– Jacopo Villa è un bambino di tre anni; il babbo Massimiliano gli sfoglia libri sull’universo. Il piccolino si appassiona per la bellezza dei colori e delle immagini. Mano mano che cresce si ciba di Topolino, Focus Junior e Focus per grandi. Si fa regalare libri sullo spazio; ha una nutrita quantità di pubblicazioni per bambini e ragazzi. Si mette a disegnare astronavi. Questo cammino lo porta ad iscriversi prima al liceo scientifico Volta di Riccione e poi ad Ingegneria aerospaziale a Bologna.
Durante la triennale va a trovare i vecchi insegnanti del Volta. Uno è Giona Di Giacomi, il prof di Fisica che dà lezioni di gruppo gratis agli allievi e non. Gli consiglia di fare un’esperienza all’estero e gli dà il nominativo di un riccionese di 10 anni più vecchio che fa l’ingegnere aerospaziale in Gran Bretagna e che ha seguito un percorso didattico lontano dall’Italia.
I due ragazzi si fanno una lunga chiacchierata. Su suo consiglio, decide di fare la magistrale a Stoccolma, in Svezia.
A Bologna, su proposta di uno dei professori, stava progettando un software per missioni spaziali; per un’azienda appena nata che si occupa di aerospazio. Per la tesi, ne frequenta un’altra che è sempre legata all’aerospazio, la Sitael di Forlì. La tesi è in ambito “Analisi di missioni spaziali”.
Conseguita la triennale, per la magistrale, Villa approda a Stoccolma, all’Istituto reale di tecnologia. Corsi in inglese, continua a studiare quello che aveva sempre fatto a Bologna: missioni spaziali. Ci doveva restare, in Svezia, due anni. Durante il primo, prende carta e penna e si mette in contatto via mail con il Jet Propulsion Laboratory (Jpl), il centro Nasa della California: chiede di poter fare la tesi di laurea. Il suo ragionamento: “Siccome quando facevo la triennale avevo fatto domanda per un tirocinio nel medesimo centro Nasa di Pasadena, ma non mi presero per restrizioni legate allo specifico progetto, quell’idea continuava a rimbalzarmi in testa. E mi chiedo se è il caso di arrendersi, o tentare. Inizio a scrivere. Ricevo due risposte interessate. Faccio un percorso di selezione con uno dei due su Skype. Le mie mail avevano creato il contatto, poi ci vogliono le competenze tecniche. Nell’agosto del 2018, parto per la California, a Pasadena, per sviluppare la mia tesi magistrale. Lì inizio ad occuparmi della navigazione autonoma di sonde spaziali per asteroidi e comete; un po’ come le automobili che si guidano da sole. Una sonda nello spazio deve avere un cervello artificiale per capire dove si trova e dove andare, come un marinaio in mezzo al mare”.
Finito i nove mesi, viene assunto al Caltech (Istituto tecnologico della California) per proseguire le sue ricerche nel laboratorio di propulsione a getto (Jpl). Tra Jpl e Caltech trova almeno una decina di ragazzi italiani. Nell’agosto del 2019, ritorna a Stoccolma per terminare gli studi. Nel frattempo, fa domanda per un dottorato di ricerca, sempre sulle missioni spaziali, all’università di Boulder in Colorado; una cittadina ai piedi delle Montagne Rocciose, con le piste da sci a 15 minuti di automobile. Si sta occupando di astro-dinamica e navigazione satellitare; cioè tracciare le rotte e capire dove un’astronave deve andare in un ambiente ostile.
Al liceo era uno studente che studiava poco, e dedicava molto tempo alle sue passioni: la musica (fatto parte di due band) e lo sport (praticava il triathlon come il babbo Massimiliano).
“In quinta – racconta Jacopo – inizio a studiare con più impegno. Avevo capito che, per raggiungere i miei obiettivi, avrei dovuto impegnarmi di più. Mi sono sempre dato obiettivi ambiziosi; se poi non si raggiungono pace, ma niente rimpianti. L’importante è mantenersi in cammino”.
Ora, nel tempo libero, si diverte con l’amato skateboard ed ha iniziato a fare arrampicate. Sui social pubblica riflessioni sull’importanza e l’impatto delle nostre azioni quotidiane sull’ambiente ed il clima”.