarie riportate nei Conti nazionali. In particolare, abbiamo stimato la distribuzione di Irpef, Irap, Imu, imposte di bollo, imposte su interessi, dividendi e su tutte le transazioni finanziarie inclusa la Tobin tax, imposte su consumi, contributi sociali, ed ulteriori imposte minori (per una lista dettagliata delle più di 100 imposte considerate, si faccia riferimento al paper, Appendice A.3). Per poter ottenere questo risultato, abbiamo combinato diverse fonti di dati (si veda l’articolo precedente), tenendo anche conto della sotto-dichiarazione dei patrimoni più elevati (Acciari, Alvaredo, e Morelli, 2021). Calcolando l’aliquota effettiva come il rapporto tra il totale dei prelievi, e la somma dei redditi da lavoro, capitale, pensioni e contributi sociali, le nostre stime mostrano che il sistema fiscale italiano è solo blandamente progressivo, con aliquote che variano tra circa il 40 per cento del reddito individuale per le fasce più povere dell’intera popolazione adulta (includendo quindi incapienti, disoccupati e altri), con redditi fino a 25 mila euro annui, e poco oltre il 50 per cento per gli individui con redditi oltre i 65 mila euro. Tuttavia, il sistema diventa addirittura regressivo per il 5 per cento dei contribuenti più ricchi della distribuzione del reddito. Superati i 90mila euro, infatti, l’aliquota effettiva inizia a ridursi, scendendo fino al 36 per cento per il top 0,1 per cento, che guadagna redditi medi annui oltre il milione di euro.

La minore aliquota pagata dai redditi più elevati è spiegata principalmente da tre fattori: i) l’effettiva regressività dell’Iva, che grava meno sui contribuenti abbienti con risparmi più elevati; ii) il minor peso dei contributi sociali per i redditi superiori ai 100 mila euro; iii) la maggiore rilevanza, per i contribuenti più ricchi, delle rendite finanziarie e dei redditi da locazioni immobiliari tassate con aliquote proporzionali variabili tra il 10 per cento (applicabile ai canoni di locazione concordati) e il 26 per cento (applicabile alla maggior parte dei redditi da capitale).

Le aliquote di dipendenti, autonomi e rentiers

I lavoratori dipendenti sono i contribuenti con l’aliquota effettiva più alta, e tendenzialmente “piatta”, intorno al 55 per cento. Tuttavia, anche in questa categoria, il sistema diventa regressivo per i dipendenti che percepiscono redditi più elevati. Una situazione simile si riscontra per i lavoratori autonomi sebbene con un’aliquota effettiva leggermente minore di quella dei lavoratori dipendenti. Per queste categorie, la progressività dell’Irpef non riesce a compensare la regressività derivante dalle aliquote forfettarie dei redditi da capitale, dalla regressività dei contributi sociali e dalle imposte sui consumi, determinando quindi una marcata riduzione dell’aliquota effettiva al top della distribuzione del reddito.

Per quanto riguarda i “rentiers” (“Capital” in Figura 2), questi sono quasi esclusivamente soggetti ad aliquote forfettarie fino al 26 per cento, e i contributi sociali incidono solo marginalmente nei limiti dei pochi redditi da lavoro guadagnati dalla categoria. I rentiers beneficiano quindi di un’aliquota effettiva piatta molto inferiore rispetto a quella che grava sui lavoratori dipendenti ed autonomi.

Infine, i pensionati sono gli unici a essere soggetti a un sistema fiscale realmente progressivo, sebbene con un’aliquota inferiore ai lavoratori. Questa categoria, infatti, guadagna principalmente redditi tassati con aliquote progressive e l’Irpef è sufficiente a contrastare la regressività delle imposte sui consumi in assenza di contributi sociali. Tuttavia, anche in questa categoria, i più ricchi beneficiano di aliquote effettive più basse, grazie a importanti quantità di redditi da capitale tassati con aliquote inferiori.

Quando consideriamo la distribuzione della ricchezza dei contribuenti italiani, stimiamo che il sistema fiscale è sempre regressivo: il carico fiscale si riduce al crescere del patrimonio. All’aumentare della ricchezza, infatti, aumentano anche i redditi derivanti da patrimoni mobiliari e immobiliari che beneficiano di una tassazione con aliquota piatta. L’aliquota effettiva risulta dunque più alta per chi invece ha guadagni principalmente da redditi soggetti a un prelievo progressivo.

Due simulazioni

Per verificare la sensibilità della progressività a diversi modelli di sistema fiscale abbiamo effettuato due simulazioni. La prima prevede l’inclusione dei redditi da capitale nella base imponibile delle imposte progressive. In questo scenario, la progressività del sistema fiscale aumenterebbe, ma la regressività presente per il top 5 per cento della distribuzione dei redditi non sarebbe eliminata. La seconda simulazione prevede l’aggiunta di un’imposta sulla ricchezza dell’1 per cento sulle eccedenze patrimoniali oltre i 600 mila euro netti, soglia minima per entrare a far parte del 5 per cento degli italiani più ricchi. Per esempio, l’imposta per un contribuente con un patrimonio di 650 mila euro netti ammonterebbe a 500 euro. In questo scenario, il sistema fiscale italiano cesserebbe di essere regressivo: il 5 per cento degli italiani più ricchi sarebbe soggetto a un’aliquota effettiva non inferiore a quella del resto dei cittadini (Figura 3) e cesserebbe di godere di un vantaggio fiscale rispetto al restante 95 per cento della popolazione.

La nostra analisi è di carattere descrittivo, ma fornisce alcune indicazioni interessanti anche sul piano della politica economica. Ogni riforma si pone obiettivi di incremento dell’efficienza o dell’equità del sistema fiscale, e di questa la progressività è una componente essenziale. Il nostro lavoro conferma che se si vuole aumentare in misura significativa la progressività del sistema fiscale italiano occorre aumentare i livelli di tassazione effettiva dei redditi da capitale, mobiliare e immobiliare, e ridurre contemporaneamente le aliquote effettive applicate ai redditi da lavoro e da pensione. Nel paper non discutiamo di come farlo, il che implicherebbe affrontare, tra le altre questioni, quella della definizione della base imponibile, come anche discusso in un articolo su lavoce.info, e del suo mantenimento nel tempo (i patrimoni mobiliari e i relativi redditi possono sfuggire con facilità alla tassazione nazionale). Sono questi i temi da affrontare e risolvere per offrire al dibattito una proposta definita di riforma fiscale che sia in grado di aumentare la progressività reale del sistema, rovesciando l’attuale vantaggio per i più ricchi.

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